Se l’Europa vuole un’agricoltura sostenibile e produttiva, deve togliere i vincoli alla nuova genetica

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La Commissione europea, con la strategia “A Farm to Fork”, imporrà agli agricoltori di ridurre drasticamente e nel giro di pochi anni l’uso della chimica per fornire ai cittadini cibo in quantità, sano, nutriente, di qualità e sostenibile. Saremmo tutti d’accordo con questi princìpi, ma solo se allo stesso tempo la Commissione non facesse orecchie da mercante alle pressanti richieste che provengono dal mondo scientifico, produttivo e industriale per rimuovere quella scellerata sentenza della Corte di giustizia europea del 2018 che assoggetta le piante modificate con le nuove tecniche di miglioramento genetico chiamate Tea (tecnologie di editing del genoma) alle disposizioni restrittive sugli Ogm. Per colpa di questa sentenza, infatti, in Europa non possiamo lavorare con queste nuove tecnologie di miglioramento genetico delle piante che permetterebbero di ottenere in breve tempo varietà e ibridi resistenti ai parassiti per ridurre l’uso degli agrofarmaci, più tolleranti alla siccità o al gelo, meno dipendenti dai fertilizzanti e con caratteristiche nutrizionali diversificate e migliorate e di più elevata qualità.

Cosa deve fare il mondo agricolo

Da oggi tutti coloro che si occupano di agricoltura a ogni livello debbono sentirsi impegnati in una battaglia comune che ha per obiettivo far modificare la posizione negazionista dell’Europa verso i nuovi modelli di miglioramento genetico, che sono i soli in grado di consentire agli agricoltori di perseguire gli obiettivi prioritari indicati dalla stessa Europa. Non è concepibile che consiglio, parlamento e commissione europei non comprendano la differenza palese che c’è tra le piante Ogm e le piante ottenute con Tea, dove l’introduzione delle modifiche mirate nel dna sono del tutto simili a quelle che avvengono in natura.

A questo punto occorre una forte mobilitazione, non solo culturale e tecnico-scientifica, ma soprattutto di piazza da parte degli agricoltori europei, che dovrebbero organizzare periodici sit in a Bruxelles per dare la sveglia alle menti annebbiate dei burocrati e dei legislatori. Affidarci ai nostri politici sarebbe scellerato, dal momento che si tratta di una battaglia che richiede conoscenza, impegno e determinazione e non porta molti voti.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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