Agricoltura, i sistemi di precisione fanno guadagnare e costano poco. Ma bisogna accettare il cambiamento

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[blockquote style=”2″]C’è troppa resistenza al cambiamento da parte dei nostri agricoltori. Cambiare vuol dire mettere tanto impegno e fare sacrifici e i produttori agricoli non sono propensi a farlo, perché non vedono la convenienza economica. Ecco perché l’agricoltura di precisione stenta a diffondersi – e dire che, insieme al biologico, è la strada maestra per fare reddito.[/blockquote]

Così Angelo Frascarelli dell’Università di Perugia, nel corso del convegno annuale organizzato a Montichiari da Condifesa Nord Est, con la consueta franchezza ha dato una strigliatina agli imprenditori che lo ascoltavano, e ha fatto bene: perché è proprio la resistenza a mettere da parte il motto “ho sempre fatto così”, il male più grave della nostra agricoltura.

A cosa servono i sistemi di precisione

Ma cosa serve l’agricoltura di precisione? Non ad andare dritti con il trattore, come molti ancora credono, bensì a raccogliere una serie di dati che permettono di prendere delle decisioni operative mirate che portano a un aumento considerevole del profitto. Un solo dato è emblematico: con le sovrapposizioni nelle lavorazioni, nella semina, nelle concimazioni e nei trattamenti, spendiamo il 12% in più di quello che si dovrebbe spendere, se si utilizzassero attrezzature guidate dal satellite.

Grazie alle seminatrici come la Optima HD e-drive di Kverneland guidata dal satellite, si evitano le sovrapposizioni come mostrato nell’immagine. La macchina chiude l’erogazione del seme dove e quando serve in automatico.

L’agricoltura di precisione conviene di più nei campi piccoli e irregolari

L’applicazione della guida automatica e delle attrezzature intelligenti, secondo Frascarelli, su campi di piccole dimensioni e irregolari portano a una riduzione dei costi pari a 188 euro/ha, contro i 78 euro/ha nel caso di appezzamenti grandi e di forma regolare. Se poi si usano le mappe di produzione e le dosi variabili dei mezzi tecnici, i risparmi salgono a quasi 200 euro/ha nella piccola azienda. Viene così sfatata la leggenda metropolitana secondo la quale i sistemi di precisione sono adatti sono alle grandi aziende.

È infatti tutto il contrario, perché è la realtà italiana fatta di tanti fazzoletti di terra irregolari a trarne i maggiori vantaggi, anche se è ovvio che in questo caso è il contoterzista che deve fare i lavori. E se si fanno bene i conti, è più conveniente che usare i propri mezzi, spesso obsoleti, e il proprio lavoro che pochi agricoltori quantificano come si dovrebbe in una contabilità ben fatta.

Con questi sensori ottici montati in alto ai lati della cabina del trattore, si verifica lo stato nutrizionale delle colture in campo distribuendo contemporaneamente solo la dose di concime che effettivamente serve.

Smettiamola di buttare soldi nei trattori solo per fare bella figura

«Alcuni agricoltori sono affascinati dagli investimenti nella meccanizzazione agricola – ha inoltre detto Frascarelli – e hanno un parco macchine sovradimensionato, ma continuano ad aumentare la potenza, a volte senza una ragione tecnico-economica, ma solo perché si vuole fare bella figura con il vicino. Questo è un modo sbagliato di fare impresa».

La chiave del successo è l’intensificazione sostenibile

Ma quali sono i riflessi sui ricavi dell’agricoltura di precisione? Questa l’opinione di Frascarelli: «Gli effetti derivano dall’ottimizzazione dei processi produttivi e dalla maggiore conoscenza dello stato dei suoli e delle colture, e in questo modo l’agricoltore può adottare decisioni mirate e tempestive. Ma c’è anche il miglioramento della qualità dei prodotti raccolti, potendo decidere per esempio gli interventi con gli agrofarmaci solo quando davvero è necessario o gli interventi irrigui nei momenti più opportuni, in base alle reali esigenze delle colture e alla disponibilità idrica dei suoli. Insomma, la chiave del successo economico per l’agricoltore sta tutta nell’innovazione, al fine di riuscire a praticare l’intensificazione sostenibile, cioè produrre di più ma in maniera più sostenibile, non solo per l’ambiente ma anche per il portafogli».

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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