Meno fondi all’agricoltura per dirottarli sull’energia?
L’Europa accelera sull’indipendenza energetica dalle forniture russe di gas e petrolio e vara un piano da 300 miliardi di euro battezzato “RepowerEu”. Peccato però che non si tratti di nuovi finanziamenti, bensì che si vada a pescare negli strumenti già messi a disposizione dei vari Stati membri con una sorta di “partita di giro” con il Recovery Fund.
L’Unione europea, in pratica, dà la possibilità a ogni paese di distogliere oltre il 10% delle risorse messe a disposizione dell’agricoltura (per esempio con la nuova Pac) per dirottarle verso l’autonomia energetica. E poiché l’Italia, insieme alla Germania, è il paese che rischia di più una crisi se le forniture dalla Russia dovessero cessare, e inoltre il governo Draghi ha già messo in campo una serie di misure per essere sempre più autonomi dal punto di vista energetico, è molto probabile che l’Italia si voglia avvalere di questa “partita di giro” finanziario concessa dall’Ue.
Dunque, non sappiamo più da che parte girarci: da un lato mancano le materie prime agricole e quindi si dovrebbero aiutare gli agricoltori a produrre di più salvaguardando l’ambiente, e dall’altro siamo a rischio con la disponibilità di gas e petrolio e allora si accelera sulle nuove fonti energetiche. Ma non si possono finanziare togliendo risorse all’agricoltura!
L’Europa deve darsi una tempistica adeguata
Qui siamo di fronte a una schizofrenia decisionale che ha contagiato tutta Europa, che pur conscia di non poter fare a meno delle risorse della Russia, vuole perseverare nell’immediato taglio delle forniture senza avere il tempo di preparare le alternative. E siamo poi davvero così sicuri che tagliare tutti, ma proprio tutti i ponti con la Russia, sia davvero un buon affare?
Per impostare una nuova politica agricola ed energetica in un contesto di Stati, come in Europa, che hanno caratteristiche e risorse molto diverse occorre un certo tempo, oltre che tanto denaro e tanta capacità manageriale e programmatica.
L’Italia sostenga l’agricoltura
Ci auguriamo che il governo italiano abbia la lungimiranza di non toccare le risorse destinate all’agricoltura, perché i nostri produttori hanno bisogno di certezze e di sostegni per continuare a produrre sul percorso dell’innovazione tecnologica e dell’ammodernamento delle strutture.
I prezzi di mercato continuano a restare elevati
Per fortuna sul fronte dei mercati agricoli i prezzi dei prodotti continuano a mantenersi elevati. Una tonnellata di grano duro costa sui mercati globali 553 euro contro i 300 euro prima della guerra, mentre il grano tenero 342 euro contro 220, cioè il 36% in più. Un “future” sul grano valeva 754 dollari alla borsa merci di Chicago a fine febbraio e due giorni fa il prezzo era di 1267,45 dollari al bushels (1 bushel equivale a 27,6 kg).
Anche in Italia si sta prospettando una buona annata in vista delle prime raccolte dei cereali vernini, stretta permettendo, visto il caldo africano che sta invadendo il nostro paese.