Roberto Bartolini15 Ottobre 20214min16790

Da contadino a imprenditore agricolo: un mestiere che non è per tutti

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«Il contadino, l’agricoltura contadina non ha futuro. L’agricoltore non ha futuro se non è un imprenditore. E l’imprenditore non è un mestiere per tutti: è questione di dna e di educazione imprenditoriale». Così scriveva l’agronomo Angelo Frascarelli in un illuminante editoriale sull’Informatore Agrario di pochi mesi fa, che ha scatenato la ribellione proprio di quella parte di agricoltori che non ha ancora capito su quale sentiero si è incamminata l’agricoltura.

Per la verità gli occhi bendati non mancano nemmeno tra i contoterzisti, i concessionari, i rivenditori di prodotti agricoli e i funzionari delle organizzazioni professionali, molti dei quali sono ancora oggi poco propensi a cogliere i tanti segnali di profondo cambiamento che attraversano come un ciclone la nostra società, sovvertendo le regole del gioco e i mercati.

Frascarelli è tra i pochi esperti che parla chiaro e non lesina giuste critiche all’immobilismo che caratterizza ancora la nostra agricoltura: non tutta certamente, ma sembra ombra di dubbio quella che si dedica alle colture estensive.

Perché chi fa seminativi è ancorato al passato?

A questo proposito ci siamo sempre chiesti come mai chi produce frutta, ortaggi, vino, olio ha già fatto da anni lo scatto “da contadino a imprenditore” con risultati economici brillanti, mentre chi fa grano, orzo, mais, soia eccetera stenta ad affrancarsi dalle abitudini di un passato che è anacronistico. Oggi c’è bisogno di guidare l’impresa agricola con lungimiranza e visione, e occorrono imprenditori capaci di fare scelte precise, con gli occhi bene aperti a quello che chiede la società. Ecco che a questo punto non basta più la dedizione assoluta al lavoro e al sacrificio del contadino, ma occorre mettere in primo piano il fattore umano. Cosa vuol dire? Vuol dire investire sul proprio capitale umano e guardare, dice Frascarelli, a chi può insegnare qualcosa di nuovo (ed esistono tante realtà positive da imitare), smetterla di lamentarsi ritenendo il mercato un oggetto sconosciuto, un nemico da temere. Quando invece, se un prodotto non va più, l’imprenditore è disponibile immediatamente a cambiarlo, senza lamentarsi. E poi, diciamolo a chiare lettere, l’individualismo tanto caro all’agricoltore non paga più.

Occorre aprirsi alle collaborazioni

È la collaborazione con gli altri attori del mercato che va affrontata con coraggio per acquisire conoscenze, migliorare la propria managerialità e la capacità di decidere e di crescere. Gli imprenditori devono confrontarsi, condividere i percorsi, curiosare, attivare collaborazioni con le diverse imprese anche di settori diversi con i centri di ricerca. No all’autoreferenzialità! Ecco perché ci vuole un dna votato all’educazione imprenditoriale.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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