Agricoltura: per pagamenti Pac e condizionalità, obbligatorio il seme certificato

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Ci vuole una forte competenza tecnico-agronomica al fianco dei funzionari che stanno scrivendo le regole per la nuova Pac 2023-2027. È indispensabile, dal momento che tutto si giocherà sui campi dell’innovazione, della sicurezza alimentare, della salubrità e della qualità delle materie prime agricole e dei trasformati.

Un tema chiave, ma dimenticato dalla distratta penna legislativa in questi ultimi tempi, riguarda l’uso della semente certificata e garantita che purtroppo non riesce a oltrepassare, quando va bene, la soglia del 50% del totale di semente messa in campo nel nostro paese per le colture estensive, cereali a paglia e soia su tutti. Abbiamo scritto più volte su questo argomento, sollevando sempre le ire di una parte (ci auguriamo modesta) dei nostri lettori, che considerano le società sementiere una “banda di approfittatori” a danno dei produttori.

Pur argomentando i numerosi vantaggi documentati dalla scienza e dalla pratica di campo da decenni, il seme certificato portato sul mercato dai sementieri viene vissuto come inutile e ingiustificato, dal momento che si può riprodurre ogni anno nella propria azienda. Insomma, il mito “del fai da te che fai per tre” in campagna è ancora tanto in voga!

Un passo avanti con la nuova Pac

Dato che è ormai assodato che solo il seme certificato offre tutti i requisiti necessari per fare prodotti sani e di qualità (tant’è vero che nelle filiere cerealicole è reso obbligatorio da chi propone i contratti di coltivazione agli agricoltori), nella prossima Pac l’erogazione dei pagamenti accoppiati, che sembrano confermati, dovrebbero renderlo obbligatorio. Così come nelle nuove norme sulla condizionalità si dovrebbe inserire, tra le buone e indispensabili pratiche agricole, l’uso obbligatorio di seme certificato.

Se il legislatore prenderà in considerazione questi suggerimenti, in pochi anni anche i più recalcitranti si convinceranno della bontà del provvedimento e se ne avvantaggerà tutto il nostro made in Italy. Consentendo nel contempo alle società sementiere di avere il carburante economico necessario per continuare e potenziare quell’indispensabile lavoro di miglioramento genetico che da sempre ha contrassegnato il progresso agricolo.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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