Il sapore del latte nasce in stalla: come lasciarlo intatto

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Un serie di indagini svolte in Usa da diverse università mette in luce alcuni aspetti del management di stalla che l’allevatore deve considerare, perché risulta che abbiano una influenza decisiva nel determinare il sapore e il gusto del latte prodotto.

Cibi aromatici ed erba fresca o brusche variazioni di alimentazione, come il passaggio da fieno di medica a insilato di mais, determinano gusti particolari nel latte. Nel caso le bovine si siano alimentate con foraggi molto aromatici con presenza di piante tipo crescione, tarassaco, liliacee eccetera è bene far passare più di tre ore dal momento della ingestione di razioni, prima di effettuare la mungitura. Questo tempo di attesa consente alle bovine di metabolizzare ed eliminare i composti aromatici lasciando intatto il sapore del latte.

Un altro difetto di sapore del latte è quello definito di “mucca di stalla o di sporcizia”. Si tratta del cosiddetto sapore di stalla che può presentarsi se i locali non sono ben areati e le bovine respirano aria stagnante o polverosa. Sempre in stalla occorre fare attenzione ai detergenti e disinfettanti impiegati per la pulizia delle mammelle, del lattodotto e dei macchinari, oppure ai farmaci. Ecco che il latte assume il sapore chimico ancora più intenso se alcuni composti sono a base di fenoli e cloro. In caso di mastite il latte assume un sapore alterato a causa delle attività microbiche e del rilascio di metaboliti con caratteristico acide.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


3 commenti

  • Pierpaolo

    1 Settembre 2016 at 3:18 pm

    Buongiorno Sig Bartolini
    mi piacerebbe poter aprire un confronto proprio sul sapore e gusto del latte. Il carro miscelatore e la rincorsa alla produttività hanno creato un prodotto latte molto simile nel gusto e nel sapore. Forse oggi non sarebbe il caso di pensare ad un modello produttivo del latte più vicino a quello del vino o dell’olio d’oliva, dove il gusto e il sapore, nonchè la valorizzazione del territorio, ridiano una spinta veramente imprenditoriale ad un settore in crisi ? Il vino italiano è arrivato ai successi a cui tutti stiamo assistendo dopo essere passato per le forche caudine del metanolo. In effetti la ricetta che la UE intende adottare con le recenti iniziative per la riduzione della produzione somigliano alle campagne d’espianto della vite a cui sia Lei che io abbiamo probabilmente assistito.

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    • Roberto Bartolini

      2 Settembre 2016 at 2:28 pm

      Gentile Pierpaolo, grazie per le sue considerazioni, tutte condivisibili. Purtroppo tra il latte e il vino c’è una differenza abissale in termini di valore aggiunto e di possibilità di valorizzazione in termini di marketing. Inoltre ben difficilmente il produttore può vendere direttamente il suo prodotto, e quelli che lo hanno fatto con i distributori automatici non hanno avuto molto successo non per colpa loro, ma del sistema di vendita che non sfonda. Quindi a mio parere non rimane che produrre ottimo latte – in tanti lo fanno già – ma aggregando le realtà produttive non per costruire cattedrali burocratiche, bensì per raggiungere quella massa critica che potrebbe colloquiare più agevolmente con i grandi acquirenti che oggi fanno solo i loro interessi a causa della polverizzazione della produzione italiana.

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      • Pierpaolo

        5 Settembre 2016 at 12:20 pm

        Grazie Roberto per la puntuale risposta. Forse è il prodotto latte che deve essere ripensato ? Prendiamo per esempio il Cla , l’acido linoleico coniugato, che per colpa delle razioni alimentari odierne è quasi del tutto scomparso dalla razione alimentare delle bovine da latte. Credo che tanto si potrebbe fare per rendere il latte un alimento funzionale e forse svincolarlo dalla necessità di condizionare la produzione nel diventare una massa critica che possa agevolmente confrontarsi con l’industria.

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