No all’aratro: uno studio europeo dimostra i vantaggi delle nuove lavorazioni

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Lo dimostra uno studio promosso dall’Ecaf, la Federazione europea per l’agricoltura conservativa che in Italia è rappresentata da Aigacos: grazie al sodo e alle minime lavorazioni, rispetto all’aratura si ottengono i seguenti vantaggi economici e ambientali:

  • Riduzione dei costi di gestione (ore lavorate, gasolio, usure, eccetera) dal 40 al 60%.
  • Incremento medio del 30% di carbonio organico nel suolo con punte sino al 50%.
  • Riduzione delle emissioni nocive in atmosfera del 19%.

Ma non basta. Se tutte le superfici si convertissero all’agricoltura conservativa, dice ancora lo studio, si potrebbe avere un incremento annuo della fissazione di sostanza organica nel suolo pari a 51 milioni di tonnellate. Ma oggi nell’Unione europea ci sono 104 milioni di ettari potenzialmente convertibili all’agricoltura conservativa e quindi c’è tanta strada ancora da fare.

E in Italia? Nel nostro paese si fa agricoltura conservativa su poco più di 420 mila ettari su un potenziale di 8 milioni di ettari da convertire. Se in Italia l’agricoltura conservativa occupasse tutti i terreni, la riduzione di emissioni di anidride carbonica in atmosfera sarebbe pari al 24,28% della quantità di CO2 che l’Italia si è impegnata a non immettere più in atmosfera entro il 2030. Dunque gli agricoltori potrebbero dare una grossa mano a raggiungere gli obiettivi nazionali. Senza contare tanti altri benefici ambientali come la diminuzione di lisciviazione e ruscellamento nelle aree collinari e il miglioramento della salute globale dei terreni.

Chi fa agricoltura conservativa da anni lo sa bene, e tutti gli altri debbono cominciare a convertirsi, anche poco a poco. L’importante è che si decidano a intraprendere un nuovo percorso, anche mentale!

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Un commento

  • Michelp Monetta

    23 Ottobre 2017 at 8:35 pm

    Tutto vero se non fosse che si fa largo uso di glifosato, principale inquinante delle acque di superficie (ce lo beviamo) e di profondità (inquinante dei mari) con tutte le conseguenze. Se a questo aggiungiamo che è cancerogeno anche per chi lo utilizza tutti vantaggi ambientali in termini di CO2 vanno a farsi fottere. Spero che domani la Commissione UE decida per il divieto di utilizzo per cominciare a fare seriamente semina su sodo bio

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