Grano duro, contratto sì o no? Questo è il dilemma

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I prezzi di mercato che viaggiano oltre i 50 euro al quintale per il grano duro stanno mettendo i bastoni tra le ruote ai contratti di coltivazione, che negli ultimi anni avevano mostrato una buona accelerazione. Molti agricoltori, soprattutto in alcune aree del sud Italia come la Sicilia, pensano di andare sul libero mercato con il raccolto 2022, mentre al nord Italia, come rileva una recente inchiesta di Terra e Vita, la maggior parte ritiene che sia bene vincolare a un contratto almeno il 30% del raccolto. Ma a quali prezzi?

La fiammata dei prezzi non durerà a lungo

Gli esperti di mercato sono concordi nel ritenere che se i raccolti nel mondo ritorneranno “normali” (ricordiamo che è la scarsissima produzione canadese e degli Stati Uniti la causa delle quotazioni stellari del 2021), il prezzo del grano duro 2022 si manterrà su valori tra 300 e 350 euro a tonnellata.

Dunque è su queste previsioni di prezzo che si stanno muovendo tutti gli attori della filiera, compresa Barilla che ha rilanciato la formula “Cap & Floor”: si fissa un prezzo minimo di 300 euro/t e un prezzo massimo di 400 euro/t, considerando anche le premialità; e se il valore di mercato scende sotto il minimo (“Floor”) all’agricoltore viene corrisposto il prezzo di 300 euro più le premialità, mentre se il prezzo sale sopra il massimo contrattuale (“Cap”), vengono riconosciute 400 euro/t più le premialità.

La filiera Granoro Dedicato di Corato (Bari), che ha contratti in essere per 200 mila quintali di grano duro, li ha invece confermati tutti, prevedendo un prezzo minimo ma non un prezzo massimo. Cioè il prezzo massimo è quello indicizzato alle quotazioni del mercato di Foggia, più le premialità.

Non andare sul mercato da soli

Marco Caliceti, che coltiva 80 ettari a cereali nella pianura bolognese, dice: «Il contratto di coltivazione ai prezzi di oggi può sembrare poco conveniente, ma ricordiamoci che per tanti altri anni è stato un’àncora di salvezza per i nostri bilanci. Non mi affido alla vendita libera. Il contratto con Barilla garantisce il ritiro del 30% della produzione a prezzo concordato e il restante 70% si può vendere liberamente o anche in base ad accordi presi con centri di stoccaggio. Il mio consiglio dunque è di non mettersi sul mercato da soli, perché azzeccare il momento buono per vendere, non riesce quasi mai».

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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