Tinti: “Senza agronomi, non abbiamo futuro”
«Con tutte le carte che dobbiamo riempire, la sofisticata tecnologia meccanica e informatica che dobbiamo mettere in campo e i nuovi percorsi agronomici da implementare per tagliare i costi e aumentare le rese, non è possibile riuscire a cavarsela da soli. Se noi agricoltori non ci mettiamo in testa che è indispensabile pagare di tasca nostra una consulenza agronomica competente, non abbiamo futuro». Riccardo Tinti, 32 ettari a grano, mais e soia a Melara (Rovigo), non ha peli sulla lingua e parla per esperienza diretta molto recente.
Racconta Tinti: «Tre anni fa ho detto ai miei genitori: “Con i costi che abbiamo, non ce la facciamo più. Qui occorre una svolta. Dopo tante letture e numerose partecipazioni a convegni, incontri e webinar, ho capito cosa dobbiamo fare, ma occorre investire. Ci credete?“. La risposta è stata affermativa, così sono arrivate in azienda le prime due attrezzature, l’erpice Kverneland Qualidisc e la seminatrice portata Kverneland DL, perché preparazione del terreno e deposizione perfetta dei semi sono la base della produzione».
Acquistare innovazione non basta
Il passaggio dalla lavorazione tradizionale con l’aratro alla minima non è sempre facile.
«Proprio così. Avere acquistato due nuove attrezzature non basta, soprattutto se non c’è un agronomo esperto che ci affianca nel passaggio da una lavorazione tradizionale a una innovativa, per evitare gli errori dovuti alla inesperienza. È l’agronomo che ci spiega come riprogettare il percorso colturale, perché se si modifica la preparazione del terreno poi occorre modificare tutto quello che segue. Per questo mi sono affidato alla consulenza di Bruno Agazzani».
Come è proseguito il percorso in campo?
«È stato necessario acquistare il rullo cambridge Actiroll e il discissore CLI di Kverneland, perché stiamo vivendo annate con eventi estremi, sia di siccità che di eccessiva umidità, che richiedono interventi specifici sui terreni. Poi ho cominciato a seminare le cover crops, vigna cinese dopo grano e rafano dopo mais e soia, e con i consigli di Agazzani abbiamo ricalibrato sia gli interventi di diserbo che di concimazione. Per tutti i raccolti disponiamo delle mappe di resa, ma sono l’unico qui in zona che le richiede al terzista, e quindi mi vengono forniti dei file grezzi che con Agazzani dobbiamo rendere leggibili. Infine, una volta che dispongo delle mappe di resa, è necessario l’intervento di Agazzani per interpretarle e decidere cosa fare l’anno successivo, nelle zone dove si è prodotto di più e in quelle dove si è prodotto di meno. Quest’anno sul mais devastato da grandine e piogge abbiamo utilizzato due biostimolanti, Siapton e Megafol, che hanno rivitalizzato piante colpite da stress e da asfissia radicale, che davo per morte».
Taglio ai costi e rese in aumento
Con i nuovi percorsi agronomici i costi saranno diminuiti. Le rese come sono andate?
«Il taglio dei costi è stato rilevante e le rese sono aumentate. Prima del cambio di passo, per esempio, con il mais non superavo gli 80 ql/ha, mentre nel 2023 ho prodotto in media 115 ql/ha. Quest’anno, che è stato un anno disgraziato con il grano tenero tempestato, ho prodotto 72 ql/ha con un peso specifico di 76, che è un record! E ora ho in campo una soia seminata su cover di rafano, che ha raggiunto un’altezza incredibile ed è piena di baccelli».
“Basta mais, punto sulle mellifere”
Dunque il cambio di passo positivo c’è stato?
«Certo che c’è stato! Sono soddisfattissimo dal punto di vista tecnico, ma sono fuori dai gangheri per quello che succede sul mercato. In tre anni abbiamo ribaltato l’azienda con ottimi risultati agronomici, grazie a una consulenza competente e alla mia voglia di innovare e di informarmi, ma come la mettiamo con prezzi dei prodotti che non ripagano i costi? Sono talmente arrabbiato che ho preso una decisione drastica: nella prossima campagna al posto del mais seminerò, su un terzo della superficie cioè 10 ettari, un miscuglio di mellifere. Mi sono stancato di fare tanti sacrifici per nulla. Il mais costa troppo!»
Anche la semina delle mellifere ha un bel costo e non è detto che il premio Pac lo ripaghi.
«Il seme e le operazioni colturali comportano una spesa di circa 350 euro/ha e temo che il premio nel 2025 non sarà più di 750 euro/ha come quest’anno, perché siamo in tanti che pensiamo di seminare le mellifere. Ma non importa, quest’anno ho deciso così, poi nel 2026 vedremo».
Una volatilità dei prezzi fuori controllo
È questo il senso di sconforto che si coglie in campagna, anche da parte di coloro che hanno messo in campo innovazione agronomica e tecnologica. Il nostro governo dovrà decidersi a mettere in campo qualche provvedimento per attutire gli effetti devastanti sui bilanci di una straordinaria volatilità dei prezzi di mercato che ormai va avanti da anni. C’è da augurarsi che la reazione rabbiosa degli agricoltori sia passeggera, perché il nostro paese, importatore di gran parte del suo fabbisogno di cereali e leguminose, non può permettersi di non coltivare tanta buona terra di pianura.
3 commenti
Luciano
28 Agosto 2024 at 12:45 pm
Tinti n1
P.A. TINO
29 Agosto 2024 at 9:48 am
B2B
BENE&BRAVI
Ambrogio
30 Agosto 2024 at 11:58 am
Mi vergogno ad essere Italiano ,la globalizzazione ha consegnato l,economia in mano alle multinazionali.i più arroganti per vie economiche vogliono prevalere su ogni caratteristica economica ambientale di ogni NAZIONE.