L’agricoltura biologica non è più adatta ai seminativi

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L’inflazione corre al 6,7%, i prezzi dei prodotti alimentari accelerano in media del +5,5%, il 39% degli italiani taglierà i consumi e il 32% sceglierà prodotti meno costosi; poi la guerra Russia-Ucraina ci impone di produrre al massimo delle nostre possibilità cereali e proteoleaginose… e noi continuiamo a sostenere con sovvenzioni fuori dal comune le coltivazioni biologiche. Qui c’è qualcosa che non va.

Produrre grano, mais, soia, orzo, soia, girasole in regime biologico, quando va bene, significa abbassare le rese, rispetto al convenzionale, almeno del 40%. Fino a qualche tempo fa per queste colture i prezzi di mercato del biologico erano il doppio dei prezzi del convenzionale e molti agricoltori, contando anche sui sostegni stellari dei PSR, si erano votati al biologico; poi la pandemia e la guerra hanno sconvolto le regole del mercato e oggi i prezzi tra bio e convenzionale si equivalgono. In più l’ordine di scuderia del momento, se non vogliamo patire la fame, è di aumentare il più possibile la produzione ettariale, tant’è che mettiamo a coltura anche i terreni incolti.

Risorse: dal biologico verso l’innovazione sostenibile

Dunque non è forse il caso di ripensare seriamente alle politiche di sostegno messe in campo per il regime biologico e lasciare questo sistema di coltivazione a quei settori, come per esempio la viticoltura o l’orticoltura, che riescono a sostenersi ancora con il mercato? Sarebbe saggio riorientare tutta la valanga di soldi previsti per il biologico verso altre necessità impellenti dei nostri agricoltori, prima tra tutte dotarsi di innovazione e di tecnologie utili per abbassare i costi colturali e diminuire l’impatto ambientale.

Mammuccini contraddice la realtà

Purtroppo in Italia c’è ancora chi, nonostante in un mese il mondo sia cambiato, vive ancora di illusioni e per di più con la benda sugli occhi, come Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, che ha affermato di recente: «La situazione drammatica creata dalla guerra contro l’Ucraina ci impone anche di ripensare il nostro sistema di produzione alimentare per renderlo più indipendente dagli input esterni e più resiliente. Per questo occorre accelerare i tempi della transizione ecologica e della conversione al biologico dei sistemi agricoli. Sulle decisioni assunte dal Parlamento europeo, il vero punto critico è rappresentato dalla scelta di mettere a coltura le aree di interesse ecologico (Ecological Focus Areas) consentendo anche l’uso di pesticidi di sintesi chimica. Quantomeno ci saremmo aspettati che tale decisione fosse vincolata all’utilizzo del metodo biologico, in linea con il Green Deal e le strategie Ue».

A voi agricoltori tutte le considerazioni e i commenti.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


2 commenti

  • Stefano

    20 Aprile 2022 at 1:45 pm

    Bla bla bla.
    Di numeri neanche l’ombra.
    La realtà è che i costi sono aumentati per tutti, e molto di più per il convenzionale.
    Diserbanti, urea su tutti: i due pilastri su cui si regge l’agricoltura “moderna”.
    I conti si faranno a fine stagione.
    Li vedremo chi è sostenibile, economicamente e a livello ambientale.

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  • Giulio mancini

    22 Aprile 2022 at 10:30 pm

    Per fare bio si deve fare la rotazione cosa che ormai e scomparsa dal vocabolario agricolo, quindi non diciamo stupidaggini affermando che produzioni sono ridotte del 40%. Le produzioni ceraicole si riducono al massimo del 10% ,ma i costi anche si riducono ,concimi,diserbanti,e piu che altro si salvaguardia il territorio ( azienda bio di 80 ha)

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