Roberto Bartolini8 Novembre 20194min10400

Il cece da granella è conveniente solo con gli accordi commerciali

ceci

Cece, fagiolo, pisello, lenticchia: sono le leguminose da granella che il consumatore chiede con insistenza e che l’agricoltore coltiva con sempre maggiore interesse, perché la Pac le sostiene con aiuti accoppiati e perché consentono di coprire le aree EFA del greening, a patto che con si usino prodotti fitosanitari.

In particolare per il cece è avvenuto dal 2011 un vero boom, tant’è che oggi copre oltre 26.000 ettari. Tuttavia questa esplosione ha determinato dal 2018 a oggi un crollo dei prezzi di mercato, passati da 1000 euro/t agli attuali 500 euro/t. Allora conviene ancora puntare sul cece?

«I costi di coltivazioni riferiti a una realtà del centro Italia, su collina non irrigua, si attestano attorno a 942 euro/ha», dice Gabriele Chiodini dell’Università di Perugia, che ha svolto un’analisi economica del comparto del cece. «Con una resa prudenziale di 2 t/ha e con un prezzo medio attorno a 495 euro/t, si arriva a un ricavo di circa 990 euro/t, ai quali vanno aggiunti i pagamenti accoppiati. Alla fine siamo attorno a un reddito lordo totale di 100 euro/ha».

Dunque non rimane molto in tasca all’agricoltore?

«Con i prezzi attuali la situazione per il cece è questa, anche se dobbiamo quantificare i vantaggi agronomici che le leguminose apportano al terreno. Per esempio sulla coltura che segue si risparmiano mediamente 150-200 euro/ha di concime chimico ,oltre ad avere un migliore risultato produttivo finale».

E il cece biologico?

«Le quotazioni in questo caso si sono mantenute più interessanti, attorno ai 650 euro/t, quindi questa può essere una strada da battere. Anche se l’impegno per la coltivazione aumenta».

In conclusione, cosa si può consigliare all’agricoltore che non vuole rinunciare alle leguminose da granella?

«Il comparto rimane estremamente interessante dal momento che la domanda da parte del consumatore cresce ed è verosimile che anche la prossima Pac premierà le proteiche, di cui l’Europa è deficitaria. Il consiglio più importante è quello di sottoscrivere contratti di coltivazione e accordi con centri di stoccaggio e trasformatori, per mettersi al riparo dai crolli di prezzo e per potersi garantire certezza di collocamento e l’apertura di una filiera organizzata».

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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