Roberto Bartolini28 Febbraio 20246min134076

Pac, eco-schema 5: troppe infestanti tra le mellifere

IMG_9129

L’adesione degli agricoltori nel 2023 all’eco-schema 5, che prevede la semina di miscugli di essenze mellifere e nettarifere, è stato molto inferiore alle attese. La misura prevede la semina di una coltura a perdere con lo scopo ambientale di aumentare la biodiversità e favorire la presenza delle api.

Poche adesioni, elevati contributi

Erano stati programmati contributi per 93.000 ettari, tra colture arboree e seminativi, ma la richiesta si è fermata a 69.000 ettari (ci cui 47.000 per i seminativi e 22.000 per le arboree). Il fatto ha determinato che il contributo incassato nel 2023 dagli agricoltori che hanno aderito all’eco-schema 5 sia stato massimo, sia per i seminativi (659 euro/ha), sia per le arboree (443 euro/ha).

Sul 4% a riposo, disco verde alle mellifere

Quest’anno ci si aspetta che le richieste di eco-schema 5 aumentino, non solo per effetto dell’alto valore di contributi incassati nel 2023, ma soprattutto perché sulle superfici a riposo è possibile seminare i miscugli di mellifere (solo quelle previste dall’elenco pubblicato dal Masaf) e incassare il premio. Ma è tutto oro quello che luccica?

I punti critici da rivedere

Nel corso di un incontro organizzato da Edagricole alla Fieragricola di Verona, Antonio Papaleo del Crea ha ricordato alcuni punti critici legati alla semina delle mellifere, confermati da alcuni interventi degli agricoltori presenti in sala.

Il divieto di intervenire con lo sfalcio delle mellifere prima del 30 settembre provoca un aumento della pressione delle infestanti, con ripercussioni negative sulle campagne successive.

Infestanti

Il problema più grave, evidenziato anche dagli agricoltori che hanno seminato nel 2023 le mellifere, è quello delle infestanti. Nei miscugli ci sono specie che in estate disseccano e lasciano così ampio spazio allo sviluppo delle infestanti che proliferano a dismisura, con ripercussioni negative sia sulla coltura seminata dopo il 30 settembre, sia sullo stesso campo di mellifere, nel caso che l’impegno si protragga per più anni con essenze pluriennali.

Per risolvere il problema basterebbe consentire lo sfalcio estivo, che eliminerebbe le infestanti e favorirebbe il ricaccio delle mellifere, con ulteriori fioriture a favore delle api. Dunque il divieto di interventi meccanici sino al 30 settembre non ha alcuna giustificazione agronomica e per di più crea un danno, perché aumenta la pressione delle infestanti.

Se andiamo a rivedere le FAQ di Rete Rurale dedicate all’eco-schema 5, alla domanda sul contenimento delle infestanti si legge che è consentito il diserbo meccanico. Ora i nostri bravi legislatori ci devono spiegare come si fa a eseguire un diserbo meccanico all’interno di un campo di mellifere.

Miscugli

Un altro aspetto critico è il costo dei miscugli e la difficoltà a reperirli. È vero che il contributo lo scorso anno ha ripagato ampiamente le spese per il costo del seme e della semina, ma se l’adesione degli agricoltori alla misura fosse elevata, il contributo potrebbe precipitare al livello minimo, che per i seminativi è di 250 euro/ha e per le arboree 125 euro/ha. A questo punto c’è da chiedersi se ci si sta dentro con i costi.

Un pericolo non considerato dal legislatore è l’innesco di incendi da parte delle mellifere disseccate in estate.

Incendi

In alcune aree, soprattutto del sud Italia, è stato rilevato come la presenza di queste piante, che è obbligatorio tenere in campo senza alcun intervento né chimico né meccanico sino al 30 settembre, abbia innescato lo sviluppo di incendi quando le piante sono giunte a disseccamento nei periodi estivi.

Tempi stretti

Infine, il vincolo di non eseguire alcun intervento di trinciatura delle mellifere sino al 30 settembre riduce la finestra utile di lavoro per la preparazione dei terreni in vista della semina autunnale della coltura principale che può seguire le mellifere.

La revisione va fatta al più presto

Dunque anche l’eco-schema 5 esige un tagliando di revisione da fare al più presto, ma con l’indispensabile contributo di agricoltori ed esperti. Ricordiamo che l’eco-schema 5 non pone alcun vincolo sulla superficie massima da investire con il miscuglio di mellifere, bensì sulla superficie minima che è pari a 0,25 ettari, con larghezza minima di 20 metri e una distanza di rispetto da 3 a 5 metri da colture limitrofe coltivate.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


6 commenti

  • ENRICO FRAVILI - DR. AGRONOMO

    28 Febbraio 2024 at 12:00 pm

    Mi sembra un articolo ottimo anche in considerazione dello scarso periodo di osservazione a cui è stata sottoposta la misura. Sono valutazioni che anche la nostra Organizzazione professionale, Copagri – Confederazione Produttori Agricoli – ha messo in evidenza fin dall’inizio.
    Grazie e complimenti,
    Enrico Fravili

    Rispondi

  • Pizzolato Gianfranco

    29 Febbraio 2024 at 3:09 pm

    Condivido….Gianfranco Pizzolato

    Rispondi

  • Ferruccio Buson

    29 Febbraio 2024 at 3:16 pm

    Complimenti per la ricerca.
    Non capisco come il progetto degli ecoschemi non abbiano tenuto conto degli effetti in campo.
    Il sistema dovrebbe essere integrato a livello ambientale ripristinando le vecchie BUONE PRATICHE AGRICOLE nel rispetto effettivo de fossati di sgrondo e capezzagne.
    Spero che vi sia una revisione dell’ ecoschemi in tempi rapidi che consentono agli agricoltori di giovarsene e giovare all ambiente.
    Un saluto Ferruccio

    Rispondi

  • Pietro

    1 Marzo 2024 at 7:49 am

    “.. È vero che il contributo lo scorso anno ha ripagato ampiamente le spese per il costo del seme e della semina,..”
    Che parolone! Tra seme e semina almeno 300€ ..non so se 200€ per ettaro da cui sottrarre ancora contributo di bonifica, tosap, irpef ..se poi aggiungiamo come è stato detto il danno per la proliferazione del seme delle infestanti che si protrarrà per gli anni successivi..bell’appartamento…chiaramente anche coltivare non è che sia meglio
    Sono misure per chi ha terreni non coltivabili già abbandonati che in questo modo fa un po di reddito..” dovevano stare abbandonati ..prendo un caffè. “

    Rispondi

  • Pietro

    1 Marzo 2024 at 9:43 am

    ” bell’affare ” avevo scritto t9 scritto “appartamento”

    Rispondi

  • Gianni

    4 Marzo 2024 at 12:02 pm

    Basterebbe consentire la trinciatura parziale a fasi alterne diciamo 1/3 della superficie ogni 15/20 giorni. Si manterrebbe sempre il valore apistico, ma si farebbe un valido contenimento delle infestanti, nonchè un’apporto graduale di biomassa.

    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato I campi obbligatori sono contrassegnati


Chi siamo

Nato nel 2014, Il Nuovo Agricoltore è un portale informativo dedicato all’agricoltura, con un occhio di riguardo alle innovazioni tecnologiche. Il progetto è sviluppato da Kverneland Group Italia.


CONTATTACI