Roberto Bartolini20 Gennaio 20217min12450

Mais, puntiamo sui precocissimi nelle aree soggette a stress

mais

I terreni difficili da lavorare in tempera dopo le raccolte autunnali e le aree soggette a stress idrici e ad attacchi parassitari, dove è arduo produrre granella sana, sono le destinazioni ideali per gli ibridi di mais precocissimi (il più famoso è il Ronaldinio, ma ne sono seguiti molti altri dopo i suoi successi). E bisogna parlarne perché nelle condizioni colturali sopracitate, che non sono affatto rare in Italia, i mais precocissimi fanno tornare i conti, come sostengono anche i numeri di un lavoro in campo eseguito dal gruppo di Amedeo Reyneri dell’Università di Torino e pubblicato sull’Informatore Agrario.

Quando si semina un mais precocissimo

Il ciclo di coltivazione del mais precocissimo è più corto di circa 45-50 giorni rispetto a un mais di classe FAO 500-700, quindi i mais precocissimi possono collocarsi sia come coltura principale, con semine a fine marzo e raccolta nell’ultima settimana di luglio, oppure come coltura intercalare dopo frumenti e/o orzo, con semina a metà giugno e raccolta verso il 20 di ottobre.

Lo strip-till prepara il letto di semina ideale per accogliere il mais precocissimo sia in coltura principale, anche su residui di cover crops, sia come seconda coltura su stoppie di cereali vernini.

Si risparmia in irrigazione e trattamenti antipiralide

La brevità del ciclo del mais precocissimo permette un notevole risparmio negli interventi irrigui che, nelle prove svolte da Reyneri, si è tradotto in tre interventi irrigui in meno rispetto a un ibrido medio-tardivo. Inoltre si evitano i trattamenti antipiralide, necessari in alcuni casi se si usa il precocissimo come coltura intercalare.

Da notare anche che si risparmiano almeno 100 euro/ha anche per la concimazione, dato l’elevato vigore di partenza dei precocissimi che sfruttano meglio le riserve nutrizionali del terreno.

Con la semina di mais precocissimi si evitano alcuni interventi irrigui, con notevoli risparmi sui costi.

Maggiore densità di semina e interfila a 50 cm

Per minimizzare le differenze produttive rispetto ai mais di ciclo più lungo, con i mais precocissimi è opportuno adottare l’interfila ridotta a 50 cm e fare investimenti sino a 10,5 piante/mq, o anche di più a seconda dell’ibrido prescelto.

La densità di semina e l’interfila stretta sono fattori chiave per rendere convenienti i precocissimi. Le prove di campo dimostrano infatti che, per esempio, a 12 piante/mq e con interfila a 75 cm si producono 125 ql/ha, mentre con interfila a 50 cm si producono 140 ql/ha. Analoghi andamenti si hanno anche con densità di 9,10 e 13,5 piante/mq.

Quanto producono i mais precocissimi

I mais precocissimi, rispetto a quelli con ciclo pieno, producono mediamente il 15-20% in meno, ma sono inferiori anche i costi per irrigazione e difesa, come abbiamo appena visto. Inoltre la maggior parte di questi tipi di mais presentano granella con frattura semi-vitrea che la rende adatta a impieghi per usi alimentari, con la possibilità di sottoscrivere contratti di coltivazione in pre-campagna a prezzi predefiniti e, spesso, anche con premi supplementari.

Cover crops dopo la raccolta

Poiché i mais precocissimi sono indicati soprattutto dove ci sono limiti pedoclimatici o agronomici, se vengono seminati come coltura principale consentono di seminare le cover crops già ai primi di settembre, che è il periodo ideale per ottenere il massimo da queste colture. Che copriranno i terreni durante l’inverno, favorendo la strutturazione degli aggregati, l’assorbimento dei nutrienti rimasti dopo la coltura principale evitandone la lisciviazione, l’aumento progressivo della sostanza organica e la cattura della Co2.

Se si scelgono cover crops gelive come la senape o il tillage radish, che si devitalizzano con il gelo invernale, per la semina nella primavera successiva della coltura principale si potrà operare direttamente su sodo o al massimo su un terreno preparato con un solo passaggio di erpice a dischi.

La senape a novembre.
La stessa senape a fine febbraio, devitalizzata dal gelo invernale.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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