Friuli: nella patria della polenta, il nuovo PSR dichiara guerra aperta al mais

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La Regione Friuli Venezia Giulia, dopo mesi e mesi di gestazione, sta per emanare il bando relativo alla misura M 10 dei nuovi PSR, che riguarda i “Pagamenti agroclimatici ambientali” suddivisi in varie sottomisure, tra le quali una è dedicata all’introduzione della semina su sodo (premio pari a 600 euro/ha /anno), della minima lavorazione e dello strip-till (premio pari a 534 euro/ha/anno) e un’altra alla diversificazione colturale detta “No mais” (premio di 298 euro/ha/anno).

A dirla così sembra un beneficio per gli agricoltori friulani, ma le cose non stanno esattamente in questo modo, perché bisogna leggere tra le righe il lungo elenco di impegni accessori.

Gli impegni per l’agricoltura conservativa

Prendiamo gli impegni relativi all’introduzione dell’agricoltura conservativa, cioè sodo e minima lavorazione. Ne citiamo solo alcuni, tanto per far capire ai lettori a quale livello di inutile complicazione si può arrivare.

1) Effettuare sulla superficie impegnata almeno due semine annuali indifferentemente se con funzioni di coltura da reddito o di copertura.
2) Le semine devono essere effettuate nell’arco di dodici mesi ed è consentita la trasemina su colture in atto.
3) Nel corso del periodo di impegno devono essere realizzate in totale almeno dieci semine con funzioni produttive, di copertura o di catch crops.
4) Tra la data di raccolta della coltura che precede e la semina della successiva coltura non devono intercorrere più di 30 giorni.
5) Divieto di coltivazione per due anni consecutivi sulle medesime particelle di terreno dei seguenti cereali portati a maturazione per la raccolta della granella: frumento tenero, duro, triticale, spelta, orzo, avena, miglio, scagliola, farro, mais e sorgo.
6) Divieto di successione per due anni consecutivi sulle medesime particelle di terreno dei seguenti cereali portati a maturazione per la raccolta della granella: frumento tenero, duro, triticale, spelta, orzo, avena, miglio, scagliola, farro.
7) Divieto di far succedere il frumento a mais o sorgo. Le due colture devono essere intervallate da una coltura di specie dicotiledoni, in purezza o in consociazione.
8) Presenza almeno 3 volte nel periodo di impegno di colture ed erbai di specie dicotiledoni in purezza o in consociazione con funzioni produttive o di copertura.
9) Dopo le lavorazioni ammesse deve essere rilevabile una copertura superiore al 70% da parte di residui colturali presenti in superficie.
10) La copertura deve essere rilevabile fino a 30 giorni dopo ogni intervento di semina effettuata dal 21 marzo al 21 settembre.
11) La copertura deve essere rilevabile fino a 60 giorni dopo ogni intervento di semina effettuata dal 22 settembre al 20 marzo.

Gli impegni per la diversificazione colturale

Per quanto riguarda invece la sottomisura detta “No mais”, ecco l’impegno principale e alcuni impegni accessori:

1) Non coltivare a mais più del 20% della superficie.
2) La restante superficie non impegnata a mais è destinata ad altre colture erbacee sia a ciclo autunno vernino sia primaverile estivo esclusi i prati, i prati pascolo e i medicai.
3) Mantenere la superficie a prato per l’intero periodo.
4) Effettuare due o più sfalci con l’asporto della biomassa nel corso di ogni anno di impegno.
5) Mantenere annualmente non sfalciata una porzione pari al 15% di ogni particella o corpo fondiario.
6) Divieto di utilizzare prodotti fitosanitari, diserbanti, disseccanti e concimi chimici di sintesi.
7) La semina è effettuata con un miscuglio composto in prevalenza di graminacee e da almeno quattro delle seguenti specie: Poa Pratensis, Dactylis glomerata, Festuca pratense, Lolium perenne, Festuca rubra, Arrhenatherum elatius. Nel miscuglio è ammessa una percentuale non suoeriore al 10% delle seguenti specie di leguminose: Trifolium pratense, Lotus corniculatus nonché la presenza sino al 100% di sementi o fiorume di provenienza locale da prati spontanei, permanenti, polifiti o orati stabili

Dunque l’amara conclusione è che nella patria del mais, dove questo cereale da sempre raggiunge produzioni record, la nuova politica agricola regionale fa di tutto per disincentivare questo cereale che è un caposaldo dell’alimentazione animale e umana e che l’Italia continua a importare in quantità sempre crescenti. Se questa non è pura follia, fate voi! C’è da augurarsi che gli agricoltori friulani dimostrino maggiore saggezza dei loro governanti.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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