Agricoltura, stop all’abbandono dei terreni in collina: si può fare reddito se si cambia mentalità

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Avvicendamenti più lunghi possibili (si evitano la stanchezza del suolo e la nascita di infestanti difficili), massimo divario tra Produzione Lorda Vendibile e costi (e non massima PLV e basta), scelta mirata delle varietà in funzione del luogo di coltivazione. Sono le tre regolette di base per frenare l’abbandono dei terreni agricoli in collina e ritornare a fare reddito anche in queste zone; un aspetto vitale per un paese come il nostro che ha la maggior parte delle terre coltivabili in aree interne difficili.

La scienza e la tecnica ci sono di conforto in questo ragionamento ed Enrico Bonari, accademico di lungo corso con una formidabile esperienza pratica sulle difficili aree interne della Toscana, nel corso di un recente incontro organizzato dalla Confederazione Italiani Agricoltori di Pisa a Montecantini Val Cecina, ha stupito un po’ tutti con alcuni numeri che parlano molto chiaro. Li riportiamo qui di seguito.

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Enrico Bonari nel corso della relazione all’incontro organizzato dalla CIA di Pisa.

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Avvicendamenti al posto della monocoltura cerealicola

I dati divulgati da Bonari si riferiscono a prove aziendali effettuate in provincia di Pisa. Due sistemi a confronto, uno con tecnica convenzionale (compresa l’aratura) e l’altro con il sistema integrato e le lavorazioni conservative (misura ex 2078) e l’introduzione di due colture diverse dal cereale.

Sistema 1: solo cereali (frumento duro, avena, orzo)

Resa media pluriennale del sistema:

  • Convenzionale: 3,92 t/ha
  • Integrato: 2,94 t/ha
Sistema 2: misto (frumento duro avvicendato a colza e sulla da seme)

Resa media pluriennale del sistema:

  • Convenzionale: 4,30 t/ha
  • Integrato: 3,42 t/ha

Queste sono le rese, dove si vede che l’integrato produce meno del convenzionale, ma occorre calcolare i costi e il reddito lordo, che è il dato sul quale esprimere il giudizio finale. Lo facciamo qui di seguito.

Reddito lordo (euro/ha)
  • Sistema monocereale:
    • convenzionale: 235 euro/ha
    • integrato: 307 euro/ha
    • media: 271 euro/ha
  • Sistema misto:
    • convenzionale: 427 euro/ha
    • integrato: 445 euro/ha
    • media: 436 euro/ha

Da questi dati emerge che l’introduzione in avvicendamento al grano duro di due colture, come la sulla e la colza da seme, abbia notevolmente cambiato in positivo il conto economico, con in più un miglioramento della dotazione di sostanza organica del suolo e una diminuzione dell’erosione grazie a sistemi di lavorazione conservativa al posto dell’aratura.

Innovazione anche nel sistema foraggero

Oltre al comparto dei cereali, occorre guardare con occhi diversi anche la foraggicoltura di collina, e secondo Bonari la mossa vincente è sostituire i tradizionali erbai annuali (per lo più di alessandrino e avena) con erbai polifiti da prato pascolo o erbai di miscugli oligofiti con graminacee e leguminose.

L’esperienza vincente è testimoniata dal fenomenale aumento di produzione del latte (dal 60% all’80%) da parte degli allevatori conferenti al caseificio di Manciano, grazie alla conversione dei loro sistemi foraggeri.

I costi di produzione dell’unità foraggera

Ma come cambiano i costi di produzione dell’unità foraggera? Ecco i tre scenari produttivi:

Utilizzazione come fieno
  • Erbaio avena + trifoglio: costo euro/UFL = 0,16
  • Prato medica (3 anni): costo euro/UFL = 0,08
Utilizzazione prato-pascolo
  • Erbaio avena + trifoglio: costo euro/UFL = 0,17
  • Prato di sulla (2 anni): costo euro/UFL = 0,12
Utilizzazione pascolo
  • Erbaio avena + trifoglio: costo euro/UFL = 0,14
  • Prato polifita (3 anni): costo euro/UFL = 0,06

I dati parlano da soli: il cambio di sistema colturale ha un impatto positivo sui costi per molti non immaginabile. Provare per credere!

Conclusioni

Queste esperienze, tra le tante che ci sono in atto ma che pochi conoscono, dimostrano come le redditività di un sistema colturale, anche in aree giudicate “impossibili”, sia legata soprattutto alla voglia di cambiare e alla capacità di trovare nuove soluzioni che sono già disponibili e collaudate: basta solo individuarle e adottarle con criterio sula propria terra.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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