Roberto Bartolini29 Marzo 20215min7632

Le “cose” sulla terra ci sovrastano, il modello produttivo va cambiato

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Un team di ricercatori israeliani ha fatto una scoperta sensazionale: tutte le cose “artificiali” sulla Terra fatte dall’uomo pesano 1,1 teratonnellate (1 teratonnelata vale mille miliardi di tonnellate), superando di poco il peso della biomassa, cioè il complesso di tutti gli esseri viventi, anch’esso prossimo a 1,1 teratonnellate. Il fatto è grave perché agli inizi del Novecento, cioè nel secolo scorso quindi non tanto lontano, le “cose” fatte dall’uomo valevano appena il 3% del peso degli esseri viventi.

Noi pochi umani abbiamo ingolfato la terra

Se poi guardiamo da che cosa è composta la biomassa vivente, notiamo che il nostro è il pianeta dei vegetali, che costituiscono il 90% della biomassa vivente, seguiti da batteri, funghi e animali. Noi umani quindi contribuiamo solo per lo 0,01% alla biomassa globale e pesiamo meno dei batteri, ma abbiamo riempito il pianeta delle nostre “cose” artificiali.

Gli scienziati hanno le idee chiare: senza una rapida inversione di rotta da parte di tutti attraverso nuovi modelli produttivi e una drastica riduzione degli sprechi e del consumo di terra, la massa delle “cose” continuerà a raddoppiare e nel 2040 raggiungerà la cifra insostenibile di 3 teratonnellate.

Il patrimonio naturale del pianeta è ai minimi termini

Il patrimonio naturale del pianeta Terra dall’avvento dell’agricoltura a oggi in circa cinquemila anni si è dimezzato, passando da 2 mila miliardi di tonnellate a poco più di 1. Dunque l’umanità è diventata la forza dominante nel modellare l’aspetto della Terra, concludono i ricercatori israeliani.

Il cambio di passo è già stato implementato dai manager

Di questo disastro oggi, finalmente, ci si rende conto a livello globale, tant’è che la maggior parte dei leader delle aziende produttrici di beni (le famose “cose” di cui si parlava poco fa) ha posizionato al primo posto della loro strategia operativa il cambiamento climatico e la sostenibilità ambientale. L’attenzione verso queste due tematiche è infatti diventata priorità per il cittadino-consumatore e per la società tutta, che è alla ricerca con crescente intensità di prodotti e di servizi caratterizzati dalla componente “green”. Questa rivoluzione copernicana del nostro modo di produrre e di vivere già in rapido movimento, coinvolge direttamente anche i nostri imprenditori agricoli che verranno investiti (o meglio già lo sono) dalla transizione ecologica e digitale.

Gli agricoltori devono ascoltare le richieste dei consumatori

Ma sono ancora molti coloro che accusano la transizione ecologica di portare una riduzione dei loro redditi e perfino alla carestia, come ha sottolineato di recente Angelo Frascarelli su Terra e Vita. Ma allora la transizione ecologica e digitale è una moda, uno slogan? Niente affatto: è il nuovo modello a cui si deve guardare.

Cosa chiedono i consumatori

La risposta infatti è nelle aspettative dei cittadini-consumatori che, come abbiamo indicato poche righe fa, hanno già manifestato una direzione chiara e netta nelle loro preferenze, che premia la sostenibilità ambientale e il connubio cibo-salute, i modelli sani di vita, gli ecosistemi e le informazioni sui metodi di produzione e sull’origine dei prodotti.

Chi rimane ancorato al passato non ha futuro

Dunque la transizione ecologica e digitale è un cambiamento strutturale inevitabile e il mercato va in questa direzione. Gli agricoltori se ne devono rendere conto in fretta, senza tentennamenti, mettendo in campo innovazione tecnologica e tracciabilità delle produzioni, perché sono i cittadini-consumatori che guidano l’economia e quindi decidono se un’impresa agroalimentare o agricola deve continuare a sopravvivere o meno.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


2 commenti

  • Giuliano

    30 Marzo 2021 at 8:00 pm

    Fosse vero che i consumatori premiano la sostenibilità ambientale e il connubio cibo-salute, i modelli sani di vita, gli ecosistemi e le informazioni sui metodi di produzione e sull’origine dei prodotti la frutta proveniente dall’estero rimarrebbe invenduta, ed invece… Forse bisognerebbe informare i consumatori che i prodotti agricoli italiano sono i più sostenibili d’Europa, perchè non dite questo? Grazie.

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  • Arnoldo

    3 Aprile 2021 at 10:28 am

    Articolo all’insegna del greenwashing.
    La terra ha bisogno di contadini veri, non di droni, informatica e OGM sotto falso nome.

    Rispondi

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