Roberto Bartolini14 Marzo 20226min43810

Seminativi, stop al “set aside” e prezzi garantiti dallo Stato

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Per decenni i politici italiani hanno ignorato che si siedono a tavola almeno tre volte al giorno e hanno puntualmente relegato la nostra agricoltura nel dimenticatoio. «Tanto si trova sempre qualcuno che produce in giro per il mondo, che sarà mai, viva la globalizzazione!». Poi un giorno, all’improvviso, scoppia una guerra vicino a casa che coinvolge due paesi, Russia e Ucraina, che ci riforniscono di materie prime alimentari strategiche ed è un terribile risveglio, che odora di carestia. Allora sì che bisogna correre ai ripari.

Il presidente del consiglio Mario Draghi è stato piuttosto eloquente: «La Pac va rivista – ha detto il premier – per arginare almeno in parte le conseguenze della guerra in Ucraina. Accantoniamo, almeno per un po’, il green deal e le “politiche verdi”, che avrebbero comunque portato a una diminuzione di produzione agricola». Così invece il ministro dell’agricoltura Stefano Pautanelli ha elencato le cose da fare nell’immediato: «Occorre incrementare la percentuale dei pagamenti accoppiati per le produzioni più strategiche e consentire ai fini produttivi l’utilizzo delle superfici lasciate a riposo e di tutti i pascoli, introdurre un contributo flat “ex novo” per tutte le superfici agricole utilizzate per ammortizzare gli aumenti dei costi di produzione, incentivare operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito bancario delle imprese agricole, garantire una moratoria alle scadenze dei termini relativi all’indebitamento con istituti di credito o altri operatori, sostenere il potenziamento delle produzioni nazionali e finanziare specifiche misure di sostegno alle filiere più esposte anche con la sospensione degli oneri previdenziali a carico dei datori di lavoro».

Tutto giusto, ma bisogna correre, perché gli agricoltori stanno già mettendo in moto le seminatrici e non aspettano i tempi delle discussioni politiche. Quest’anno le intenzioni di semina suonano le campane a morto per il mais: a causa dei prezzi stellari dei concimi azotati, in tantissimi non lo vogliono seminare e preferiscono optare per la soia. Quindi, se non vogliamo mettere in crisi il nostro paese, occorre che lo Stato garantisca ai maiscoltori, al momento della raccolta autunnale, un prezzo adeguato che compensi i costi di produzione e permetta anche un minimo di guadagno. Poi vanno benissimo i contratti di coltivazione e un aumento degli aiuti accoppiati, ma quello che conta è garantire oggi un prezzo equo per l’agricoltore. D’altronde, siamo in emergenza e perciò occorrono misure eccezionali, altrimenti in pochi semineranno mais.

Lo stesso percorso va imboccato per incentivare la coltivazione di girasole nelle aree collinari e in quelle con scarsità di risorse irrigue.
Abbiamo scritto che il maggiore produttore di olio di girasole è l’Ucraina, che ha ben altri problemi da affrontare più che le semine primaverili, quindi questo prodotto mancherà sul mercato e le nostre industrie agroalimentari se lo devono trovare in casa. Per questo occorre garantire un prezzo equo anche per il girasole.

Un altro punto irrinunciabile è poi l’eliminazione immediata dall’attuale pagamento greening, ovvero dell’obbligo di lasciare incolto il 5% di superficie a seminativo. Analoga decisione dovrà essere presa per gli anni a venire nella nuova Pac 2023-2027 e tutto questo va messo in pratica al più presto.

Subito dopo occorre mettere mano a un piano più organico che renda strutturale per gli anni a venire l’aumento progressivo dell’autoapprovvigionamento per i prodotti strategici come cereali, proteiche e proteoleaginose, per i quali dipendiamo troppo dall’importazione. Ciò significa:

  • programmazione territoriale delle produzioni e degli stoccaggi, con un forte coinvolgimento dei contoterzisti;
  • diffusione delle nuove tecniche agronomiche a basso input e della digitalizzazione, garantendo la presenza di consulenti professionali, pagati dallo Stato, nelle aziende agricole;
  • forte sostegno economico ad agricoltori e contoterzisti per l’introduzione di nuove attrezzature (lavorazione terreno, semina, concimazione e distribuzione agrofarmaci) al posto delle esistenti, capaci di abbassare i costi di coltivazione e di limitare gli impatti ambientali;
  • allargamento dei contratti di filiera sulla base di una seria contrattazione che si basi sui reali costi di produzione degli agricoltori;
  • predisposizione di un piano nazionale per realizzare invasi capaci di garantire risorse irrigue anche nei momenti di forte siccità che ormai è una costante annuale.

Queste, a nostro avviso, sono le priorità ineludibili per poter rendere il nostro Paese sempre meno dipendente dalle crisi internazionali che sono sempre dietro l’angolo.

 

 

 

 

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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