Se il suolo è vivo e ha sostanza organica, i nutrienti minerali sono più disponibili

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Ogni volta che si lavora il terreno, si stabiliscono nuovi equilibri tra i nutrienti minerali, la sostanza organica, l’humus e i tantissimi microrganismi che compongono la cosiddetta biosfera. Di questo aspetto bisogna tenere conto nel predisporre un piano di concimazione e, data la complessità dell’argomento, Condifesa Lombardia Nord Est ha dedicato al tema un incontro tecnico organizzato lo scorso venerdì 11 dicembre a Montichiari, con una serie di relazioni che riassumeremo con più articoli.

In questa prima relazione, partiamo dai tre elementi principali – azoto, fosforo e potassio – per capire come e quanto sono disponibili per le piante, secondo Mauro Agosti del servizio tecnico di Condifesa.

Il potassio è il più disponibile nel suolo

L’elemento che ha la mobilità e la dinamica più semplice nel terreno è il potassio (K), che presiede all’accrescimento cellulare e regola il bilancio idrico delle piante, e infatti la maggior parte dei nostri suoli ne è dotato con sufficienti quantità. In ogni caso è bene tenerne d’occhio il livello, attraverso le analisi periodiche del suolo.

Fosforo e azoto sono condizionati dalla sostanza organica

La disponibilità per le piante del fosforo (P), un costituente essenziale dei tessuti vegetali, è già più complessa ed è più strettamente connessa alle condizioni del suolo. Il fosforo legato alla sostanza organica del terreno diventa infatti disponibile per le colture solo quando la sostanza organica si degrada. Ecco una prima indicazione pratica: maggiore è la quantità di sostanza organica del suolo e maggiore sarà la quantità di fosforo a disposizione della coltura.

Poi c’è l’azoto (N), l’elemento più importante per la fertilità, e anche in questo caso maggiore è il livello di sostanza organica del suolo e più azoto sarà a disposizione dei vegetali.

L’importanza dei residui colturali e delle cover crops

Sono i batteri e i microrganismi del suolo che degradano l’azoto nelle forme pronte all’uso per le piante, quindi è fondamentale che il terreno agrario sia vitale, cioè popolato dai microrganismi, che per vivere hanno bisogno di avere a disposizione la sostanza organica della quale si nutrono.

Ecco perché i residui colturali e le cover crops, tra i cardini fondamentali dell’agricoltura conservativa e fonti di sostanza organica per i microrganismi, devono essere presenti sul terreno nei periodi in cui non ci sono le colture principali.

Inoltre le coperture vegetali frenano il dilavamento dei nitrati in falda e recuperano con le loro radici profonde tutti i nutrienti non utilizzati dalla coltura principale, rimettendoli a disposizione delle colture che seguono.

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Attenzione al periodo di transizione

Il passaggio dalle lavorazioni tradizionali ai sistemi conservativi (sodo, minima lavorazione, strip-till e cover crops), sottolinea Agosti, implica un riassestamento nel tempo dei delicati equilibri tra i vari elementi che compongono un terreno, ed è per questo che nei primi anni della cosiddetta “conversione” l’agricoltore deve porre molta attenzione alle tecniche di concimazione e di diserbo, che non possono più essere, nella maggior parte dei casi, quelle tradizionali.

Rimanendo in tema di concimazione, l’aumento dell’attività dei microrganismi utili del terreno, man mano che ritorna vitale, fa sì che aumenti anche la richiesta di azoto, che viene consumato dai batteri che a loro volta degradano i residui e le cover crops. Questo meccanismo può richiedere, nei primi due o tre anni di applicazione dei sistemi conservativi, un aumento delle dosi di azoto da assicurare alle colture nelle prime fasi vegetative, per compensare la quota metabolizzata dai batteri.

Quando poi, negli anni, il tasso di sostanza organica si sarà stabilizzato sul valore del 3% circa, ecco che anche questa quota in più di azoto starter potrà essere risparmiata.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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