Minima lavorazione e cover crops, l’accoppiata vincente

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L’imprenditore agricolo Massimo Motti di Orzinuovi (Brescia) da alcuni anni ha sposato una nuova filosofia di gestione del suolo che sta dando risultati eccellenti. Quando Motti afferma che il terreno è il bene supremo per l’agricoltore e quindi va rispettato, sembra che dica una cosa ovvia, ma guardando lo stato dei terreni italiani ci si accorge che non è affatto così. Motti lancia un grido di allarme che va seguito con attenzione.

L’apparato radicale del mais deve aver la possibilità di espandersi in profondità per evitare stress alla coltura, e per questo il terreno non va compattato ma deve risultare ben strutturato.
L’apparato radicale del mais deve aver la possibilità di espandersi in profondità per evitare stress alla coltura, e per questo il terreno non va compattato ma deve risultare ben strutturato.

Terreno, bene supremo per l’agricoltore

Pensiamo infatti a quanti terreni dopo la raccolta delle colture estive e autunnali ci appaiono solcati da profonde ormaie, coperti da erbe infestanti di ogni tipo e da residui colturali grossolani e allagati in più punti quando piove, mostrando segni preoccupanti di compattamento. La terra non va trattata così male, perché poi occorrono ore e ore di lavoro, tanti litri di gasolio e più passaggi in campo, per rendere quelle superfici così malmesse idonee ad accogliere i semi della nuova annata.

Ecco un appezzamento dove il compattamento del suolo favorisce i ristagni idrici e compromette la buona trafficabilità.
Ecco un appezzamento dove il compattamento del suolo favorisce i ristagni idrici e compromette la buona trafficabilità.

Attenzione alle fasi di raccolta

Ma allora non vale la pena di cambiare una buona volta mentalità e cercare di rispettare il suolo sin da quando entrano le mietitrebbie e i rimorchi?

«Il passaggio dei rimorchi sui campi e l’uso di mietitrebbie non dotate di gomme galleggianti – afferma Motti – sono certamente tra i principali responsabili della perdita di struttura dei terreni, ma poi ci dobbiamo mettere anche le arature, le erpicature e via dicendo, che completano l’opera di devastazione. Se si vuole produrre, i 30-35 centimetri di terreno interessato dalle radici delle piante deve mantenersi sospeso, friabile e drenante, e per favorire la buona strutturazione e la formazione di quei canalicoli dove si espanderanno le radici, il segreto sta nell’abbandono delle arature per adottare sistemi di minima lavorazione e di semina su sodo accompagnate dall’uso delle cover crops».

[toggles title=”FOCUS: Minima lavorazione, semina su sodo, cover crops?”]

Le alternative all’aratura: clicca qui per saperne di più su minima lavorazione e semina su sodo.

Cosa sono le cover crops? Clicca qui per leggere il nostro approfondimento.

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Motti quest’anno ha dedicato alcuni appezzamenti a una sperimentazione di cover con miscugli di leguminose, crucifere e graminacee Semfor, realizzata in collaborazione con Condifesa Lombardia Nord Est.
Motti quest’anno ha dedicato alcuni appezzamenti a una sperimentazione di cover con miscugli di leguminose, crucifere e graminacee Semfor, realizzata in collaborazione con Condifesa Lombardia Nord Est.

Strip till e minima lavorazione con CLC

E lo strip-till?

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«Applico strip-till sul mais da quattro anni con ottimi risultati e adotto anche la tecnica della minima lavorazione seguita dalla cover crop, oppure la semina diretta del mais sulle cover l’anno successivo. Quando si imbocca la strada della minima lavorazione, come ho fatto io da quando uso il coltivatore CLC di Kverneland, il terreno anno dopo anno migliora la sua struttura e non è più possibile tornare alle lavorazioni tradizionali, altrimenti si perde tutto quello che di buono si è ottenuto. Cioè la sofficità del suolo, la possibilità di lavorare anche in condizioni di umidità, il buon drenaggio, la ricomparsa della microfauna».

[toggles title=”FOCUS: Che cos’è lo strip-till”]Lo strip-till è la lavorazione a strisce del terreno, nuova frontiera della minima lavorazione. Clicca qui per leggere il nostro articolo dedicato allo strip-till.[/toggles]

Quanto sono utili le cover crops!

Molti sostengono che l’uso delle cover crops si traduce in una spesa inutile. Qual è la sua esperienza?

«Io da alcuni anni sto facendo dei campi prova con diversi tipi di cover, singole o in miscugli, e posso assicurare che si tratta di una pratica molto utile per migliorare ulteriormente la struttura del suolo e mantenerla nel tempo, oltre che far diminuire l’uso dei diserbanti con aumenti di produzione delle colture. La vegetazione delle cover crops ha un effetto soffocante nei confronti delle infestanti e in molte situazioni il risparmio sui diserbi è nell’ordine anche del 50%. Inoltre gli apparati radicali delle cover aprono, lungo il profilo del terreno, una fitta rete di varchi che favoriscono l’espansione delle radici delle colture principali. Per quanto riguarda il costo, se la cover è il frumento, il seme costa 20 euro/ql e ne occorrono 150 kg/ha; e poi serve appena un litro di gasolio».

Facciamo un esempio pratico di successione.

«Raccolto il mais passo con il coltivatore CLC, semino la cover che in primavera devitalizzo con il disseccante, poi eseguo la semina diretta del mais. In pieno campo la produzione di granella in media raggiunge i 165 ql/ha».

Un tipo di cover appena emersa in prova da Motti tra i residui colturali.
Un tipo di cover appena emersa in prova da Motti tra i residui colturali.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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