Il sorgo è una realtà nella rotazione, il miglio lo diventerà presto

sorgo

In occasione del recente convegno dedicato al progetto CERTI sul sorgo e sul miglio, tre agricoltori della pianura bolognese hanno illustrato i motivi che da anni li spingono a mettere il sorgo al centro della loro rotazione e il prof. Andrea Formigoni dell’Università di Bologna ha riportato le esperienze pratiche di alimentazione delle bovine di latte con una razione che prevede il sorgo al posto del mais.

Da sinistra a destra gli agricoltori Luigi Boriani, Guglielmo Garagnani e Marco Bergami

Ampia rotazione, una scelta strategica e vincente

La Società agricola Eredi Boriani Carlo di Granarolo dell’Emilia (Bologna) è una delle aziende che ha ospitato le prove di confronto varietale del progetto CERTI, con la semina di ibridi di sorgo e genotipi di miglio.

Luigi Boriani, cosa ha ricavato da questa nuova esperienza?

«Ho una collaborazione decennale con l’azienda RV Venturoli, anche per la moltiplicazione di sementi, e ho accolto con molto entusiasmo la proposta di ospitare nella mia azienda le prove varietali, perché è un’occasione imperdibile per conoscere qualcosa di nuovo in campo genetico. Poter seguire passo passo l’emergenza, lo sviluppo e la crescita di tanti ibridi diversi di sorgo, pur essendo un coltivatore di sorgo da molti anni, che è stato molto utile e mi permette di prendere in seria considerazione nuovi ibridi molto promettenti».

Che impressione le ha fatto il miglio?

«È una pianta che non conoscevo e la prima cosa che mi ha molto colpito è la sua rusticità, molto superiore a quella del sorgo, sia con eccessi sia con carenza di acqua, che è stata la caratteristica dell’annata 2023. È impressionante come la produzione del miglio sia maggiore con bassi input: penso che possa diventare un’alterativa colturale molto interessante a patto che si sappia a chi vendere il raccolto».

Lei coltiva 55 ettari e applica da sempre un’ampia rotazione colturale. Dunque è stato un precursore dell’obbligo di rotazione imposto dalla nuova Pac e tanto contestato…

«È una scelta che ho fatto da anni e devo dire che i benefici agronomici e i minori rischi di mercato la rendono vincente, almeno nella mia azienda. Il sorgo ha un posto fisso in rotazione negli appezzamenti dove non posso irrigare e anche in annate con andamenti climatici differenti e con prezzi di mercato altalenanti, mi ha sempre consentito di conseguire un reddito. Le altre colture che metto in campo sono grano, orzo, barbabietola da zucchero, erba medica e oleaginose. Per la mia realtà aziendale l’obbligo di rotazione imposto dall’attuale Pac, quindi non la vivo certo come una imposizione».

Occorre un progetto di filiera per il sorgo bianco

Oltre a gestire la sua Società Agricola Cà Selvatica di Valsamoggia (Bologna), Guglielmo Garagnani fa parte della Cooperativa Sociale Albalat che produce latte per il Parmigiano Reggiano e vanta una certa esperienza nell’utilizzo del sorgo nella razione zootecnica. Ecco come Garagnani racconta la sua esperienza:

«Sono ormai dieci anni che nelle stalle sociali aderenti alla Cooperativa il sorgo, come fonte di amido, ha sostituito per il 50% il mais nella razione delle bovine da latte, con risultati economici eccezionali e senza modificare le caratteristiche qualitative del latte. I 3,5-4 kg di sorgo bianco nella razione delle vacche sono ormai una quota fissa. Si tratta di granella che va stoccata in silos chiusi per evitare che siano le tortore ad utilizzare tutto il sorgo raccolto».

Purtroppo di sorgo non se ne produce abbastanza in Italia. Come si può pensare di incrementare le superfici?

«Per produzioni DOP come il Parmigiano Reggiano sappiamo che vige la regola della produzione territoriale delle materie prime destinate all’alimentazione del bestiame, quindi non c’è dubbio che occorrerebbe più sorgo bianco prodotto dal nostro territorio. Come fare? Prima di tutto occorre pagare il giusto prezzo all’agricoltore che produce sorgo, con una formula da studiare, magari legandolo al prezzo del latte o del formaggio. Sarebbe comunque necessario predisporre un serio progetto di filiera condiviso, organizzando sia la produzione di sorgo nel territorio ma anche la raccolta e lo stoccaggio».

Anni fa ha avuto modo di coltivare il miglio. Quale il bilancio di questa esperienza?

«Tra il 2015 e il 2017 ho accolto la proposta di un contratto di coltivazione in filiera del miglio perlato, destinato all’alimentazione umana. Lo coltivavo in secondo raccolto dopo pisello proteico ed erbai zootecnici. La produzione oscillava tra 20 e 25 ql/ha, con un ciclo colturale di 90 giorni, con semina su sodo e senza alcuna spesa di diserbo. Il margine annuale ha raggiunto i 350 e 400 euro/ha. Sono pronto a seminare ancora il miglio se mi venisse proposto un contratto di filiera, perché è una coltura di grande interesse. Approfitto per dire, in conclusione, che tra le tante cose da mettere a posto nell’agricoltura italiana il tema prezzi-filiere è a mio avviso la priorità da affrontare con un serio e costruttivo confronto tra le parti in causa».

Il miglio mostra una rusticità superiore a quella del sorgo

Sorgo, coltura ideale per le terre forti

Marco Bergami dell’Azienda Agricola Bergami (San Pietro in Casale, Bologna) conduce cento ettari di terra “forte” con il 52% di argilla, in provincia di Bologna.

Quando ha scoperto il sorgo?

«Ho scoperto il sorgo oltre vent’anni fa e devo dire grazie a Vittorio Venturoli, al quale noi agricoltori dovremmo essere eternamente grati per averci fatto scoprire una pianta meravigliosa. Sui miei 100 ettari di superficie, il 40% ogni anno viene dedicato al sorgo di primo raccolto, che è una coltura di riferimento per l’azienda. Anche perché in tanti anni non sono mai andato al di sotto del costo di coltivazione: quando va male, per via della stagione bizzarra, non scendo mai al di sotto dei 50 ql/ha e quando va bene i 90 ql/ha sono la norma».

Quale aspetto la colpisce di più del sorgo?

«Il sorgo è una coltura che stupisce: se si trova in difficoltà si ferma, poi quando le condizioni climatiche migliorano, reagisce e fa il risultato».

E allora come mai se ne coltiva così poco in Italia ed i suoi colleghi agricoltori mostrano sempre grande scetticismo quando si parla di sorgo?

«Perché non lo conoscono e parlano per sentito dire. Tanti colleghi vicini alla mia azienda, vedendo il mio sorgo e i risultati che fa, lo hanno cominciato a coltivare con grande soddisfazione e non lo abbandonano più».

Lei raggiunge produzioni record di sorgo. Qual è il segreto?

«Il sorgo, come tutte le altre colture, va trattato bene, mettendo la massima attenzione sin dalla gestione del terreno. Io ho abbandonato da anni l’aratura anche se ho i terreni argillosi, perché a differenza di quanto pensano in molti, la minima lavorazione con fessurazione del terreno e la semina su sodo dopo frumento, sono tecniche perfette per conseguire alte produzioni e minimizzare costi e impatto ambientale. Ma attenzione: il terreno va rispettato, altrimenti non perdona gli errori. Occorre evitare i calpestamenti e non bisogna entrare a lavorare quando il terreno è bagnato, come purtroppo fanno ancora tanti colleghi che non hanno la pazienza di aspettare le condizioni favorevoli».

Cosa ne pensa delle cover crops?

«Semino da anni il rafano, che è una spesa perché si tratta di una coltura a perdere, ma già dopo poche stagioni il miglioramento della fertilità del terreno è garantita e questo non ha prezzo».

Bovine da latte: sorgo al posto dei mais

Sentiamo infine il parere del prof. Andrea Formigoni dell’Università di Bologna.

Necessità di allargare le rotazioni e di utilizzare piante più resilienti dovrebbero lanciare in orbita il sorgo in sostituzione di piante più esigenti come il mais nella razione delle bovine da latte. Il sorgo ha le carte in regola?

«Il sorgo ha un contenuto in amido più o meno uguale a quello del mais ma contiene il 30-40% in più di proteine, e quindi ci fa risparmiare nell’acquisto di soia. Inoltre il sorgo vanta una salubrità della granella eccezionale e ne abbiamo avuto prova nel 2003, l’anno dell’emergenza aflatossine sul mais, quando proprio il sorgo nelle stalle da latte sostituì il mais, e fu un successo. Le esperienze di alimentazione in stalla con il sorgo sono ormai numerose e che bilancio si può fare. Ne cito una per tutte: 1600 bovine alimentate con una razione giornaliera nella quale gli 8 kg di mais sono stati interamente sostituiti con 8 kg di granella di sorgo. Il latte prodotto dalle bovine ha una percentuale di grasso pari al 3,33% (a confronto del 3,21% con mais-orzo) con 3,04% di proteina (contro 2,97% con mais-orzo), mentre i riscontri ottenuti sostituendo il silosorgo al silomais danno risultati pressoché identici uno all’altro. Inoltre non si sono registrati cali di produzione del latte da parte della mandria. Nell’utilizzo del sorgo in razione occorre una sola accortezza: la molitura del sorgo deve essere fatta con un vaglio da 1 mm, per aumentare la digeribilità dell’amido. Inoltre il sorgo ha un profilo lipidico migliore del mais perché contiene una percentuale inferiore di acido linoleico rispetto al mais, quindi si ha una minore incidenza sulla qualità del latte e delle carni».

Di fronte a tutte queste prerogative positive, come mai il sorgo ha una diffusione così limitata?

«I mangimisti sono i primi a cercare sorgo di qualità prodotto in Italia ma non lo trovano, con la garanzia di continuità nelle forniture. Dunque il problema è duplice: il sorgo va pagato bene all’agricoltore, e va organizzata la logistica con centri di raccolta e di stoccaggio territoriali. E poi non dimentichiamoci che ancora oggi chi fa le razioni è rimasto legato culturalmente al binomio mais-soia, che andrebbe superato, perché il sorgo è un alimento eccellente per i bovini».

Un’ultima battuta sul miglio.

«Posso dire che il miglio, insieme al panìco, mostrano un’appetibilità eccezionale per le bovine da latte, ma anche per i vitelli. Se mettiamo in greppia, uno vicino all’altro, fieni di medica, di frumento e di miglio, non c’è alcun dubbio che gli animali scelgono il fieno di miglio. Miglio in secondo raccolto dopo frumento foraggero può diventare una scelta davvero molto interessante che va presa in seria considerazione».

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


2 commenti

  • alessandro

    1 Marzo 2024 at 2:07 pm

    buongiorno
    apprezzo molto i suoi articoli
    nello scenario attuale stavo cercando di capire cosa seminare quest’anno,
    purtroppo mi sono informato e quà nel bresciano nessuno ritira il sorgo da granella
    forse è meglio lasciare a riposo…..

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  • Luca Prada

    2 Marzo 2024 at 9:45 am

    Buongiorno,
    miglio dopo frumento foraggero rispetta la rotazione imposta da eco4 o bcaa?
    Anni fa ho provato quel binomio, e non é male, andrebbe fatto con semina su sodo perchè anche solo con minima lavorazione si perde umidità utile alla germinazione omogenea.

    Rispondi

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