Roberto Bartolini30 Giugno 20214min11960

Da contadino a imprenditore agricolo, un passaggio obbligato

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Nei prossimi dieci anni l’umanità farà più passi avanti che negli ultimi cento anni e l’incredibile accelerazione delle nuove tecnologie trasformerà in maniera radicale i mercati e il modo di produrre. Lo afferma una recente ricerca del Gruppo McKinsey, che chiarisce anche quali saranno le tecnologie motore della grande rivoluzione: i robot che imparano da soli a fare ciò che serve e che ne creano dei nuovi; le reti 5G che copriranno nel 2030 l’80% della popolazione mondiale; i pc quantistici che decuplicano le attuali capacità di calcolo; l’intelligenza artificiale, con computer che leggeranno le varie forme di realtà interpretandole e catalogandole; il software 2.0 che creerà nuovi modelli di scrittura con programmi semplificati; nuovi materiali, biomacchine, biomolecole e la produzione di energia “carbon free”.

Ecco cosa c’è dietro l’angolo, e non è che l’agricoltura rimarrà esclusa da questa rivoluzione. Dunque il nostro agricoltore come si prepara al futuro?

L’agricoltura contadina non ha futuro

Lo ha descritto molto bene Angelo Frascarelli in uno splendido editoriale sull’Informatore Agrario, dove spiega senza peli sulla lingua che “l’agricoltura contadina” non ha futuro. Chi ha un futuro, e anche piuttosto roseo aggiungiamo noi, è l’imprenditore agricolo, tutt’altra cosa rispetto al contadino, che continua a ritenere prioritario cambiare spesso il trattore e che si lamenta continuamente del mercato, l’oscuro nemico da battere… con l’aiuto dello Stato.

Ma attenzione: l’imprenditore non è un mestiere per tutti. Allora che cosa è l’imprenditore agricolo? È un uomo o una donna con idee, visione, competenze, velocità nelle decisioni, coraggio nelle scelte. Guardatevi allo specchio, amici agricoltori: chi di voi è così? Voi fornite materie prime alimentari ma il contesto agroalimentare è cambiato e il consumatore ha rivoluzionato le sue richieste, che sono in continua evoluzione.

Non basta più solo lavorare 18 ore al giorno sulle zolle

Dunque l’impresa agricola deve individuare la strada giusta da percorrere: non basta più lavorare 18 ore al giorno a testa bassa sulla zolla e sacrificare i sabati e le domeniche. Rassegnatevi! Era meglio quando si stava peggio? Forse sì, ma indietro non si torna.

Oggi, sottolinea Frascarelli, ci vuole più educazione all’imprenditorialità e meno trattori. E occorre affrontare il mercato in maniera proattiva e non passiva con le solite lamentazioni. Ciò vuol dire che l’agricoltore deve appassionarsi a ciò che succede sul mercato, avendo il coraggio di cambiare ciò che ha sempre fatto, senza aspettare. L’imprenditore non deve subire le dinamiche del mercato, bensì deve affrontarle sfruttando le opportunità che si aprono di fronte a lui.

L’individualismo, un ostacolo alla crescita

E poi l’agricoltore deve mettere in soffitta quel maledetto individualismo che ancora oggi pervade il mondo agricolo. Guardate e imparate dai tanti imprenditori agricoli che ci sono in Italia: non c’è nulla di male. Non è ammettere una propria debolezza, ma è certificare la volontà di trasformarsi finalmente da contadino a imprenditore agricolo.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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