Agricoltura: glifosate al bando, ma non si fanno controlli sui fanghi di depurazione
Si torna a guardare con preoccupazione alla data del 15 dicembre 2022, quando la Commissione europea dovrà decidere se autorizzare o meno il rinnovo all’uso in campagna del glifosate. La questione non si dovrebbe porre, soprattutto oggi con la necessità di aumentare le produzioni dei nostri seminativi e diminuire il più possibile i costi di coltivazione, ma si sa che la politica è piena di contraddizioni. Dunque si continua a discutere all’infinito sul glifosate, quando da decenni un altro ben più rilevante problema di salute pubblica viene trascurato.
L’economia circolare è utile solo con normative efficaci
L’esplosione dei prezzi dei concimi minerali obbliga a cercare alternative più economiche per fertilizzare i terreni agricoli, soprattutto sfruttando quella che in gergo moderno si chiama “economia circolare”, cioè riciclando al meglio tutto ciò che è un sottoprodotto di scarto. I fanghi di depurazione provenienti dalle acque reflue degli scarichi domestici, industriali e sanitari oggi più che mai sono tornati di grande attualità, visto cosa sta accadendo sul mercato dei fertilizzanti di sintesi.
Un interessante intervento di Giorgio Lo Surdo sull’Informatore Agrario ha cercato di mettere in guardia il mondo economico e produttivo da nuovi facili entusiasmi, perché le normative sui fanghi sono ancora molto ambigue e i rischi per l’ambiente non sono affatto svaniti.
I depuratori in Italia lasciano a desiderare
Bisogna partire dalla constatazione che i depuratori in Italia non sono tutti ugualmente efficienti e ce ne sono parecchi che ricevono scarichi misti, cioè provenienti da abitazioni e simili, ma anche da industrie, ospedali eccetera, quindi occorrerebbe fare delle attente distinzioni.
L’Italia, almeno sulla carta, prevede un rigoroso tracciamento e certificazione degli spandimenti dei fanghi sui terreni agricoli a carico degli organismi gestori dei fanghi, sia da parte degli agricoltori che li ricevono. Tuttavia c’è un grosso problema irrisolto da decenni, messo in rilievo da un rapporto del 2020 di Legambiente, secondo il quale lo smaltimento di oltre il 45% dei fanghi di depurazione (oltre che di tutti i rifiuti in generale) è nelle mani della malavita organizzata.
Le ambiguità normative da sistemare
Inoltre l’ambiguità normativa che non definisce bene il rapporto tra le caratteristiche imposte alla composizione dei fanghi e le caratteristiche dei terreni dove vengono sparsi non fa altro che favorire l’illegalità, esponendo gli agricoltori a pericolosi fenomeni di spandimento abusivo. Dunque occorre che gli organi dello Stato competenti in materia si attivino per definire una volta per tutte i trattamenti cui sono sottoposti i fanghi laddove arrechino reali miglioramenti alla loro composizione per non arrecare danni all’ambiente e alla salute dei cittadini. Le norme e le sanzioni si devono definire, ma poi occorre rafforzare i controlli, altrimenti tutto sarà vano.