Ecco perché i prossimi cinque anni sono decisivi per la sopravvivenza delle aziende agricole
L’Europa ci ha messo cinque anni per delineare le linee di sviluppo per l’agricoltura nei prossimi cinque anni, ma gran parte di questo tempo è stato speso per individuare i punti di debolezza che caratterizzano l’agricoltura di oggi.
I principali punti deboli del nostro tessuto produttivo agricolo
Per quanto riguarda l’Italia, i punti critici più rilevanti individuati dall’Europa sono i seguenti:
- Scarsa gestione professionale dell’impresa agricola.
- Redditività decrescente delle aziende che porta al rischio di abbandono.
- Scarsa flessibilità dell’impresa per eccessiva specializzazione e bassa diversificazione.
- Dimensione media in SAU meno elevata rispetto ai competitor europei.
- Presenza di un parco macchine in larga parte obsoleto con elevati costi di manutenzione; impossibilità di applicare le più recenti innovazioni e le tecniche agronomiche meno impattanti e più redditive.
- Età elevata dei conduttori e limitato cambio generazionale che frena l’innovazione.
- Individualismo dei conduttori agricoli con difficoltà a cooperare e quindi a sfruttare le economie di scala tramite la gestione consorziale dei principali mezzi di produzione.
- Limitata cooperazione tra le imprese agricole e di trasformazione, con approcci poco manageriali nei rapporti interpersonali e nella gestione delle filiere.
- Volumi di sofferenze bancarie superiori alla media e insufficienza nella documentazione contabile e finanziaria disponibile per definire con correttezza la finanziabilità delle imprese agricole.
- Scarsa patrimonializzazione delle imprese agricole.
- Elevati costi di gestione degli allevamenti per scarso utilizzo dei concetti di benessere animale, biosicurezza e sostenibilità.
- Perdita di sostanza organica e del potenziale produttivo dei suoli.
- Elevati volumi di acqua utilizzata con sistemi di irrigazione a bassa efficienza.
- Livelli elevati di emissioni come gas serra (metano, protossido di azoto) e di azoto ammoniacale.
Abbiamo trascurato tanti altri aspetti critici rilevati, in particolare per quanto riguarda le aree marginali, montane e collinari, la selvicoltura e la gestione delle aree non produttive, la biodiversità eccetera; ma i punti sopraindicati sono comunque sufficienti per far riflettere tutti gli attori del comparto agricolo e cercare tutti insieme la strada per correre al più presto ai ripari.
Ci sarà un cambio di rotta dal 2020 in poi?
La necessità di mettersi al lavoro senza perdere tempo è dettata dal fatto che dal 2015 al 2020 la politica agricola concede ancora alcune centinaia di euro per ettaro agli agricoltori che intendono rispondere positivamente alle indicazioni europee, ma non è detto che la stessa situazione di sostegno si ripeta dal 2020 in poi.
Nelle segrete stanze di Bruxelles, infatti, non sono pochi coloro che stanno guardando con attenzione e condivisione a ciò che hanno stabilito di recente gli Stati Uniti per i loro agricoltori a proposito di sostegni al comparto. Negli Usa è stata abolita qualsiasi forma di sostegno diretto e indiretto all’agricoltore, seguendo un concetto molto semplice: “Sino a oggi sei stato finanziato affinché tu potessi raggiungere un grado di efficienza produttiva capace di farti stare sul mercato con la possibilità di guadagnare; ma da oggi in poi la musica cambia: lo Stato interverrà in tuo aiuto solo di fronte ad abbassamenti sotto determinate soglie dei prezzi di mercato delle commodities“.
La morale è chiara: caro agricoltore, l’efficienza economica della tua impresa deve essere ormai un dato di fatto, cioè una condizione indispensabile per essere imprenditore agricolo; e quindi avrai finanziamenti dall’amministrazione pubblica solo se le condizioni di mercato saranno molto critiche.
Attenzione dunque, perché gli Stati Uniti aprono nuove strade e di solito l’Europa li segue a ruota dopo alcuni anni.
Nei nostri nuovi Psr ci sono tutti i punti chiave della nuova politica agricola
I nuovi Piani di Sviluppo Rurale, al di là del burocratese che li contraddistingue e dai meccanismi troppo complessi che sono alla base della richiesta di finanziamento, costituiscono un “libro bianco”, cioè un vademecum importante per l’agricoltore che vuole capire cosa deve fare nella pratica per poter diventare o rimanere competitivo.
Nelle oltre mille pagine di ciascun PSR regionale sono indicate infatti con molta accuratezza tutte le azioni che occorre mettere in campo, che sono sostenute con aiuti specifici, ma che in ogni caso vanno applicate nei prossimi anni, anche senza ricevere il finanziamento.
È questo il punto da chiarire bene: ciò che andiamo a specificare qui di seguito l’agricoltore deve metterlo in pratica anche senza il finanziamento regionale, altrimenti tra cinque anni sarà tagliato fuori dal mercato.
Le tre priorità per chi fa agricoltura
- Essere competitivi sui mercati.
- Produrre ciò che serve ai cittadini (quantità e qualità).
- Applicare in campo la sostenibilità ambientale ed economica.
Cosa fare in concreto
L’agricoltore può prima fare un esame critico di quello che fa oggi, e poi concentrare la sua attenzione sui seguenti aspetti, per capire dove e quali sono le criticità della sua impresa, ragionare sui margini di miglioramento possibile e individuare i giusti correttivi.
- Aumentare la fertilità dei suoli.
- Valorizzare la diversificazione colturale.
- Incrementare le produzioni/ettaro.
- Salvaguardare sanità e qualità dei raccolti.
- Diminuire gli input energetici e le emissioni.
- Utilizzare meglio l’acqua di irrigazione.
- Creare filiere a tracciabilità totale e favorire le aggregazioni.
Perché lo si deve fare
Le principali motivazioni che giustificano le azioni sopra citate sono le seguenti:
- I terreni presentano livelli di sostanza organica ai minimi storici.
- I prezzi e i mercati sono sempre più volatili.
- La popolazione e la richiesta di cibo aumentano.
- Il consumatore è disposto a spendere per la qualità globale e certificata.
- La Pac chiede l’intensificazione «sostenibile».
- Le risorse per produrre sono sempre meno.
- L’industria pretende garanzie sulla tracciabilità.
Come lo si fa?
Quanto detto finora è da praticare con una gestione imprenditoriale dell’azienda agricola e con l’applicazione dell’innovazione tecnologica. Sono tre i punti chiave sui quali agire:
- Suolo
- Precisione
- Gestione dell’irrigazione
Il suolo è il bene più prezioso
“No tillage” (NT, semina su sodo) e “Minimum tillage” (MT, minima lavorazione compreso strip-till) salvaguardano la struttura del terreno, migliorano la stabilità chimico-fisica dei suoli, aumentano il tasso di sostanza organica, favoriscono il ritorno dei microrganismi utili del suolo, la circolazione dell’acqua e dell’aria necessari alla vita delle piante. Oltre a contrastare i fenomeni erosivi, a sequestrare carbonio e limitare le emissioni di gas in atmosfera.
Questo è ciò che pensano coloro che hanno scritto la nuova politica agricola. E infatti per la prima volta tutti i PSR regionali sostengono, pur con diversità e anche qualche contraddizione tra una regione e l’altra, gli agricoltori che applicano d’ora in poi la semina su sodo, la minima lavorazione, lo strip-till e le cover crops (colture di copertura).
Ma, ripetiamo, le lavorazioni conservative del suolo vanno applicate anche se l’agricoltore non riceverà i finanziamenti. Se non vuole o non può cambiare il parco macchine, ci sono i contoterzisti che sono già ben attrezzati in questa direzione.
Agricoltura di precisione: cosa significa?
Ma l’agricoltore deve anche applicare l’intensificazione sostenibile, che significa produrre di più e con un impiego più efficiente delle risorse e dei mezzi tecnici.
Cosa si deve fare per questo?
- Aumentare la conoscenza per ettaro.
- Quantificare la variabilità del suolo e delle produzioni.
- Correlare le cause agli effetti della variabilità.
- Gestire le colture e i mezzi tecnici in funzione della variabilità.
Tutto questo, riassunto in un solo concetto, è “Precision farming” o “Agricoltura di precisione“.
Mappe del suolo, di produzione e di prescrizione
“Conoscenza per ettaro” significa disporre delle mappe del suolo (vedi articolo) e delle mappe di raccolta realizzate dalla mietitrebbia. Dalla combinazione delle due conosciamo finalmente, punto per punto, come è fatto il nostro appezzamento e cosa produce.
Ci saranno zone dove si produce di più e zone dove si produce di meno, e sovrapponendole con le caratteristiche del suolo (sabbia, limo e argilla) già si ottiene una prima indicazione di quelle che sono le cause-effetto della variabilità produttiva.
A questo punto si realizzano le mappe di prescrizione, cioè si imposta una strategia per l’anno successivo dove, per esempio, si prevede di aumentare l’investimento a ettaro di mais, di soia o di altre colture nelle zone più fertili, dosando in maniera differenziata la concimazione per verificare cosa succede sulle rese. Lo stesso vale per l’irrigazione o il diserbo.
Ovviamente per fare questo occorre disporre di attrezzature, seminatrici, spandiconcime, barre e sistemi irrigui capaci di dialogare con sistemi informatici che ordinano all’attrezzo di comportarsi in modo variabile zona per zona. Non è fantascienza: chi lo fa già, anche da anni, ha ottenuto vantaggi economici considerevoli.
Quale irrigazione?
L’agricoltore deve razionalizzare l’uso dell’acqua che, dopo il suolo, è il principale fattore di produzione, attraverso:
- Sistemi di monitoraggio delle disponibilità idriche nel suolo e dei fabbisogni delle colture.
- Nuovi sistemi di distribuzione più efficienti, come per esempio le ali gocciolanti.
- Applicazione della distribuzione avvalendosi di sistemi di precisione.
Anche in questo campo le innovazioni tecnologiche sono innumerevoli e potete trovare degli spunti in alcuni articoli pubblicati sul nostro portale.
Le conclusioni su cui meditare bene
Oltre ai tre principi di matrice strettamente agronomica che sono indicati in maniera prioritaria nella nuova politica agricola, ce ne sono tanti altri che riguardano le strategie commerciali, l’aggiornamento professionale, la trasformazione, i rapporti di filiera e via dicendo. Invitiamo dunque gli agricoltori a scaricare i PSR dai portali delle Regioni e leggerseli piano piano, indipendentemente dal fatto che si richieda un finanziamento o meno. Si tratta di una lettura istruttiva che rafforza quello che è l’obiettivo di fondo della nuova politica agricola europea per i prossimi 5 anni, e cioè:
[blockquote style=”1″]Favorire la fuoriuscita dal mercato delle imprese agricole che non sono competitive, cioè le imprese che mostrano bassi livelli di produttività e di innovazione e che non rispettano la sostenibilità ambientale.[/blockquote]
Crediamo ci siano motivi sufficienti per agire velocemente e non farsi travolgere dagli eventi tra pochi anni.
3 commenti
Elle7
27 Novembre 2015 at 2:40 pm
In parte condivido specie quanto si parla dell’orientamento della politica agricola comune verso un sistema liberale (avresti dovuto inserire anche il fatto che con il TIIP si andrà sempre più verso una diminuzione degli aiuti diretti e indiretti).
Da un’altra parte vedo molti propositi che possono essere condensati in una sola parola : produttività.
Purtroppo l’Italia, non solo in campo agricola, presenta moltissimi inefficienze e scarse possibilità di un recupero a breve termine.
La carne messa al fuoco da questa articolo è tanta (forse troppa) e ogni problema affrontato e capito.
Ti faccio un esempio: parli del parco macchine obsoleto. Giustissimo. Ma come fai a cambiare una macchina se ancora economicamente efficiente in quanto non ha fatto nemmeno metà delle ore di vita? Occorrere più superficie. Ma chi vende la terra se questa permette, tramite la PAC, una rendita a chi possiede questo “fattore produttivo”? Tutto si intreccia. E la politica comune ha creato negli ultimi anni una serie di problemi (più che di soluzioni) drogando il mercato e anche l’agricoltore.
Meditate…
Roberto Bartolini
30 Novembre 2015 at 10:10 am
A seguito di numerosi messaggi ricevuti, integro in questo commento le informazioni sulla questione degli USA.
Il nuovo Farm Bill (la versione Usa della nostra Pac), che definisce programmi e modalità per il sostegno all’agricoltura a stelle e strisce e che distribuirà finanziamenti per quasi mille miliardi di dollari in dieci anni, è stato varato nel 2014 dal Congresso dopo oltre un anno di discussioni. “Questo Farm Bill include cose come l’assicurazione sui raccolti – ha dichiarato il presidente Usa Barack Obama – così, quando un disastro colpisce i nostri agricoltori, loro non perdono nulla”.
Una delle novità del Farm Bill è rappresentata dalla fine dell’aiuto disaccoppiato, ovvero i fondi erogati agli agricoltori indipendentemente dalla produzione. In totale si tratta di circa 4,5 miliardi di dollari all’anno. Il taglio viene compensato dall’istituzione di due nuovi sistemi di sussidio.
Il primo è legato al problema della volatilità delle quotazioni delle materie prime sui mercati internazionali, che mettono a rischio il reddito degli agricoltori. In pratica, se i prezzi crollano oltre un valore predeterminato, gli agricoltori si vedranno “rimborsare” la differenza. Un vero e proprio “paracadute” che è stato esteso anche all’ortofrutta e al lattiero-caseario e che rappresenta per i critici della nuova legge una forma di protezionismo potenzialmente contrario alle stesse regole mondiali sul commercio.
L’altro sostegno è rappresentato da sussidio assicurativo sulle entrate per compensare gli agricoltori in caso di perdite superficiali o di perdite sul reddito subite prima che le loro assicurazioni sul raccolto diventino operative. Il Farm Bill introduce anche un tetto sugli aiuti che ogni agricoltore può ricevere, stabilito in 125.000 dollari l’anno su tutti i pagamenti e prestiti.
“In sostanza si sta creando un sistema in cui, se gli agricoltori producono di più, guadagnano di più. La logica americana consiste nel voler fare dell’agricoltura un’industria e un settore di esportazione attivo, mentre in realtà questo è sparito dalla logica europea” spiega David Laborde, ricercatore presso l‘Istituto internazionale di ricerca sulle politiche alimentari (Ifpri) di Washington.
mimmogranoduro
8 Dicembre 2015 at 10:43 pm
QUESTO SI CHIAMA PROTEZIONISMO-altro che libero mercato e politica ambientale-