Roberto Bartolini5 Gennaio 20223min13850

L’agricoltore è disposto a investire per ridurre gli impatti ambientali?

agricoltori

Su un campione di 456 tra agricoltori e contoterzisti che hanno risposto a un questionario formulato dall’Informatore Agrario risulta che il 40% degli intervistati ha effettuato negli ultimi tre anni investimenti per il risparmio idrico, il 55% sul rateo variabile di seme e concime e il 59% ha dichiarato un forte interesse per un parco macchine a basse emissioni.

Circa l’entità dell’investimento nei prossimi tre anni, il 46% degli intervistati ha dichiarato una cifra pari a 10.000 euro e solo il 7,4% è disposto ad arrivare e superare i 100.000 euro. Gli agromeccanici invece dichiarano una disponibilità di investimento compresa tra 100.000 e 500.000 euro, ma c’era da aspettarselo!

Dunque non c’è dubbio che la propensione verso una spesa “green” dell’agricoltore è influenzata in particolare dalla dimensione dell’azienda. Infatti circa il 75% delle aziende disposte a investire più di 50.000 euro sono sopra i 20 ettari, con una netta predominanza delle aziende zootecniche.

Questo è il quadro, che tuttavia va completato dalla domanda se poi l’investimento tecnologico viene utilizzato davvero a 360 gradi per tutto quello che può fare. E su questo punto nutriamo seri dubbi, dal momento che le tecnologie informatiche ed elettroniche non sono tutte semplici e intuitive, e inoltre non tutte sono in grado dialogare con la sterminata gamma di attrezzature oggi sul mercato. Rimane quindi il problema irrisolto di una forte carenza di assistenza tecnologica e agronomica mirata che vada al di là di quella che possono fornire costruttori e concessionari, che più di tanto non possono fare.

Non bastano gli incentivi all’acquisto

Abbiamo detto più volte che se davvero vogliamo che l’agricoltura faccia un salto in avanti in termini di sostenibilità ambientale ed economica, agricoltori e agromeccanici non hanno bisogno solo di incentivi all’acquisto, ma soprattutto di assistenza professionale in campo, attraverso i cosiddetti agronomi-tecnologi condotti, che a livello territoriale nel nostro paese mancano dal dopoguerra. Dunque se Stato e Regioni non dedicheranno ingenti risorse, con un piano ben orchestrato a livello territoriale, alla formazione e all’informazione continuativa di agricoltori e agromeccanici, tanta buona e utile tecnologia sarà presente nelle aziende agricole, ma rimarrà in gran parte inutilizzata. Con buona pace dei proclami che si odono in ogni angolo del pianeta, a favore della sostenibilità e del basso impatto ambientale dell’attività agricola.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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