Cosa sono le cover crops: conosciamo queste colture così benefiche per il suolo

cosa-sono-le-cover-crops

Ci volevano tutto l’impegno e la determinazione di Condifesa Lombardia Nord Est, con in testa il presidente Giacomo Lussignoli e il tecnico agronomo Mauro Agosti che tutti apprezziamo da anni (rispettivamente a destra e a sinistra nella foto qui sopra), per farci capire finalmente cosa sono le cover crops, colture che sono sostenute con parecchi euro/ettaro da tutti i nuovi PSR italiani, come sono fatte e come devono essere gestite e inserite nell’avvicendamento colturale.

In Lombardia, infatti, Condifesa ha realizzato due campi dedicati alle cover crops in due aziende agricole, quella di Massimo Motti a Orzinuovi (Brescia) e quella di Giacomo Lussignoli a Ghedi (Brescia). Naturalmente va un doveroso ringraziamento anche a questi due agricoltori-innovatori che da molti anni aggiungono ai propri impegni aziendali, che non sono pochi, anche quello di mettere a disposizione degli altri agricoltori e delle scuole agrarie vicine i risultati delle loro esperienze innovative di campo, fatte sempre e comunque a proprie spese. La Regione e i suoi funzionari chiusi al caldo nei loro uffici… battano almeno un colpo una volta tanto!

In questo articolo, dunque, vi riferiamo quanto detto in seguito alla visita di questi campi, per spiegare cosa sono le cover crops.

Cosa sono le cover crops - Senape e trofoglio
Miscuglio di senape bianca e trifoglio resupinato, seminato il 27 agosto a 15 kg/ha.
Cosa sono le cover crops - Senape Bianca e Veccia Sativa
Miscuglio di senape bianca e veccia sativa, seminato il 21 settembre a 50 kg/ha.

Cosa sono le cover crops e a cosa servono

Cosa sono le cover crops? «Sono colture intercalari tra due principali da reddito», spiega Mauro Agosti, che lo scorso giovedì ha condotto una visita ai campi seminati a fine estate con diversi miscugli forniti da Padana Sementi e da Semfor.

A chi si chiede cosa sono le cover crops, rispondiamo quindi che si tratta di colture che non si raccolgono e che non si vendono, ma che migliorano la fertilità del suolo a favore di quelle che seguono e che sono da reddito, fornendo una serie di vantaggi agronomici che si consolidano negli anni e che andiamo a riassumere:

  • Trattengono l’azoto presente nei liquami e l’azoto non utilizzato dalla coltura principale, poi lo restituiscono al terreno evitando perdite per dilavamento.
  • Alcune cover crops come veccia, trifoglio e pisello, essendo leguminose, fissano l’azoto atmosferico e ne aumentano così la dotazione nel suolo.
  • Gli apparati radicali, di diversa conformazione ed estensione, effettuano una vera e propria lavorazione del suolo, arieggiandolo e contribuendo alla creazione degli interstizi che favoriranno l’applicazione successiva della gestione conservativa dei terreni.
  • La vegetazione presente sul terreno durante i mesi invernali lo salvaguarda dagli effetti disgreganti provocati dalle piogge battenti e dai fenomeni di ruscellamento, particolarmente dannosi nelle aree collinari.
  • La copertura del suolo toglie luce alle infestanti, che si sviluppano molto meno rispetto a un terreno nudo, e le radici di alcune cover crops come la senape liberano sostanze che inibiscono la crescita delle infestanti.
Lo scorso 26 novembre Condifesa Lombardia Nord Est ha organizzato una giornata in campo per mostrare agli agricoltori le cover crops nelle aziende di Massimo Motti a Orzinuovi e nell’azienda di Giacomo Lussignoli a Ghedi, entrambe in provincia di Brescia.
Lo scorso 26 novembre Condifesa Lombardia Nord Est ha organizzato una giornata in campo per mostrare agli agricoltori le cover crops nelle aziende di Massimo Motti a Orzinuovi e nell’azienda di Giacomo Lussignoli a Ghedi, entrambe in provincia di Brescia.
Miscuglio di Rafano sativo e Veccia sativa, seminato il 21 settembre a 50 kg/ha.
Miscuglio di rafano sativo e veccia sativa, seminato il 21 settembre a 50 kg/ha.
Miscuglio di Trifoglio alessandrino, avena strigosa, due specie di senape e veccia comune, seminato il 27 agosto a 80 kg/ha.
Miscuglio di trifoglio alessandrino, avena strigosa, due specie di senape e veccia comune, seminato il 27 agosto a 80 kg/ha.

A fronte di questi vantaggi ci sono due aspetti da affrontare:

  1. il costo della semente e della semina delle cover crops;
  2. la loro distruzione prima delle operazioni di avvio della nuova coltura da reddito.

Il costo della semente varia da 45 a 90 euro/ha a seconda della specie. Le prove dimostrative serviranno anche a fornire riscontri sulla possibilità di variare la densità e quindi eventualmente di risparmiare in semente. Ne riparleremo più avanti.

Per quanto riguarda l’eliminazione al termine del ciclo vegetativo delle cover crops, ci si sta orientando su specie cosiddette Gelive, cioè che muoiono con il freddo e con il gelo e a fine inverno cadono a terra disgregandosi e lasciando un residuo che permette anche la semina diretta, senza alcuna lavorazione del terreno e senza richiedere l’intervento chimico col glifosate.

Miscuglio di Avena strigosa e due varietà di senape bianca, seminato il 21 settembre a 70 kh/ha.
Miscuglio di avena strigosa e due varietà di senape bianca, seminato il 21 settembre a 70 kh/ha.

Perché le cover crops restituiscono vita al suolo

Le cover crops hanno anche la funzione di nutrire la vita del terreno, che è costituita da una miriade di microorganismi come artropodi, batteri e funghi che grazie a queste colture trovano il nutrimento necessario al loro sviluppo e che invece non trovano in un terreno nudo. Ecco spiegato il perché un suolo nudo risulta meno vitale: i microrganismi non trovano nulla di cui cibarsi.

«Nell’azienda Motti – dice Agosti – dove da otto anni si applica la minima lavorazione al posto dell’aratura e da alcuni anni si seminano le cover crops, in qualunque parte del terreno si vada col badile a scavare si ritrovano i lombrichi: è il segnale più evidente che il suolo sta finalmente bene. E se il suolo sta bene, rende anche più facile all’agricoltore preparare tutti i letti di semina e quindi garantisce ai semi una situazione favorevole alla loro pronta e completa germinazione. Ogni anno che passa, Motti riscontra i benefici di questo percorso agronomico, dato che anche in annate difficili entra in campo al momento giusto quando gli agricoltori vicini non possono, per le condizioni impraticabili dei loro terreni. È tutta questione di “portanza” del suolo in quello strato che deve risultare sempre come sollevato e senza impaccamenti. Provare per credere!».

Al centro una fetta di terreno test, cioè dove non si sono seminate le cover crops. Come si vede, sono presenti solo infestanti e il terreno è molto meno coperto rispetto ai lati dove sono presenti le cover.
Al centro una fetta di terreno test, cioè dove non si sono seminate le cover crops. Come si vede, sono presenti solo infestanti e il terreno è molto meno coperto rispetto ai lati dove sono presenti le cover crops.

È comunque evidente che le cover crops mantengono tutte le loro virtù anche in regime di agricoltura tradizionale, a patto che l’agricoltore accetti di avere il terreno coperto da una fitta vegetazione per tutto l’inverno. L’aspetto è assai diverso dai “campi da biliardo” che siamo abituati a vedere, ma i benefici agronomici sono notevoli.

Cosa è stato fatto nei campi dimostrativi

Nell’azienda Motti, Condifesa Lombardia Nord Est ha allestito una serie di campi dove sono stati testati diversi miscugli di cover crops (ritratti nelle foto di questo articolo) e anche diverse epoche di semina e un appezzamento realizzato come campo catalogo, con una serie di parcelle dove sono state seminate essenze potenzialmente interessanti.

Quest’anno le cover sono state seminate presto: alcune a fine agosto e altre a inizio, metà e fine settembre. Nei miscugli sono presenti delle specie con apparato radicale fittonante e altre con apparato fascicolato; alcune con la capacità di assorbire l’azoto rimasto nel suolo e altre di fissare quello atmosferico.

Dalle prime osservazioni, Mauro Agosti afferma che la senape bianca è la specie sulla quale sembrano concentrarsi le preferenze, perché anche quest’anno ha evidenziato una partenza rapida, copre bene il suolo, controlla egregiamente le infestanti, cresce molto rapidamente e ha un’apparato radicale che raggiunge i 70 cm di profondità, catturando fin laggiù l’azoto residuo. Inoltre la senape è geliva, cioè si degrada completamente a fine inverno per azione del gelo sui tessuti. A inizio marzo si può quindi già pensare alle semine senza problemi.

Come si seminano le cover crops?

A chi si chiede come si seminano le cover crops, bisogna innanzitutto ricordare che, se si vogliono ottenere i risultati attesi, bisogna dimenticare il “girello” e utilizzare una seminatrice dopo una leggera minima lavorazione. La cover va infatti trattata come una coltura principale, anche se poi non si concima. Si può pensare anche a una semina diretta, se si dispone di attrezzature particolari che sono reperibili presso alcuni terzisti.

Le specie più interessanti di cover crops

Il Tillage Radish è una particolare specie di rafano di origine statunitense che sviluppa una radice fittonante molto voluminosa e allungata, la quale svolge un effetto molto evidente sulla struttura del suolo e assorbe una notevole quantità di nutrienti che poi restituisce a fine ciclo. Si tratta di una specie sensibile al freddo, che a fine febbraio si distrugge completamente.

Il Tillage radish o rafano americano.
Il Tillage radish o rafano americano.

Il miscuglio trifoglio e avena risulta ben assortito perché le due specie si combinano bene, e anche nel caso del miscuglio senape e trifoglio alessandrino, pur con una notevole differenza di sviluppo tra le due specie, la combinazione regge perché la senape assorbe l’azoto del suolo che altrimenti andrebbe in falda, mentre il trifoglio fissa azoto atmosferico e così alla fine la dotazione azotata del suolo permette di risparmiare parecchie dosi di azoto chimico. Anche il miscuglio avena e veccia sembra azzeccato e presenta le stesse prerogative del precedente.

A sinistra Massimo Motti con il rafano europeo, molto diverso e più piccolo rispetto al Tillage radish americano a destra.
A sinistra Massimo Motti con il rafano europeo, molto diverso e più piccolo rispetto al Tillage Radish americano (a destra).
Miscuglio di Senape bianca e Trifoglio alessandrino, seminato il 2 settembre a 18 kg/ha.
Miscuglio di senape bianca e trifoglio alessandrino, seminato il 2 settembre a 18 kg/ha.

L’agricoltura conservativa e le produzioni 2015

Nell’azienda San Lorenzo di Ghedi, nella scorsa annata, su terreni che in inverno avevano ospitato cover crops come senape+trifoglio e veccia+avena e in primavera sono stati preparati con la minima lavorazione utilizzando il CLC pro e il Qualidisc 3000 di Kverneland, il titolare Giacomo Lussignoli ha prodotto 157 ql/ha di granella di mais al 13% di umidità e oltre 1300 ql/ha di pomodoro.

Questi risultati produttivi confermano che l’agricoltura conservativa non è un’utopia, ma che la sua applicazione non si improvvisa e richiede da parte dell’agricoltore una preparazione tecnica e agronomica, oltre che molta pazienza senza perdersi d’animo se nei primi anni si commettono degli errori, perché è successo a tutti coloro che hanno intrapreso questa strada.

Il miscuglio tra avena strigosa e veccia comune nell’azienda San Lorenzo, con semina il 2 settembre a 90 kg/ha.
Il miscuglio tra avena strigosa e veccia comune nell’azienda San Lorenzo, con semina il 2 settembre a 90 kg/ha.

Nelle foto seguenti, altre cover crops presenti nel campo catalogo Condifesa Lombardia Nord Est, allestito nell’azienda di Massimo Motti a Orzinuovi.

20151126_090139

20151126_090146

20151126_090253

20151126_090258

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


25 commenti

  • dario conti

    30 Novembre 2015 at 3:49 pm

    Eg. Signor Bartolini, dato che vorremmo cominciare anche nella nostra azienda questo tipo di agricoltura, volevo chiedere delle precisazioni..
    1) le cover crop portano benefici di quantità anche sul mais per trinciato e/o pastone?
    2)aumentano anche la sanità del prodotto o no? Grazie mille delle risposte.

    Rispondi

    • Roberto Bartolini

      1 Dicembre 2015 at 9:44 am

      Le cover crops, come è scritto in questo articolo, hanno la funzione di aumentare negli anni la fertilità strutturale, cioè fisica, e il tasso di sostanza organica dei terreni. Inoltre catturano durante l’inverno tutto l’azoto non utilizzato dalla coltura e che andrebbe perduto in falda e lo restituiscono al terreno con la loro distruzione spontanea, nel caso delle cover gelive come per esempio la senape. Ci sono altre cover che invece vanno devitalizzate con un intervento primaverile di glifosate, e proprio per evitare questa pratica, è bene orientarsi sulle specie che si degradano spontaneamente a fine inverno. È chiaro che tutto questo fa sì che la coltura principale, come anche il mais da trinciato, ottenga dei benefici produttivi perché vegeta su un terreno più fertile e inoltre si possono applicare con più facilità anche su terreni difficili le tecniche di gestione conservativa del terreno.

      Rispondi

  • Matteo

    2 Dicembre 2015 at 11:28 am

    Io faccio il tradizionale sovescio con favino o trifoglio… Con successiva trinciatura… Coltivando tabacco la semina del sovescio avviene più tardi dai primi a metà ottobre … Vorrei sapere se è tardi per la semina di questi prodotti..

    Rispondi

    • Roberto Bartolini

      4 Dicembre 2015 at 9:05 am

      Gentile Matteo, a nostro avviso non è tardi, tuttavia potrebbe provare altre essenze come quelle indicate nell’articolo che, essendo gelive, non richiedono alcun intervento in campo perché si degradano spontaneamente a fine febbraio.

      Rispondi

  • Emilio

    4 Dicembre 2015 at 10:06 am

    Mi potrebbe indicare delle colture da poter utilizzare nel Molise fascia costiera come cover crops gelive?

    Rispondi

    • Roberto Bartolini

      7 Dicembre 2015 at 3:09 pm

      Buongiorno Emilio. Per quanto riguarda il Sud Italia, a nostra conoscenza non ci sono esperienze sulle cover gelive. Tuttavia riteniamo che quelle indicate nell’articolo, come per esempio la senape, a fine inverno – a meno che le temperature non rimangano sempre molto sopra lo zero – si autodistruggono lasciando sulla superficie del suolo un residuo vegetale che può essere lavorato con i sistemi di minima lavorazione a cui segue la semina oppure con la semina diretta o su sodo.

      Rispondi

  • Armando

    6 Dicembre 2015 at 12:56 am

    salve,
    ho letto con molto interesse l’articolo, tuttavia vorrei capire una cosa che mi è poco chiara,con le cover gelive, come la senape ad esempio, una volte morte per il freddo vanno comunque sempre poi interrate oppure no?
    in che quantità/ha si semina il Tillage Radish?
    come regolarsi con le quantità di seme/ha delle varie specie quando si fanno i miscugli???

    Rispondi

    • Roberto Bartolini

      7 Dicembre 2015 at 3:12 pm

      Buongiorno Armando. Se si semina una cover geliva, come è scritto nell’articolo, ai primi di marzo sul terreno rimane solo una pacciamatura vegetale sulla quale si possono fare due cose:
      1) una minima lavorazione prima di effettuare la semina;
      2) la semina diretta con una seminatrice da sodo ben regolata.
      Per quanto riguarda il radish e i quantitativi di seme da mettere in campo, le consigliamo di rivolgere la domanda a Condifesa Lombardia Nord Est ( http://www.condifesabrescia.it/ ) perché sono loro – e in particolare l’agronomo Mauro Agosti – che hanno tutte le indicazioni precise derivanti dalle prove in pieno campo che stanno conducendo.

      Rispondi

      • Armando

        7 Dicembre 2015 at 11:38 pm

        molto bene!
        e invece per quanto riguarda i miscugli? volendo tentare favino e rafano o favino e senape, come dovrei regolarmi con le quantità/ha?

        grazie Dott. Bartolini

        Rispondi

        • Roberto Bartolini

          9 Dicembre 2015 at 9:48 am

          Gentile Armando, come detto, le consigliamo di rivolgere la domanda a Condifesa Lombardia Nord Est ( http://www.condifesabrescia.it/ ) perché sono loro – e in particolare l’agronomo Mauro Agosti – che hanno tutte le indicazioni precise derivanti dalle prove in pieno campo che stanno conducendo.
          Grazie per seguirci!

          Rispondi

  • ivo

    17 Gennaio 2016 at 6:08 pm

    Eg. signor Bartolini mi chiamo Ivo volevo chiederle una volta effettuata la trebbiatura dei cereali e’ possibile seminare favino su sodo come cover crop? Una volta nato il favino si puo lavorare con minima lavorazione e riseminare cereali? Cordiali saluti

    Rispondi

    • Roberto Bartolini

      18 Gennaio 2016 at 3:22 pm

      Buongiorno Ivo. Il favino va bene come cover da interrare leggermente con la minima lavorazione prima delle nuove semine, ma le consigliamo di valutare anche le altre interessanti specie di cui parliamo in questo articolo.
      Grazie per averci contattato.

      Rispondi

      • ivo

        20 Gennaio 2016 at 5:35 pm

        Signor Bartolini la ringrazio per avermi risposto, volevo anche chiederle dopo la trebbiatura che da noi si fa per fine giugno inizio luglio potrei seminare soia come secondo raccolto dato che ho i terreni irrigui. Cordiali saluti

        Rispondi

        • Roberto Bartolini

          21 Gennaio 2016 at 10:00 am

          La soia di secondo raccolto dopo trebbiatura va benissimo, anzi è un’opportunità da cogliere al volo se si ha l’irrigazione come nel suo caso. Le dirò di più: sarebbe bene farla su sodo, con una seminatrice ovviamente adatta. La soia su sodo ha sempre dato ottime produzioni con risparmio sulle lavorazioni e tempestività, a patto che si disponga o si abbia un contoterzista con macchine veramente “da sodo”.
          Saluti e grazie.

          Rispondi

  • Giovanni

    7 Novembre 2016 at 1:26 pm

    In termini economici costa meno ammendare il terreno con sostanza organica (di origine animale) oppure applicare la tecnica delle cover crops?
    Grazie

    Rispondi

    • Roberto Bartolini

      8 Novembre 2016 at 12:39 pm

      Gentile Giovanni, a parte i costi, la prima cosa da dire è che la sostanza organica animale e le cover crops hanno ruoli diversi dal punto di vista agronomico: le deiezioni apportano solo nutrienti, mentre le cover svolgono un ruolo molto importante per strutturare il suolo grazie all’azione dei loro apparati radicali. Inoltre costituiscono una fonte alimentare importante per la fauna del suolo, come per esempio i lombrichi. E naturalmente aumentano la dotazione di sostanza organica dei terreni.
      Grazie per seguirci e vive cordialità.

      Rispondi

  • Luciana

    19 Novembre 2016 at 8:41 pm

    Buongiorno, sono proprietaria di terreni agricoli che ho dato in affitto dal 1/1/2011 con contratto scad.triennale. Nel 2014 i titoli storici all’aiuto sono “passati” all’affittuario e nel 2015 l’AGEA ha assegnato al mio affittuario i nuovi titoli. Fra pochi giorni rinnoverò’ il contratto, se l’affittuario fosse d’accordo, vorrei inserire una clausola grazie alla quale mi dovrebbe restituire alla scad. Del contratto questi suoi titoli all’aiuto. Beninteso per prenderli in carico dovro’ diventare a mia Volta agricoltore. Mi può’ aiutare nella stesura della clausola? La ringrazio tantissimo, cordialmente.

    Rispondi

    • Giuseppe D'Addario

      21 Novembre 2016 at 6:29 pm

      I titoli 2015-20, essendo già in portafoglio dell’agricoltore affittuario, non esiste nessun modo perché Lei ne possa divenire titolare; inoltre se Lei ha dato in affitto solo i terreni, come può pretendere poi di avere i Titoli PAC che sono di chi effettivamente lavora il fondo e devono essere intesi come un aiuto al reddito dell’agricoltore non come una rendita dei locatori. Discorso diverso se Lei nel 2011 avesse affittato titoli+terra per poi rientrare dei titoli nel 2014, presentare Lei domanda PAC nel 2015, validare i titoli che Le sarebbero assegnati e successivamente nel 2016 riaffittare terra e titoli; presupposto di tutto ciò che Lei doveva essere agricoltore attivo già dal 2013 e presentare comunque domanda PAC fino al 2016 su eventuali altri terreni non dati in locazione.
      Lei per avere titoli PAC, oltre a divenire agricoltore attivo, può o acquistarli una volta ritornata in possesso dei terreni oppure se sussistono le condizioni, fare accesso alla riserva
      Distinti saluti, dott. Giuseppe D’Addario

      Rispondi

  • Pierluigi

    8 Dicembre 2016 at 12:30 pm

    Gentile sig. Bartolini, volevo chiederle quali sono le cover crops più adatte da utilizzare in estate a seguto della trebbiatura di cereali in zone non irrigue. In assenza di acqua, ed in un periodo dell’anno molto afoso, dato che la trebbiatura la si effettua a giugno, mi chiedevo come i semi delle cover crops potessero germinare.
    In oltre, vorrei chiederle come inserire le cover crops in un contesto di agricoltura biologica, senza l’utilizzo di erbicidi a fine ciclo, e sempre nello stesso contesto se utilizzare macchine da sodo o attrezzatura convenzionale per gestire i residui.
    Cordiali saluti.

    Rispondi

    • Roberto Bartolini

      12 Dicembre 2016 at 2:32 pm

      Gentile Pierluigi, la semina delle cover in estate, in zone dove non c’è irrigazione e dove non piove, non è consigliabile; ma in queste zone si può pensare alla semina autunnale per tenere il terreno coperto sino alla primavera successiva. In alcuni articoli comparsi su questo sito abbiamo illustrato con foto le caratteristiche delle cover crops gelive, che si degradano naturalmente durante l’inverno e che nella successiva primavera non hanno bisogno di glifosate. Ideali quindi per coloro che fanno biologico. Ecco il link: http://www.ilnuovoagricoltore.it/cover-crops-gelive-seminate-a-settembre-ecco-come-si-presentano-in-campo-a-fine-febbraio/

      Grazie per l’interesse.

      Rispondi

  • Stefano

    11 Aprile 2018 at 11:48 am

    Eg. Signor Bartolini vorrei provare la tecnica delle cover crop per la gestione di un uliveto. L’idea è di seminare un miscuglio di sementi che svolgano sia funzione di miglioramento del terreno sia fonte nettarifera per le api (avendo anche degli alveari). Quindi usare vari trifogli per l’azoto, facelia e grano saraceno per il nettare e la biomassa, e rafano per migliorare la struttura del terreno. Quindi fare due passaggi col rullo, il primo verso giugno e il secondo a settembre per preparare il terreno alla raccolta delle olive. In più irrorare 1 volta al mese, da marzo a settembre compost tea da lombricompost auto prodotto con le potature degli olivi triturate e pollina. L’idea di base è ottenere un ciclo chiuso. Secondo lei potrebbe essere sufficiente o l’oliveto necessita di una concimazione aggiuntiva? La ringrazio per le risposte

    Rispondi

    • Roberto Bartolini

      13 Aprile 2018 at 12:13 pm

      Buongiorno Stefano, mi dispiace ma non posso aiutarla. La mia esperienza sulle cover crops riguarda esclusivamente i seminativi e non ho sufficienti competenze sull’uliveto.

      Rispondi

  • Corriasf77

    15 Gennaio 2020 at 8:18 pm

    Dott. Bartolini le volevo chiedere premettendo che gia faccio questo tipo di agricoltura, come posso comportarmi dato che io coltivo erbai per pascolamento

    Rispondi

  • enzo cornoldi

    17 Gennaio 2020 at 5:50 pm

    dott bartolini vorrei chiederle ho preso in affitto un terreno con titoli di proprieta del padrone del terreno nell anno 2011ora di chi sono i titoli

    Rispondi

  • Despy desp

    8 Settembre 2021 at 12:08 pm

    Io nel terreno ho problemi di nematodi,cosa mi consigliate di seminare?

    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato I campi obbligatori sono contrassegnati


Chi siamo

Nato nel 2014, Il Nuovo Agricoltore è un portale informativo dedicato all’agricoltura, con un occhio di riguardo alle innovazioni tecnologiche. Il progetto è sviluppato da Kverneland Group Italia.


CONTATTACI