Reddito della stalla: c’è qualcosa di più importante del prezzo del latte

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Quello che stiamo per dirvi farà sobbalzare sulla sedia più di un allevatore da latte italiano, ma crediamo che valga la pena di rifletterci un po’ su, perché si tratta di una questione molto seria.

Le analisi dei bilanci sulle stalle da latte della Lombardia negli ultimi anni, ma anche i dati dell’European Dairy Farmers presentati all’ultima edizione della Fiera di Cremona, mostrano come non ci sia alcuna significatività tra il prezzo del latte e l’utile aziendale. A segnalarlo è Michele Campiotti sul supplemento Stalle da Latte al n. 46/2015 dell’Informatore Agrario.

Il prezzo va difeso, ma occorre una buona gestione

In altre parole, ci sono stalle che riescono a percepire 50 euro/100 litri di latte e non riescono a fare reddito e ci sono stalle che con 43 euro/100 litri di latte riescono a generare fatturato. Questo non significa che il prezzo del latte non sia importante e che non vada difeso con forza, ma c’è qualcosa che ha un’influenza ancora maggiore dello stesso prezzo sulla redditività della stalla: si tratta della gestione aziendale, cioè come l’azienda da latte lavora e quanto è davvero capace di trovare strumenti per riconoscere gli obiettivi giusti e di mettersi in discussione per raggiungerli.

Un grafico molto istruttivo

Grafico tratto da L'Informatore Agrario n. 46/2015.
Grafico tratto da L’Informatore Agrario n. 46/2015.

Passiamo ai dati esposti nel grafico pubblicato nel supplemento dell’Informatore Agrario. Il grafico è diviso in quattro quadranti. Partendo dal basso a destra, in senso antiorario vediamo:

  • Quadrante 1: aziende più efficienti che, pur con un prezzo del latte inferiore alla media, generano reddito.
  • Quadrante 2: aziende che hanno sfruttato bene un prezzo del latte più elevato della media e hanno generato un buon reddito.
  • Quadrante 3: aziende che con un prezzo inferiore alla media, sono in perdita.
  • Quadrante 4: aziende che con un prezzo più elevato della media, non hanno generato un utile aziendale.

Il numero di stalle diminuirà ancora

Secondo i dati ufficiali, dal 1997 al 2013 il numero di allevamenti da latte in Italia è sceso da 90.000 a 30.000, ma la produzione di latte commercializzata è rimasta più o meno la stessa e le proiezioni più attendibili indicano che da oggi al 2025 il numero di stalle italiane scenderà sino a 20.000 aziende. La diminuzione è fisiologica e il fenomeno è avvenuto già in altri paesi, primi tra tutti gli Stati Uniti.

Il percorso dell’analisi economica minuziosa

Cosa fare? Molti allevamenti stanno facendo un cammino tecnico validissimo, ma ciò non basta a rendere competitiva la stalla. Campiotti sottolinea come sia indispensabile un percorso economico, senza il quale è impossibile tenere sotto controllo e migliorare complessivamente l’efficienza dell’allevamento.

Senza disporre e capire bene i dati economici e finanziari, la forza competitiva rimane penalizzata e il cambiamento di scenari del mercato fanno sì che per capire se una decisione operativa dell’allevatore è positiva o meno, deve essere valutata economicamente all’interno dell’allevamento.

Un dato del 2015 deve far riflettere: sulla base delle analisi effettuate dal Sata-Lombardia, le aziende da latte con un bilancio negativo dovrebbero essere pari al 64% del totale.

L’esempio di un campione di stalle in Usa

Per concludere con uno squarcio di positività, riportiamo i dati relativi a una cinquantina di allevamenti statunitensi sottoposti a un’analisi della redditività.

Le fecondazioni e le razioni sono uguali in tutte le stalle; tuttavia i livelli di produzione del latte variano da 20 kg/giorno a 33 kg/giorno. I fattori che da soli spiegano il 56% della differenza produttiva sono risultati i seguenti:

  1. Il sistema di accrescimento della manza e l’età al primo parto.
  2. La gestione della mangiatoia (presenza di avanzi e spinta dell’unifeed verso le vacche)
  3. Il numero di cuccette disponibili per vacca in lattazione.

Lo avreste mai immaginato?

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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