Grano duro, agricoltori contro industriali: è ora di finirla (e di cominciare a collaborare)

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[blockquote style=”2″]“Collaborare per competere” è lo slogan che rappresenta la strada da percorrere. Con l’attuale contrapposizione perdono tutti. Chi saprà collaborare avrà un futuro.[/blockquote]

Queste sono le parole conclusive di Angelo Frascarelli nel suo ottimo intervento pubblicato di recente sull’Informatore Agrario, che ha fatto il punto sull’annosa querelle tra agricoltori e industriali in merito ai prezzi del grano duro.

Dove gli agricoltori hanno torto

Gli agricoltori hanno ragione a lamentare un prezzo troppo basso e volatile del grano duro, ma hanno torto sui seguenti punti:

  1. Quando pensano che il prodotto di importazione non abbia qualità adeguata. L’Italia ha invece i controlli più rigorosi del mondo.
  2. Quando pensano che la provenienza italiana del grano sia sempre sufficiente per fare un prodotto di qualità: nella maggior parte delle annate, la qualità del nostro grano non è sufficiente.
  3. Quando pretendono un surplus di prezzo, ma non sono disponibili a stipulare un contratto sulla base delle caratteristiche qualitative definite e tempi di consegna predeterminati.

In poche parole, gli agricoltori italiani sono individualisti e vogliono giocare alla roulette con il proprio grano duro, e così si beccano tutta la volatilità del mercato e il prezzo peggiore per chi vende.

Dove gli industriali hanno torto

Gli industriali hanno ragione a lamentare un’offerta polverizzata di grano duro senza programmazione e certezze che impedisce loro di pianificare, e così sono costretti ad importare grano duro. Ma dall’altra parte, gli industriali hanno torto su questi fronti:

  1. Quando affidano la competitività della propria impresa ad acquisti speculativi piuttosto che al marketing e al valore della pasta che producono.
  2. Quando affermano che l’origine della materia prima italiana sia superflua per la loro strategia competitiva.

Cosa ci può salvare

Solo la competitività può salvare il nostro settore agroalimentare, ma per essere competitivi gli agricoltori, i molini e i pastifici devono collaborare e fare squadra su una filiera vincente come quella “grano-pasta”.

La pasta è un’eccellenza italiana che si vende da sola, ma l’individualismo italiano la uccide, così come per tanti altri prodotti. Vogliamo o no cambiare musica?

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Un commento

  • Donatella

    11 Settembre 2017 at 1:03 pm

    Non condivido: A) perché il grano importato è inferiore come qualità al nostro perché si importa quello di terza e quarta categoria; B) perché la qualità del nostro è elevatissima ma purtroppo l’industria richiede requisiti che servono solo a semplificare i processi di pastificazione e non a fare una pasta più buona e più sana; C) perché i contratti di cui si parla sono contratti capestro che rendono i margini già esigui del tutto inesistenti.

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