Le priorità per l’impresa agricola che vuole rimanere sul mercato

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Non c’è dubbio che le imprese agricole si trovano in questo periodo ad affrontare una situazione economica difficile, ma bisogna ribadire ancora una volta con chiarezza che ci sono molte aziende che oggi, anche in momenti molto complicati, continuano a produrre reddito. E stiamo parlando di “autentiche” imprese agricole: chi vuol intendere, intenda!

Non aspettate la politica

Queste imprese, anche molto diverse tra loro per dimensioni e settori produttivi, hanno tutte almeno una cosa in comune: non hanno aspettato la politica (Pac, Psr, Ismea, eccetera), ma hanno identificato le loro priorità aziendali, concentrandosi su tre parole chiave: innovazione, mercato e organizzazione aziendale.

L’innovazione più importante: conoscere di più l’ettaro coltivato

Per quanto riguarda l’innovazione, quella più importante oggi è l’intensificazione sostenibile, cioè produrre di più e con più sostenibilità ambientale. Non con più capitali, più concimi, più agrofarmaci, più trattori per ettaro; bensì con più conoscenza per ettaro, cioè con più numeri a disposizione sui quali fare le scelte successive.

È chiaro che l’innovazione più promettente in questo campo è l’agricoltura di precisione, che non significa solo andare diritto grazie al satellite installato sul trattore, ma prima di tutto conoscere a fondo punto per punto il proprio terreno e anche le proprie produzioni, come quantità e come qualità, sempre punto per punto.

Le mappe sono la chiave per conoscere bene l’ettaro

Le cosiddette mappature del suolo e delle produzioni offrono all’agricoltore la fotografia esatta delle potenzialità reali dei propri appezzamenti, permettendogli di impostare finalmente in maniera razionale i successivi piani di lavorazione, di semina, di concimazione, di diserbo e di irrigazione.

È chiaro che, dove le mappe certificano che i terreni sono migliori e danno già più prodotto, si faranno scelte sui mezzi tecnici diverse rispetto agli appezzamenti che presentano dei limiti oggettivi e dove forse conviene investire meno.

Tutto questo si traduce in un uso più oculato, mirato e razionale dei mezzi di produzione. Sul mais, per esempio, l’applicazione di questi concetti consente, in media, un aumento di almeno 100 euro/ha per la produzione di granella, un risparmio di 30 euro/ha sui tempi e costi delle macchine e di 44 euro/ha sull’acquisto dei mezzi di produzione. Ma c’è chi fa ancora molto meglio di così.

L’Unione europea non garantisce più nulla sui prezzi

Poi c’è il mercato. Angelo Frascarelli dell’Università di Perugia afferma che l’Unione europea non garantisce più nulla sui mercati, che dipendono esclusivamente da domanda e offerta e da chi specula, nel lungo e nel breve periodo.

Quindi non si può fare altro che accettare una situazione di estrema volatilità dei prezzi delle commodity, che con ogni probabilità durerà anche nei prossimi anni. Quindi l’agricoltore deve saperci convivere, magari percorrendo la strada dell’organizzazione e della collaborazione tra più soggetti, come hanno già fatto da tempo Francia e Germania, oppure facendo la filiera corta in modo da dare più valore ai propri prodotti.

Fare bene i conti è la cosa più importante, ma non è scontata

La terza parola è l’organizzazione aziendale, che vuol dire dare importanza a concetti come il profitto. Il profitto deve essere la stella polare verso cui indirizzare le decisioni dell’impresa. Sembra ovvio ma non è così, perché purtroppo tanti imprenditori non sanno qual è il loro profitto, pur lavorando sodo e per tante ore nei campi e in stalla.

Ma il duro lavoro purtroppo non basta più, perché occorre fare bene i conti e questo significa aggiungere del lavoro in più, ma che è fondamentale per capire dove si può migliorare nell’organizzazione aziendale. Per fare i conti occorre un monitoraggio quotidiano di tutto quello che si fa in azienda, annotando sul proprio computer ogni minimo particolare.

Un esempio significativo viene dall’Allevatore dell’anno

Pensate che l’ultimo riconoscimento di “Allevatore dell’anno” della rivista Informatore Zootecnico è stato assegnato a Paolo Faverzani, conduttore di un allevamento da latte a Stagno Lombardo (Cremona) che, grazie all’aiuto di un software gestionale messo a punto dall’Università cattolica di Piacenza, ottimizza l’uso dei suoi foraggi rapportandolo al costo della razione.

È dunque evidente che le prima cosa da fare è l’inserimento nei fogli elettronici di una serie di dati, ma il risultato finale è che il famoso parametro IOFC (cioè le entrate al netto dei costi alimentari, quindi il ricavo del latte venduto meno i costi di alimentazione degli animali), ben noto agli allevatori, è passato da 2540 euro a 3006 euro. Tutto questo grazie a un’attenta analisi di ciò che si fa in campagna e modificando le percentuali relative alle superfici dedicate alle diverse colture che compongono l’unifeed.

Questo non è poco: meditate gente, meditate!

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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