Agricoltura, siccità sempre più grave. Cosa seminare in primavera

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La tanto sbandierata transizione ecologica ha clamorosamente sbagliato nel fare l’elenco delle priorità. In cima alla lista ci doveva essere l’emergenza acqua: è infatti sotto gli occhi di tutti lo stato penoso di invasi alpini, laghi e fiumi, e non c’è nessuno che parli di azioni concrete da mettere subito in atto per salvarci da siccità e carestia, che sono dietro l’angolo. Si spendono miliardi per ristrutturare palazzi e installare pannelli solari e impianti domotici, ma si trascura le urgenze di mettere in sicurezza una rete idrica nazionale che disperde il 50% dell’acqua che veicola ai cittadini, di costruire invasi per raccogliere le piogge e di installare sistemi di desalinizzazione dell’acqua marina.

Al Po mancano 5 miliardi di metri cubi d’acqua

Al Po oggi mancano 5 miliardi metri cubi di acqua e nella stessa situazione si trovano la maggior parte dei nostri grandi fiumi. La salinità alla foce del Po è risalita per 40 chilometri sino ad Adria, raggiungendo valori del 40 per mille, insopportabili per qualsiasi coltivazione. Il sistema acquifero sotterraneo viaggia verso lo zero percentile, perché le falde non riescono più a ricaricarsi.

La cementificazione selvaggia

In Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna la dissennata costruzione di smisurati capannoni della logistica (ma quando la smettiamo di acquistare tutto online?) tutti i giorni sottrae buona terra alle coltivazioni. Un ettaro di terra trattiene infatti ben 3,8 milioni di litri di acqua, quanta ne possono portare 150 tir.

Poi, come sempre, mancano i dati. In Italia ci sono 150 consorzi di bonifica, oltre a una babele di enti diversi: ognuno ha i suoi dati, ma manca la sintesi; quindi non sappiamo quanta acqua abbiamo a disposizione e quanta ci serve per vivere e coltivare.

Di fronte a questo quadro drammatico, nettamente peggiore rispetto al 2022, quali scelte colturali fare tra poche settimane?

Caso emblematico dell’emergenza idrica 2022: a destra, sul mais, l’acqua è stata distribuita mentre a sinistra sulla medica l’acqua non è arrivata.

 

Puntare solo sui mais precoci

Il mais è certamente la coltura più a rischio (anche se la soia non è da meno in fatto di esigenze di acqua), e nemmeno gli agricoltori che dispongono di irrigazione sono certi di avere a disposizione l’acqua nei momenti in cui è indispensabile per la coltura. A rischiare sono anche coloro che dispongono di pozzi aziendali, vista la situazione appena descritta.

Se si decide di seminare mais conviene mettere da parte le classi FAO 600 o 700, fermando la scelta alla classe FAO 500, anche se qualche rischio di non portare a buon fine il raccolto permane. È più prudente quindi puntare su classi FAO 300 e 400 e se il cielo ci darà un po’ di pioggia estiva, giocarsi poi la carta di una seconda coltura, come per esempio soia oppure sorgo.

Oggi ci sono ibridi di mais FAO 300 e 400 che producono molto bene e che permettono di limitare gli interventi irrigui e i trattamenti antipiralide. Affrettatevi dunque nell’acquisto di queste classi, perché in tanti le vorranno e non ci sarà seme per tutti. Meglio produrre un po’ meno, ma portare a casa la granella!

Rivalutare girasole e sorgo

Sugli appezzamenti dove lo scorso anno l’acqua non è arrivata o nelle aree senza possibilità di irrigare, in prima semina il mais va sostituito con girasole e sorgo, che sono colture più rustiche che sopportano meglio la siccità e comportano costi di coltivazione decisamente più contenuti rispetto al mais.

Minime lavorazioni e strip tiller

Infine, è fondamentale la gestione del letto di semina. Per tesaurizzare la poca umidità che c’è e salvaguardare l’attività microbica e dei terricoli, soprattutto di questi tempi, vanno adottate le tecniche di minima lavorazione, evitando di rivoltare le fette di terra e poi entrare più volte per l’affinamento.

La minima lavorazione prepara un eccellente letto di semina anche in presenza di cover crops, di residui colturali e di infestanti, se si dispone di attrezzature di nuova generazione con ancore e dischi ben progettai e distanziati. Chi dispone di effluenti zootecnici e/o digestati può distribuirli con la tecnica dello strip tiller, che contemporaneamente prepara la strisce di terreno che saranno interessate dalla semina.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


3 commenti

  • Alteri matteo

    21 Febbraio 2023 at 10:07 am

    Grazie x le informazioni.

    Rispondi

  • Claudio Ferro

    21 Febbraio 2023 at 10:27 am

    Forza cosa aspettiamo a unirci per far capire che la logistica sta divorando le nostre campagne

    Rispondi

  • Luca Prada

    22 Febbraio 2023 at 10:07 pm

    Buonasera,
    Per chi deve fare foraggio affienato cosa consiglia? Considerato che c’è da gestire il letame.
    Grazie

    Rispondi

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