Roberto Bartolini4 Gennaio 20215min17661

Coltivare il cardo nei terreni marginali o incolti fa guadagnare 254 euro a ettaro

cardo

Alcune centinaia di ettari coltivati a cardo già da cinque anni in Sardegna, e ora superfici a coltura anche in Toscana, Umbria, Lazio e Campania. Si tratta di un progetto di Novamont, che ha realizzato la filiera innovativa e sostenibile del cardo con l’applicazione del concetto di bioraffineria integrata nel territorio.

Cosa si ottiene dalla coltura del cardo

Del cardo si utilizza sia il seme, da cui si estrae l’olio, sia la biomassa, da cui si ricavano cellulosa ed emicellulosa per bioplastiche. Dall’estrazione dell’olio si ottiene inoltre una farina altamente proteica che può sostituire la soia attualmente utilizzata per alimentare gli animali da latte, nonché molecole attive da utilizzare nel campo della nutraceutica. Gli scarti vegetali derivanti dalla trasformazione possono poi essere utilizzati per far fronte al fabbisogno energetico dell’intero processo industriale.

Un’interessante opportunità di integrazione al reddito

La coltivazione del cardo rappresenta un’opportunità per gli agricoltori, in quanto non necessita di irrigazione e cresce su terreni aridi, abbandonati e rimasti incolti.

Il cardo si raccoglie in agosto e già a settembre comincia a ricrescere spontaneamente. Quindi è l’ideale per ottenere un reddito anche da terreni che normalmente rimangono incolti.

C’è anche il premio dei Psr

Novamont insieme a Coldiretti propone agli agricoltori dei contratti di coltivazione che garantiscono agli agricoltori un reddito netto da spese di 100 euro/ha/anno, al quale si debbono aggiungere il premio derivante dalla misura 10 dei Psr (“Produzione integrata”), che nel caso della Sardegna è pari a 145 euro/ha per cinque anni. Fatti i conti, sono 245 euro/ha/anno netti che arrivano nelle tasche dell’agricoltore.

Il cardo migliora la fertilità dei suoli, cattura la Co2, controlla le infestanti e riduce l’erosione

Anche in vista della nuova Pac, il cardo è una coltura vincente perché favorisce l’aumento della sostanza organica dei suoli e consente anche di assorbire almeno 70 tonnellate per ettaro e per anno di Co2, sottraendola all’atmosfera e dando così l’opportunità all’agricoltore di incassare anche i crediti di carbonio che verranno emessi con la nuova Pac post 2023.

Inoltre, data la sua veloce ricrescita, il cardo in molti ambienti tiene a bada lo sviluppo delle piante infestanti (diserbo solo nell’anno di semina, quindi un anno ogni sei). Il ciclo di crescita e il vigoroso sviluppo della parte epigea e dell’apparato radicale perennante rendono il cardo particolarmente indicato in ambienti a rischio di erosione e desertificazione.

La raccolta annuale della biomassa effettuata nel periodo secco (luglio-agosto) riduce anche i rischi di compattazione del suolo.

Per maggiori informazioni in merito al progetto di Novamont sul cardo, è possibile scrivere una mail all’indirizzo info@novamont.com oppure consultare la pagina dedicata sul sito di Novamont: “La filiera innovativa del cardo“.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Un commento

  • Simone

    12 Marzo 2023 at 3:49 pm

    Buongiorno, posso avere ulteriori informazioni a riguardo della coltura del cardo? Ho una superficie scarsamente utilizzata è vorrei metterla a reddito, si tratta di circa 5 ha.
    Grazie

    Rispondi

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