Con una nuova razione meno costi e maggiore produzione di latte

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La nuova Pac ha complicato ancora di più la vita degli agricoltori e degli allevatori; tuttavia qualcosa di buono, almeno indirettamente, ha portato con sé. Infatti la forte spinta impressa dalle nuove normative a mettere da parte la monocoltura per favorire la policoltura e gli avvicendamenti, porta all’instaurarsi di un nuovo e proficuo rapporto tra l’allevamento e la foraggicoltura, con il ritorno in auge delle fonti proteiche aziendali.

Più colture portano molti vantaggi

Finalmente grazie alla nuova Pac possono aumentare le superfici a pisello proteico, a soia, a erba medica, a trifoglio, a loietto e così via. Specie da rinnovo che interrompono la monosuccessione cerealicola con vantaggi non solo agronomici ma anche nella gestione dell’allevamento da latte.

Così, quella che all’inizio fu considerata una iattura dall’allevatore, e cioè la diminuzione forzata della superficie dedicata al mais, si sta traducendo in un nuova e per certi versi inaspettata occasione per migliorare la redditività aziendale. Non sono chiacchiere e nemmeno ipotesi, ma fatti reali ben documentati da dati che si riscontrano dalle stalle da latte che hanno imboccato con coraggio ma anche con lungimiranza questa nuova strada.

Il progetto Dairy Self in Piemonte

L’associazione allevatori del Piemonte, con le università di Torino e di Parma, ha predisposto un nuovo servizio tecnico chiamato “Dairy Self” che analizza i punti di forza e di debolezza delle singole aziende, per valutare insieme all’allevatore le nuove scelte da intraprendere per raggiungere il minor costo di produzione e massimizzare la marginalità tra costi e ricavi. Tutto questo attraverso la maggiore efficienza della razione, con una più corretta e innovativa gestione del sistema foraggero aziendale tenendo presente anche un minore impatto ambientale e un incremento di Energia Netta Latte e di Proteina.

Dunque occorre conciliare le esigenze della razione con la parte agronomica dell’azienda, riprogrammando la ripartizione delle colture. Dal confronto con l’allevatore viene stilato un programma di medio-lungo termine con l’obiettivo della autoproduzione mirata delle materie prime da impiegare nella razione per raggiungere un sistema agronomico efficiente e sostenibile.

Per diminuire la dipendenza della stalla dai prodotti extraziendali, occorre riprogrammare la ripartizione colturale adattandola a una nuova tipologia di razione.
Per diminuire la dipendenza della stalla dai prodotti extraziendali, occorre riprogrammare la ripartizione colturale adattandola a una nuova tipologia di razione.

Un esempio di riprogrammazione di successo: le cifre parlano molto chiaro

Per fare un esempio concreto prendiamo una stalla che prima dell’applicazione del Dairy Self produceva solo silomais, fieno loietto e mais da granella. La sua nuova ripartizione colturale prevede ora la diminuzione delle superfici a mais e prato a favore degli insilati di loietto, medica e sorgo, con l’introduzione della soia.

Tutto questo porta a ridurre la dipendenza da proteine extra aziendali, ad abbassare il costo della razione da 6,16 a 5,14 euro/vacca/giorno e ad aumentare le entrate aziendali al netto dei costi da 5,62 a 6,87 euro/vacca/giorno senza diminuire la quantità di latte, che si mantiene pari a 10,68 tonnellate/anno.

La nuova razione ha avuto come conseguenza positiva anche un aumento del benessere degli animali e della loro fertilità. Inoltre è migliorato l’impatto dell’attività aziendale per quanto riguarda l’azoto: infatti, rispetto alla situazione iniziale, è diminuito il quantitativo di azoto in entrata perché è aumentato l’azoto di origine naturale proveniente dall’azotofissazione operata dalle leguminose.

La nuova razione, che prevede l’uso esclusivo di foraggi aziendali di alta qualità, nella maggior parte dei casi fa aumentare il benessere delle vacche e anche la loro fertilità.
La nuova razione, che prevede l’uso esclusivo di foraggi aziendali di alta qualità, nella maggior parte dei casi fa aumentare il benessere delle vacche e anche la loro fertilità.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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