Roberto Bartolini2 Agosto 20245min34952

Le mellifere sostituiranno il grano duro in sud Italia?

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È un pessimismo diffuso, quello che si percepisce attraversando le campagne aride e sempre più simili a un deserto della Sicilia. Ma anche in Calabria, Basilicata e Puglia c’è grande sconforto per un’annata assolutamente negativa, con produzioni di qualche quintale all’ettaro di grano duro, quando va bene.

Qualità alta, ma l’industria non la valorizza

Gli storici granai italiani soffrono all’inverosimile (sono in tanti quelli che non hanno nemmeno messo in moto le mietitrebbie), ma la qualità di quel poco grano duro che si è portato a casa è altissima, con indici proteici molto elevati. A questo proposito, dobbiamo ancora una volta riscontrare l’atteggiamento di alcune industrie di trasformazione che continuano a non valorizzare il prodotto italiano, anche quando è di alta qualità, preferendo quello di importazione. Tanto è vero che in tutto il mondo si stanno ampliando le superfici a frumento duro.

A destra un terreno arato, mentre sul campo in primo piano trebbiato si nota una quantità molto esigua di paglia, sintomo di un numero molto basso di piante per metro quadro.

Aumenta l’import di grano turco

Per fare un esempio, l’Italia è il principale porto di approdo del grano duro turco: se nel 2020 il grano turco rappresentava solo l’1,4% delle nostre importazioni, nel 2023 la percentuale è salita al 13,6% e quest’anno probabilmente aumenterà ancora. Evidentemente la tenuta del mercato è a rischio e, se non si correrà ai ripari per convincere i trasformatori a valorizzare la produzione italiana di qualità, il futuro del grano duro in Italia è a rischio di estinzione. Eppure si continuano a fare tante chiacchiere e nessuno prende provvedimenti.

In Sicilia non piove da 12 mesi

La situazione più critica è in Sicilia, dove ci sono state produzioni molto scarse non solo di grano duro, ma anche delle colture leguminose tipiche del territorio, quali veccia e trifogli. Non piove da quasi un anno nella maggior parte degli areali siciliani e, a parte qualche azienda agricola che ha a disposizione fonti irrigue, il resto dell’agricoltura siciliana soffre e spera nelle piogge di settembre per procedere alla lavorazione dei terreni. La situazione è drammatica anche per i diversi pascoli che caratterizzano il centro dell’Isola.

Seminare le mellifere e incassare il contributo

Quest’anno il contributo per le mellifere è stato molto elevato, oltre 700 euro all’ettaro, e anche se nel 2025 diminuirà per effetto dell’aumento della superficie seminata con le mellifere, rimarrà sempre più conveniente che seminare il grano duro. Questo è il ragionamento che contraddistingue i dialoghi tra gli operatori della regione. Lo stesso discorso vale per le altre regioni del sud Italia. In Basilicata le produzioni medie sono di 10-15 quintali di grano duro per ettaro e con il prezzo di mercato attuale è quasi impossibile la copertura dei costi di produzione.

Anche in Basilicata le produzioni medie di frumento duro non hanno superato i 15 quintali per ettaro.

Frumento ibrido, leguminose e cereali

Qualche azienda con un atteggiamento più propositivo ha differenziato dal grano duro, con orzi e frumenti teneri ibridi che si sono confermati un’assicurazione per produrre quantità di granella anche nelle condizioni più difficili. Lo stesso vale per chi ha puntato su colture leguminose e altri cereali minori, differenziando il rischio d’impresa.

Nel centro Italia la situazione è migliore

Man mano che si risale lo stivale, la situazione migliora grazie alle riserve idriche apportate nei mesi che hanno preceduto la maturazione del grano. In Abruzzo i frumenti duri e teneri hanno prodotto in quantità e qualità a seconda dei terreni e delle varietà, con un contenuto di proteine superiore all’annata precedente. Lo stesso dicasi per la Toscana, l’Umbria e le Marche, anche se il 2024 non sarà un anno di produzioni da record.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


2 commenti

  • Anna

    3 Agosto 2024 at 11:25 am

    Come da lei evidenziato in un altro articolo il rischio di incendi nelle mellifere fino al 30 settembre è elevatissimo
    Dovrebbe essere definito dal legislatore un tempo di permanenza in campo non oltre il 30 giugno, e poi sfalciare,

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  • Vincenzo

    4 Agosto 2024 at 3:12 pm

    Sono d’accordo a seminare Mellifere e percepire un contributo di 700€ per ettaro

    Rispondi

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