Grano duro e mais in crisi, le semine diminuiranno

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Il 2024 si sta rivelando un’annata ben peggiore di quella della grande siccità, con situazioni che non si erano mai viste, ovvero le produzioni ridicole (anche 3-4 ql/ha) di grano duro al sud e le continue risemine del mais al nord, che porteranno a rese che non copriranno i costi e lasceranno le stalle senza trinciato. Il contoterzista del lodigiano Paolo Montana qualche giorno fa ci diceva che a fine luglio ha seminato un mais da 80 giorni nella speranza di ricavare un po’ di trinciato, non nascondendo le preoccupazioni anche per il prossimo autunno che, se sarà piovoso, metterà in crisi sia le ultime raccolte sia le semine dei cereali vernini e dei miscugli foraggeri.

Nel video qui di seguito mostriamo Montana mentre semina un mais da 80 giorni per la produzione di trinciato.

Senza contare che i terreni, al di sotto della zona di espansione dell’apparato radicale del mais, si presentano costipati all’inverosimile e richiederanno almeno una discissura profonda, con un ulteriore aggravio dei costi. Ecco come si presentavano i terreni del cremonese dopo le piogge torrenziali di quest’anno (le immagini sono di Pier Oggini):

Il terreno dopo le alluvioni di questa primavera con effetti devastanti sulla struttura e sulla fertilità (foto di Pier Oggini)

Addio alle rotazioni tradizionali al sud. Si punta su orzo, avena e leguminose

«La siccità di quest’anno ha rappresentato il colpo di grazia», ha detto Rino Nardulli, presidente della Cooperativa agricola Silvium Giovanni XXIII di Gravina in Puglia, in un’intervista rilasciata a Terra e Vita. «Abbiamo stoccato solo 90mila quintali di grano duro da macina, meno della metà rispetto al 2023, che comunque non era stata un’annata favorevole. La qualità è buona, con peso specifico 79-80, proteine oltre il 12,50% e assenza di bianconatura, ma le rese medie sono state davvero basse, 10 q/ha e anche meno. In diverse aree hanno raggiunto appena 3-4 q/ha e parecchi agricoltori hanno preferito non mietitrebbiare, visto che non avrebbero ricavato neanche il necessario per pagare il contoterzista. Solo nelle zone interne, con altitudine sui 400-450 m, le rese medie sono state di circa 20 q/ha».

«Numerosi soci sono scoraggiati e sostengono che a novembre non semineranno più grano duro», prosegue Nardulli. «Parecchi adesso stanno pensando, per la prossima annata, di avviare o completare una rotazione biennale costituita da cereale minore e leguminosa, poi vedremo… L’orzo e l’avena sono cereali più rustici, infatti hanno resistito meglio alla siccità e garantito rese più elevate, inoltre hanno prezzi più alti, perché l’offerta è abbastanza scarsa. Le leguminose hanno registrato quest’anno rese basse per la siccità, ma non tanto disastrose come il grano duro, e poi hanno prezzi di mercato più accettabili».

Grande delusione per il mais al nord

Per il mais al nord Italia la situazione non è migliore, soprattutto nelle aree più vocate come le provincie di Lodi, Cremona, Brescia e Mantova, dove sono poche le aziende che manterranno le loro medie produttive.

Un caso, molto frequente quest’anno, di una spiga di mais che una volta aperte le brattee, mostra ben poche cariossidi (foto di Gianni Sposato)

Il sentore che si ha, ascoltando la delusione per un’annata disastrosa, è che il mais in Pianura padana continuerà a diminuire la superficie occupata, a favore di colture meno onerose e più resilienti. Si prospetta quindi un aumento delle superfici a erba medica, a miscugli foraggeri, a cereali vernini e per la primavera si vedrà, ma certamente il sorgo potrebbe sostituire una buona quota di mais, così come potrebbe aumentare la superficie seminata a soia.

Piani colturali da ripensare e operazioni in campo da semplificare

Le ultime annate, con andamenti climatici opposti ma estremi, stanno sconvolgendo i piani colturali collaudati da anni, mettendo gli agricoltori di fronte a scelte difficili, dal momento che l’andamento climatico diventa sempre più imprevedibile. Ormai non possiamo più contare su quattro stagioni con andamenti più o meno simili da un anno all’altro, come è accaduto per decenni (anche se nel passato ci sono sempre state sporadiche eccezioni). Oggi invece non si può più fare programmi a breve scadenza e questo mette sempre di più in crisi chi lavora a cielo aperto.

Oltre a una rivisitazione forzata degli avvicendamenti e della scelta delle colture, è importante che l’agricoltore si attrezzi, in proprio o con i contoterzisti, per poter effettuare le lavorazioni e le semine con sempre meno passaggi in campo, dato che le finestre utili di lavoro si fanno sempre più ristrette e i costi non consentono più di tirare la terra come la superficie di un tavolo da biliardo.

La minima lavorazione diventa indispensabile per poter preparare il letto di semina in tempi stretti.
La semina diretta dei cereali vernini consente in un’unica operazione la preparazione del letto di semina e la deposizione del seme e del fertilizzante, consentendo notevoli risparmi di tempo e di costi.

Cover crops sui terreni scoperti

Infine raccomandiamo, sui terreni che rimarranno scoperti durante l’inverno, di seminare sempre una cover crop, che svolge le seguenti importanti azioni agronomiche a favore di un aumento della fertilità globale del terreno:

  1. Riduce la densità delle erbe infestanti.
  2. Riduce l’erosione del suolo.
  3. Migliora la qualità del suolo.
  4. Riduce al minimo la perdita di nutrienti.
  5. Aumenta l’infiltrazione e lo stoccaggio dell’acqua e riduce il rischio di siccità a breve termine.
  6. Riduce l’incidenza delle avversità colturali.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Un commento

  • Leonardo

    5 Agosto 2024 at 4:57 pm

    Tutto molto vero, ma anche la minima lavorazione si sta rilevando un problema, nonostante l’utilizzo delle cover crop. Quest’ultime infatti non riescono sempre a controllare efficacemente insetti e malattie fungine, rendendo necessario ( e a volte non basta ancora ) l’utilizzo pesante di agro farmaci. Per di più c’è da contare anche la variante animali selvatici ( uccelli, cinghiali ecc ) che con la minima vanno in cerca di insetti e vermi che si trovano in superficie. Sono un gran sostenitore della minima, ma anche lei si sta rivelando problematica in certe situazioni

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