Roberto Bartolini26 Ottobre 20226min27150

Sovranità alimentare, basta polemiche: valorizziamo le filiere italiane

sovranita alimentare

«Metteranno fuori legge l’ananas?» (Laura Boldrini). «Vuol dire che il formaggio Camembert te lo devi portare di nascosto in tasca?» (Sandra Zampa). Sono alcuni dei commenti polemici, al limite del ridicolo, sulla nuova denominazione del fu “Mipaaf”, l’ex Ministero delle politiche agricole, ribattezzato dal nuovo governo Meloni “Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare”. Il concetto a nostro avviso è molto chiaro e interpreta le inderogabili necessità del momento, uno dei più difficili della nostra storia, anche per l’agricoltura.

Un nuovo e forte impegno del governo

In pratica, significa che ci deve essere un nuovo e forte impegno del governo a sostenere i nostri agricoltori, grandi e piccoli, e a difendere le produzioni italiane, accrescendole in quantità e qualità, con l’obiettivo primario di diminuire la forte dipendenza dalle importazioni, in una logica di filiera e di sostenibilità, dove tutti gli attori nella catena del valore devono trarre un equo beneficio economico. Non si tratta quindi solo di continuare a sostenere le nostre produzioni Dop e Igp, ma vuol dire puntare forte sulla crescita delle superfici di cereali, oleaginose, proteiche, eccetera, ovvero le cosiddette commodities, che sono alla base dell’alimentazione umana e zootecnica.

Cosa produrre e per chi

In Italia abbiamo poca terra, quindi dobbiamo valorizzare al massimo tutto quello che produciamo, puntando cioè alla massima qualità, senza trascurare naturalmente la quantità. Prendiamo in considerazione i seminativi: «Oggi abbiamo una grande opportunità da cogliere – ha detto Amedeo Reyneri (Università di Torino) nel corso di un webinar organizzato da Innovation Agri Tour – prodotta dalle nuove richieste esercitate dai consumatori che desiderano acquistare alimenti sempre più specifici, caratterizzati da alti valori sanitari, nutrizionali e di sostenibilità, tracciati al 100% dal campo alla tavola e Made in Italy».

Grano tenero: specializzazione di filiera

Se prendiamo come esempio il grano tenero, notiamo che c’è stata negli ultimi decenni una forte evoluzione dell’offerta agroalimentare, che ha dovuto rispondere alle nuove domande del cittadino-consumatore.

Come si vede nel grafico qui sopra, si è passati dalle filiere di base (grano foraggero, panificabile e biologico) alle filiere specializzate (grano biscottiero, misto bianco, misto rosso, panificabile superiore, di forza e waxy) fino alle filiere avanzate, con richieste ancora più precise che spaziano dal baby food a un prodotto etico-ambientale, ad alto valore nutrizionale e bioproteico, eccetera. Sino ancora alle recentissime filiere dedicate, come quella del frumento monovarietale.

L’evoluzione della domanda di specialità

L’agricoltore che produce seminativi deve considerare attentamente la tabella che segue.

Negli anni novanta l’industria agroalimentare esprimeva una domanda in chiave per lo più tecnologica, che per il grano significa essenzialmente contenuto di proteine e amido. A partire dal 2003 l’esigenza primaria è invece diventata quella sanitaria, che vuol dire massima attenzione al livello di micotossine, e dal 2010 si è aggiunta una priorità identitaria, cioè il consumatore che premia con i suoi acquisti i prodotti al 100% italiani, garanzia di sanità e di alta qualità. Infine, dal 2018 a oggi sono entrati in campo, oltre a quelli già segnalati, anche i valori etici e ambientali.

Le filiere funzionano se anche gli agricoltori guadagnano

È chiaro che, con la guerra in atto e gli sconvolgimenti dei mercati, cresce l’esigenza di aumentare le produzioni, ma dobbiamo farlo senza rinunciare alla qualità e alla sostenibilità. E proprio oggi che i prezzi dei mezzi tecnici sono saliti alle stelle, occorre che tutti gli attori delle filiere ottengano un giusto tornaconto. L’innovazione di prodotto, che sottintende innovazione di processo produttivo (quindi investimenti), va ricompensata con premi qualità e nell’immagine seguente ecco alcuni esempi.

Si passa da un frumento duro nazionale tracciabile, con un premio qualità di 0,5-2 euro/tonnellata, al frumento speciale con un premio da 10-20 euro/tonnellata, sino al frumento della linea eco-sostenibile con un premio che sale a 15-25 euro/tonnellata.

Dove l’Italia è forte e dove è debole

Secondo Reyneri, in Italia possiamo contare su due vantaggi: la grande differenziazione ambientale dalle Alpi alla Sicilia, che ci permette di coltivare tantissime specie, e la grande attenzione alla qualità che distingue l’imprenditore italiano. Ma l’Italia agricola è percorsa anche da due grandi difetti: non sappiamo fare squadra e non riusciamo a far arrivare in campagna (soprattutto alla moltitudine di piccole e medie aziende) la grande mole di innovazione tecnologica necessaria e indispensabile per creare le filiere di valore. Questi difetti sono rimasti intatti nei decenni, da quando cioè sono scomparse le “cattedre ambulanti”.

Oggi soprattutto sentiamo la mancanza di un servizio pubblico di assistenza professionale alle aziende agricole. E sino a che non lo metteremo in campo a livello territoriale, non riusciremo mai a estendere le filiere e la catena del valore delle produzioni agricole.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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