L’industria della pasta investe sul grano italiano. Ora tocca agli agricoltori fare la propria parte

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Lo abbiamo scritto tante volte, ma vale la pena ripeterlo ancora: il frumento tenero e duro italiano, da semplice commodity (cioè da materia prima indistinta) deve diventare sempre di più una specialità, con un valore aggiunto costruito sulla qualità legata al territorio italiano, sulla sostenibilità e sui valori salutistici. Così anche una coltura tradizionalmente “povera”, come viene ancora purtroppo considerato il frumento, può conquistare un ruolo da protagonista nello sviluppo del marketing industriale, che sta impegnando a fondo i molini e l’industria della pasta alla conquista di nuovi mercati. Ma solo un patto di ferro tra industria e agricoltura, scritto sulla base di rapporti economici chiari ed equi per entrambe le parti, può permettere questo salto di qualità che è fondamentale per la vita economica di migliaia di aziende agricole.

Facciamo qualche esempio per farci capire.

Il Grano Armando è pronto allo sbarco in Usa

Il Pastificio De Matteis di Flumeri in provincia di Avellino, il quinto pastificio italiano per produzione con un fatturato di 125 milioni di euro e la presenza in 45 paesi del mondo, sta sbarcando in Usa con il partner Walmart, la più importante catena di grande distribuzione alimentare americana, grazie al marchio di pasta chiamato “Grano Armando”. È il cosiddetto marchio “premium”, cioè di alta gamma, e sapete come è fatto? Solo con grano duro italiano prodotto da agricoltori che hanno sottoscritto un contratto di coltivazione con l’assicurazione di un prezzo minimo garantito, che prevede il rispetto di un percorso agronomico di buone pratiche agronomiche che si basano sull’avvicendamento colturale, su una scelta varietale appropriata e su tecniche innovative a basso impatto ambientale, dalla semina alla raccolta.

Il progetto è partito solo da qualche anno, ma interessa già oltre mille aziende agricole di otto regioni (Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Molise, Abruzzo, Basilicata e Puglia) per oltre 12.000 ettari in crescita costante. Un successo commerciale enorme, tant’è che De Matteis è alla ricerca continua di agricoltori desiderosi di impegnarsi su questo percorso produttivo, che garantisce una soddisfazione economica a entrambe le parti in causa e che permette di ragionare finalmente in termini progettuali sulla base di un rapporto di collaborazione pluriennale.

Barilla è a caccia di grano duro sostenibile prodotto in Italia

Il secondo esempio significativo viene dal marchio storico Barilla, che continua a investire sulla valorizzazione del grano nazionale con il progetto “Grano duro sostenibile”, puntando sempre sulle regole d’oro dell’avvicendamento, dell’uso di varietà specifiche e di tecniche agronomiche innovative a basso impatto. I quantitativi di grano sostenibile acquistati nel 2015 da Barilla sono aumentati del 50% rispetto all’anno precedente e lo spazio da occupare è ancora tanto, a patto che gli agricoltori siano più propensi a ragionare in maniera diversa da quella tradizionale, dove l’industria non è mai stata considerata un partner con cui impostare un dialogo costruttivo.

Il prezioso farro dei faraoni diventa una star della tavola

Ma ci sono anche altri esempi di microfiliere, che debbono suscitare interesse e mettere in moto la fantasia dei nostri cerealicoltori. Prendiamo il farro, un cereale che sta godendo di un interesse crescente da parte del consumatore, ideale per occupare le aree marginali e più agronomicamente povere del nostro territorio.

A San Lorenzo in Campo, nelle Marche, l’azienda Monterosso investe tutti i suoi 500 ettari sul farro. In questo caso si tratta di una varietà storica locale di Triticum Dicoccum, la qualità più pura che 5000 anni fa imbandiva le tavole dei faraoni, che ha ottenuto dal Mipaaf un brevetto vegetale battezzato Monterosso Select.

L’azienda produce, lavora e commercializza oltre 5 mila quintali di questo farro distribuito nei negozi specializzati anche esteri. Al farro si alterna girasole, trifoglio e medica. Il farro della Monterosso è disponibile dal chicco alle zuppe alla farina sino alla pasta, con un giro di affari che cresce al ritmo del 15-20% all’anno. Teniamo presente che il mercato estero assorbe oltre il 50% della produzione, con margini di crescita molto interessanti. Altra perla della Monterosso è la “farroteca”, il primo esempio in Italia di ristoro e di incontro per tutti gli appassionati di cucina genuina e raffinata che ha per protagonista il farro.

La conclusione è semplice: i grani, ma anche i cereali minori, sono alleati preziosi del bilancio economico dell’agricoltore, a patto che si mettano in moto fantasia e spirito imprenditoriale insieme alla capacità agronomica e gestionale. Poi il mercato non mancherà di restituire grandi soddisfazioni!

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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