Le previsioni dei sementieri: “Andrà giù una marea di grano e orzo”

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Gli agricoltori italiani non si smentiscono mai e anche quest’anno in maggioranza semineranno la coltura che ha goduto del migliore ultimo prezzo di mercato. Nel 2022 i prezzi dei grani, tenero e duro, e dell’orzo sono stati molto buoni, e anche se le produzioni in alcune aree sono state scarse, nel prossimo autunno saranno sempre meno i terreni a disposizione delle colture primaverili di prima semina. Questa almeno è la previsione che fanno le società sementiere, alle prese con una forte richiesta di sementi certificate dei cereali vernini, senza contare poi di tutto il seme autoprodotto in azienda che andrà seminato. Ma sarà poi una scelta vincente quella di puntare tutto sui cereali vernini?

Dobbiamo equilibrare le scelte colturali

Non c’è dubbio che la crisi idrica si riproporrà anche nei prossimi anni e quindi colture come il mais sono a rischio, ma dobbiamo attrezzarci in qualche modo, perché non posiamo pensare di aumentare ancora le importazioni di mais, che sono già prossime al 50% del nostro fabbisogno. Lo stesso discorso vale per la soia, che importiamo per il 73% dei nostri fabbisogni.

Certamente importiamo anche grano tenero, duro e orzo, e allora cosa dobbiamo fare? Un paese così drammaticamente esposto sul mercato non può far altro che cercare di non sbilanciarsi troppo, evitando di puntare tutto su un gruppo di colture a scapito di altre, indipendentemente dal corso dei prezzi di mercato.

Scelte guidate dall’agronomia più che dai mercati

Il mercato, peraltro, è assai difficile da decifrare: poco prima di Ferragosto abbiamo assistito a un forte decremento dei prezzi rispetto a giugno, col -19% degli olii vegetali e il -11% dei cereali.

Quello che deve guidare l’agricoltore nelle sue scelte deve essere prima di tutto un progetto agronomico, dove non c’è dubbio che l’alternanza delle colture rimane il punto chiave vincente per la maggior parte delle aziende. E questo nonostante anche per il 2023 sia sospeso l’obbligo di rotazione e sia consentito seminare sui terreni a riposo.

Poi le eccezioni possono sempre esserci: per esempio, aziende con qualche decina di ettari che sfrutteranno la deroga summenzionata per seminare tutto mais o tutta soia.

Lo spettro della carenza irrigua anche nel 2023

Sullo sfondo rimane comunque il grosso problema dell’irrigazione. È chiaro che coloro che quest’anno sono stati costretti a irrigare solo la metà dei terreni per la scelte consortili, probabilmente opteranno per aumentare la superficie a cereali vernini tenendosi buona l’opzione di una eventuale semina di secondi raccolti, se l’andamento stagionale sarà migliore di quest’anno. Ma chi ha potuto irrigare o si attrezzerà per irrigare ancora meglio, non dovrà rinunciare al mais e/o alla soia di prima semina, che rimangono una coltura strategica per il nostro made in Italy.

In primo piano un campo di mais che non ha potuto ricevere acqua a causa delle restrizioni imposte dai consorzi di bonifica e quindi è stato raccolto anzitempo, mentre sullo sfondo lo stesso mais che ha potuto contare sull’acqua irrigua è in un buono stato vegetativo.
A destra un terreno destinato a un secondo raccolto, lasciato incolto a causa dello stop all’erogazione di acqua irrigua da parte degli enti territoriali.
Quest’anno l’irrigazione del mais con la manichetta ha fornito ottimi risultati ovunque. Per chi dispone di pozzi aziendali è certamente l’opzione più interessante per i prossimi anni, dato che l’emergenza climatica si farà sempre più forte.

Alla politica però una raccomandazione: introducete almeno un aiuto accoppiato al mais nella Pac 2023 e consistenti sostegni per ammodernare la rete irrigua e la distribuzione aziendale con sistemi a pivot (dove i campi lo permettono) e con la manichetta. Fatti, e non chiacchiere, servono alla gente dei campi.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Un commento

  • Francesco Zaccaria

    18 Agosto 2022 at 9:37 am

    Penso personalmente che le problematiche dei territori italiani siano molto diverse, e quindi andrebbero affrontate singolarmente. La cosa che accomuna tutte le aziende italiane sono i costi di produzione altissimi e vista l’incertezza dei mercati con i prezzi che oscillano velocemente al ribasso penso che un’azienda agricola avrà serie difficoltà a programmare ciò che dovrà produrre dal grano duro al mais alla soia ecc.un saluto Francesco Zaccaria agricoltore

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