Agricoltura biologica: finirà la storia che i controllati finanziano i loro controllori?

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L’agricoltura biologica cresce perché cresce la domanda dei consumatori, anche se il comparto rappresenterà sempre una nicchia, dal momento che con il sistema di coltivazione bio non si può pensare di sfamare una popolazione mondiale in continua crescita.

Nei giorni scorsi la Camera ha iniziato a esaminare un disegno di legge sull’agricoltura biologica che parte già in salita, dato che nel suo primo articolo prevede di equiparare il biologico al biodinamico, sollevando immediatamente un gran polverone dal momento che i due mondi operano su principi molto differenti. Ci auguriamo però che questa discussione non distolga l’attenzione dagli aspetti più importanti che la nuova legge dovrebbe cercare di sistemare.

Infatti il tavolo tecnico che deve esaminare e mettere a punto le nuove linee normative si deve occupare di molti interventi e tra questi viene citato al punto 6: “Migliorare il sistema di controllo e di certificazione”. Questo intervento avremmo preferito vederlo in cima all’elenco delle cose da fare, dal momento che è proprio l’attuale sistema di controllo dell’agricoltura biologica che, da quando è nato, costituisce la madre di tutti i paradossi, peraltro più volte messa in luce da numerose inchieste giornalistiche e televisive.

È noto infatti che il lavoro dei numerosi organismi di certificazione e controllo, che sono società private, viene pagato dai produttori stessi, cioè da coloro che dovrebbero controllare. E proprio da questa cosiddetta “anomalia” sorgono spesso seri dubbi sulle modalità con le quali vengono portati avanti i controlli, dubbi peraltro avvallati in molti casi dagli stessi controllati.

Gli organismi di certificazione difendono il loro operato dicendo, come per esempio CCPB, che «la capacità di competere degli organismi di certificazione deriva dalla serietà, autorevolezza e credibilità con cui operano, chiedendo ai loro clienti se sono disponibili a pagare un prezzo per tale servizio, senza imposizioni. Se l’attività di certificazione fosse a carico dello Stato porterebbe un ulteriore buco di bilancio, dal momento che una certificazione costa in media circa 1000 euro/anno per ciascun produttore e considerato il numero di produttori biologici in Italia si arriverebbe a svariate decine di milioni di euro».

Pur rispettando questo punto di vista non siamo affatto d’accordo con CCPB, convinti più che mai della necessità che la certificazione del produttore biologico sia affidata finalmente a un ente statale o regionale, sotto uno stretto controllo dei ministeri competenti, svincolando il produttore agricolo biologico da qualsiasi gabella.

Ci auguriamo dunque che la nuova legge sul biologico, se e quando vedrà la luce, cancelli una volta per tutte il “paradosso” che ci portiamo avanti da troppi anni e che getta sovente una luce sinistra sul prodotto biologico.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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