Premi Pac, dal 2014 al 2020 calo verticale fino al -60%

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Che non si viva di sola Pac era già ben noto da tempo, ma non ci si poteva immaginare un calo così vistoso dei premi Pac in questi ultimi sette anni. Lo rileva un’indagine fatta su quattro tipologie di imprese agricole, pubblicata su Terra e Vita.

  • Azienda con bovini da latte per Grana Padano (135 ettari e 350 vacche)
    • importo Pac 2014: 91.980 euro
    • importo Pac 2020: 44.670
  • Azienda con bovini da carne (46 ettari e 600 capi)
    • importo Pac 2014: 85.184 euro
    • importo Pac 2020: 33.230 euro
  • Azienda con orticole e cereali (100 ettari)
    • importo Pac 2014: 90.335 euro
    • importo Pac 2020: 40.450 euro
  • Azienda cerealicola (45 ettari)
    • importo Pac 2014: 16.874 euro
    • importo Pac 2020: 10.406 euro

Nei quattro esempi aziendali riportati, il calo del premio Pac è compreso tra il 38% dell’azienda cerealicola al 60% dell’allevamento con bovini da carne.

I motivi dei tagli ai premi Pac

Quali sono le motivazioni di questi tagli? Nel 2015 il Mipaaf effettuò un taglio lineare del 35,64% a tutti gli importi di riferimento del 2014, a causa di un massimale nazionale assegnato all’Italia nel 2015 molto inferiore alla somma dei pagamenti effettuati nel 2014. Poi c’è stata la convergenza interna, e così Agea dal 2015 al 2019 ha ridotto ancora il valore dei titoli di entità più alta, per recuperare somme da destinare all’aumento di valore dei titoli più bassi. In seguito si è aggiunta la convergenza esterna, con lo scopo di prelevare risorse dagli Stati che godono di titoli di valore più elevato a favore di quelli che hanno titoli più bassi, dimenticando però che questi paesi hanno anche costi di produzione molto più bassi dei nostri. Infine, Agea nei vari anni ha operato altri tagli lineari del valore di tutti i titoli per finanziare la riserva nazionale.

Per il futuro non si prevedono cambiamenti in meglio, quindi non rimane che augurarsi che i nuovi Psr siano meno dispersivi e più mirati degli attuali alle reali esigenze degli agricoltori. Altrimenti l’innovazione diffusa che dovremo implementare a piene mani nelle aziende, come chiede l’Unione europea e come pretendono i consumatori, tarderà ancora di parecchi anni.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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