Pac, eco-schema 4 troppo complicato: il ministero deve riscriverlo

ecoschema4-riscrivere

Dopo il primo anno di applicazione della nuova Pac, è emerso che i funzionari del Ministero dell’agricoltura si sono preoccupati soprattutto di specchiarsi ancora una volta nella loro proverbiale capacità di complicare qualsiasi normativa, piuttosto che predisporre un piano strategico efficace per aumentare la nostra capacità produttiva e accrescere la diffusione di percorsi agronomici economicamente sostenibili. Ermanno Comegna sull’Informatore Agrario n. 36/2023 ha esposto una lucidissima e critica analisi di quello che è accaduto quest’anno nell’applicazione dell’eco-schema 4, che riconosce un pagamento a coloro che applicano, almeno in un biennio, sistemi foraggeri estensivi prevedendo la presenza di una coltura miglioratrice o da rinnovo.

Sovrapposizione con le altre misure

La prima e più importante critica evidenziata da Comegna è che l’eco-schema 4 si sovrappone e interferisce con la BCAA 7, cioè con l’obbligo di rotazione sulla singola particella, ma anche con gli interventi del biologico, dell’integrato e dell’agricoltura conservativa del secondo pilastro della Pac, che a loro volta prevedono impegni specifici. La ricaduta pratica è che per ricevere il contributo, data la complessità delle regole e gli incroci tra le varie misure, tantissimi agricoltori hanno dovuto far ricorso a consulenti esterni e a svariate richieste di ulteriori chiarimenti, che il Masaf ha fornito con scarsa celerità e a più riprese nei mesi scorsi.

Gli uffici delle organizzazioni agricole nel caos

Non va taciuta nemmeno, ma questa è una considerazione personale, la manifesta titubanza di molti uffici Pac delle organizzazioni professionali a fornire risposte convincenti ai loro associati e a richiedere con forza chiarimenti in tempi rapidi ai funzionari ministeriali, in una ridda di interpretazioni spesso contrastanti, che ha generato la bellezza di 47 FAQ su “Rete Rurale” per il solo l’eco-schema 4. Ma è mai possibile che si debba arrivare a questa situazione assurda? Situazione che da un lato fa perdere un mare di tempo e di denaro ai nostri imprenditori agricoli e dall’altro finisce per non generare quei benefici agronomici, economici e ambientali che le norme si sarebbero prefissate.

Un successo solo al centro-sud

Nel 2023 gli ettari ammessi all’eco-schema 4 sono stati 3,1 milioni, a fronte di 1,39 milioni previsti, con la conseguenza che l’importo pagabile dai 110 euro/ha previsti è sceso a 48,98 euro/ha. Dunque l’interesse c’è stato, ma soprattutto al centro-sud, con un tasso di adesione superiore al 60%, rispetto al 4% della Lombardia e delle aree zootecniche padane dove la gravosità degli impegni richiesti, soprattutto in materia di difesa delle colture e di rotazione delle colture, ha frenato gli agricoltori.

Una babele di norme per la difesa delle colture

Pensiamo per esempio all’impegno richiesto nelle tecniche di difesa fitosanitaria, con regole differenti a seconda della coltura e con il divieto di utilizzare qualsiasi sostanza attiva su leguminose da granella, da foraggio e sulle altre foraggere. Mentre per le colture da rinnovo è necessario applicare le tecniche di difesa integrata stabilite Regione per Regione o le tecniche di difesa biologica, per le colture depauperanti come i cereali a paglia, l’agricoltore è libero di impiegare le procedure di difesa a lui più congeniali, senza limitazioni. Si tratta di una situazione bizzarra, osserva Comegna, che comporta la coesistenza nella stessa azienda agricola di tre differenti approcci all’uso dei fitosanitari.

L’agricoltura italiana ha l’assoluta necessità di aumentare l’efficienza produttiva in comparti strategici come per esempio quelli del mais, del frumento e delle colture proteiche, aumentando la diffusione dell’agricoltura di precisione e delle tecniche di gestione sostenibile del terreno, che è il vero bene primario per ogni agricoltore. Dunque, meglio sopprimere l’eco-schema 4 come è oggi e indirizzare le risorse verso obiettivi più utili per il nostro paese, semplificando al massimo le regole, che devono essere poche e chiare.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


3 commenti

  • GILDA ZACCARDI

    8 Novembre 2023 at 10:43 am

    GENT.MO
    QUELLO CHGE LEI HA DESCRITTO NON FA UNA PIEGA. TUTTE LE ORGANIZZAZIONI SI SONO ELETTRIZZATE NELL’APPLICAZIONE DELLA NUOVA PAC.
    MA LE SPIEGAZIONI FANTASTICHE CHE HANNO DIVULGATO NELLA REALTA’ SONO BEN ALTRE
    E NON PARLIAMO SOLO IN CAMPO, MA ANCHE NELLE RICHIESTE TELEMATICHE PER GLI AIUTI.
    ANZICHE’ SNELLIRE ABBIAMO NUOVE SOCIETA’ DI CONTROLLO E PAGATE SEMPRE DAI PRODUTTORI,
    MA DOVE VOGLIAMO PORTARE LA NOSTRA AGRICOLTURA?
    SONO DAVVERO DISPIACIUTA , SI PARLA TANTO MA COME AL SOLITO… SOLO PAROLE

    Rispondi

    • Alessandro

      13 Novembre 2023 at 4:19 pm

      analisi corretta cara Signora , convengo in toto con Lei , sindacati ed assciazioni varie + i tecnici del Ministero = 0 , il nulla.

      Rispondi

  • Roberto

    12 Novembre 2023 at 7:23 pm

    Se la maggior parte degli agricoltori dovesse rinunciare alla pace chi ci rimettetebbe di più gli agricoltori o tutto il sistema che ruota intorno a loro per percepire tali sovvenzioni

    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato I campi obbligatori sono contrassegnati


Chi siamo

Nato nel 2014, Il Nuovo Agricoltore è un portale informativo dedicato all’agricoltura, con un occhio di riguardo alle innovazioni tecnologiche. Il progetto è sviluppato da Kverneland Group Italia.


CONTATTACI