Roberto Bartolini25 Settembre 20234min32881

Biogas, quale futuro per gli impianti più vecchi?

biogas

Tra 500 e 1000 sono gli impianti di biogas italiani, per lo più da 1 MW, realizzati tanti anni fa con generosi sostegni e ben poche restrizioni sulle matrici da utilizzare. Ora tutti questi impianti rischiano di chiudere, con l’approssimarsi della fine degli incentivi rappresentati dalla tariffa agevolata. La data di scadenza varia a seconda dell’anno di attivazione e della norma in vigore in quel periodo, ma dato che il boom del biogas si è avuto a inizio millennio, è facile immaginare che nei prossimi mesi per numerosi impianti finirà la tariffa agevolata. Per questi non è al momento prevista alcuna proroga, e con i costi attuali delle biomasse e considerando che gli impianti più grandi funzionano generalmente con colture dedicate, il rischio di non pareggiare i conti è concreto.

Due alternative per la salvezza

Le alternative allo stop sono al momento due: la riconversione a biometano o l’accesso al libero mercato. La seconda opzione è attuabile anche da chi abbia impianti di dimensioni inferiori: gli agricoltori che producono energia sono infatti liberi di venderla al migliore offerente, come per qualsiasi altro prodotto della loro azienda. Stanti i prezzi attuali, è una possibilità concreta: vi sono per esempio alcuni casi, in Italia, di partnership tra biodigestori di matrice agricola e aziende municipalizzate interessate ad acquistare energia elettrica a costi adeguati e con in più la garanzia di provenienza da fonti rinnovabili.

Per quanto riguarda la riconversione a biometano, invece, i problemi non mancano. È vero che nella bozza dei decreti che dovrebbero essere approvati a breve lo Stato è disponibile a finanziare il 40% degli investimenti necessari, ma a pesare maggiormente sono le spese per la purificazione (upgrade) e la compressione del metano, ma anche per il collegamento dell’impianto alla rete nazionale. Si parla di circa 1.000 euro per metro di conduttura, e se consideriamo che alcuni digestori distano chilometri dalla rete del metano, i conti sono presto fatti.

Nelle due tabelle che seguono sono riassunti alcuni aspetti pratici presenti nella bozza del nuovo decreto per quanto riguarda incentivi e tariffe.

Il periodo di incentivazione per biogas elettrico, riservato ad aziende agricole «anche consorziate», è stato prorogato nei successivi decreti Milleproroghe 2020 e 2021 per tutto l’anno 2022 con tariffa comprensiva di 0,233 euro/kWe e ora si attende il FER 2, un decreto sugli incentivi rinnovabili innovative.

Nelle tre immagini che seguono vengono indicati alcuni aspetti presenti nel FER 2.

È interessante notare che in futuro, per l’alimentazione degli impianti vecchi e nuovi, sarà consentito l’uso solo di determinate matrici, che riportiamo nelle due tabelle che seguono.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Un commento

  • Ugo

    10 Febbraio 2024 at 9:38 am

    Come scritto, uno dei maggiori problemi per la riconversione è la connessione alla rete del gas che è ostacolata da problemi burocratici e dalle rendite di posizione delle società (ES:: SNAM) coinvolte. Se un impianto dista 2000 mt dalla portante alla quale deve essere collegato, ad esempio, c’è una bella differenza di costo se in presenza delle condizioni tecniche si concede la possibilità di realizzare il punto di consegna (e compressione) in corrispondenza della “portante”, permettendo di coprire i 2000 metri con una condotta in bassa pressione, o se si impone il punto di connessione a bocca d’impianto e di deve realizzare una condotta di 2000 metri a 70 atmosfere!
    Poi ci sarebbero altre questioni organizzative legate alla disponibilità delle biomasse che è programmabile solo per grandi gruppi (ES;: società di gestione della raccolta dei rifiuti) ed ai costi incrementati dalla speculazione. Su questo tema si potrebbero ipotizzare di meccanismi per stimolare la consegna ad impianti di trattamento di prossimità anche per evitare i costi e l’inquinamento generato dal trasportare biomasse di scarto e/o sottoprodotti per chilometri.

    Sul rinnovo dell’incentivo per l’EE prodotta da biogas, bisognerebbe tenere conto che nel 2012 non esistevano le competenze tecniche diffuse per valutare le qualità tecniche degli impianti che venivano proposti né la scadenza del 21.12.2012 dava il tempo perché il settore dei gestori maturasse l’esperienza. Oggi, chi è sopravvissuto ed ha fatto tesoro degli errori, ha capito le criticità dei propri impianti e sarebbe maturo per aumentare il rendimento. In questo contesto sarebbe importante che le regole che si aspettano da troppo tempo, consentissero un aumento della potenza dei motori e la realizzazione di quei volumi necessari per l’efficientamento dell’impianto, Mi riferisco, ad esempio, alla necessita del pretrattamento per il miglior rendimento delle biomasse, ed alla separazione delle fasi del processo di digestione anaerobica quasi sempre del tutto trascurata dai progettisti degli impianti costruiti prima del 2012. C’è, infatti, una bella differenza in termini di sfruttamento della biomassa e di percentuale di metano nel biogas, tra inserire nel metanizzatore una biomassa pretrattata già idrolizzata ed in fase acida e inserire una biomassa non trattata lasciando che nello stesso ambienti si realizzino le quattro fasi.

    Un impianto con volumi di 2600 mc che oggi produce 6 o 7000 mc di biogas con il 52-53% di CH4, con gli efficientamenti derivanti dall’esperienza, può tranquillamente arrivare a produrne 10.000 con una percentuale di metano del 60% senza che, in ragione del maggiore sfruttamento della biomassa, sia necessario un aumento proporzionale della quantità di alimentazione.

    Non pretendo di dire che ciò che scrivo debba essere “verità di fede”, ma vorrei che il decisore politico e amministrativo, tenesse conto nel fare le norme della necessità di lasciare ai gestori le possibilità di sperimentare le innovazioni di impianto e di processo che ritengono lasciando alla selezione meritocratica il giudizio da esprimere in base ai risultati ottenuti sul campo piuttosto che ai preconcetti pregiudiziali della teoria da ufficio.

    Visto l’andazzo generale del sistema di direzione e controllo vigente, non c’è da farsi soverchie illusione.

    Ringraziando per l’interessante articolo del Sig. Bartolini, cordialmente saluto,

    Ugo Lenzi

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