Pac, gli obiettivi dell’Europa e le proteste degli agricoltori

PAC-2023-2027-

L’applicazione della Pac 2023-2027 ha sollevato le vibranti proteste degli agricoltori di mezza Europa, e anche in Italia si sono costituiti vari movimenti che poi sono confluiti in gran parte nella sigla “Agricoltori Italiani”, la quale ha stabilito un filo diretto con il governo aprendo un tavolo permanente di discussione. Non c’è alcun dubbio che siamo di fronte a una Pac “da marziani”, ma è necessario fare un passo indietro e andare a vedere quali sono gli obiettivi strategici fissati dall’Europa e come sono stati poi messi in pratica dai singoli Stati e dall’Italia in particolare.

fonte: Angelo Frascarelli

Come si vede dallo schema qui sopra, l’Unione europea ha fissato tre obiettivi generali e uno trasversale. Gli obiettivi generali sono:

  1. Reddito e competitività
  2. Ambiente e clima
  3. Sviluppo delle aree rurali

L’obiettivo trasversale riguarda invece la conoscenza e l’innovazione, che sono i motori necessari per implementare i tre obiettivi principali.

Se leggiamo i sotto-obiettivi, ritroviamo in gran parte proprio le richieste degli agricoltori che protestano, e cioè:

  • Garantire un reddito giusto
  • Aumentare la competitività del made in Italy
  • Riequilibrare la filiera
  • Contrastare i cambiamenti climatici
  • Sostenere il ricambio generazionale
  • Rivitalizzare le aree rurali
  • Proteggere la salute e la qualità del cibo

Dunque il programma 2023-2027 dell’Ue sulla politica agricola coincide perfettamente con le richieste e le esigenze del mondo produttivo che oggi contesta aspramente la Pac. Allora che cos’è che non va?

Non ha funzionato la novità introdotta da questa Pac, che prevede che siano i singoli Stati membri a tradurre gli obiettivi fissati dall’Ue negli strumenti applicativi, come per esempio la condizionalità rafforzata (BCAA e CGO) o gli eco-schemi. Basti pensare che in Italia il “Piano strategico Pac 2023-2027” consta di oltre 3600 pagine scritte in puro burocratese e difficili da interpretare anche per gli esperti.

La Conferenza Stato-Regioni non funziona

Una tale mole di regole è il frutto di una lunga concertazione andata avanti per anni nella sede istituzionale della Conferenza Stato-Regioni, con il Ministero dell’agricoltura a fare da arbitro. Ma in Italia, si sa, la politica agricola spetta alle 21 Regioni e le decisioni vengono prese all’unanimità, quindi è ovvio che le cose siano andate per le lunghe e alla fine ognuno sia tornato a casa con un risultato positivo, ma la progettualità complessiva è stata sacrificata sull’altare dei campanili.

Un altro paradosso è che la Pac 2023-2027 si è iniziata a discutere il 7 luglio del 2017 e si è conclusa a dicembre 2022. Viene da chiedersi quale ruolo abbiano svolto i rappresentanti dell’Italia nel corso delle riunioni fiume tenutesi a Bruxelles, visto che sono gli stessi che oggi criticano la Pac inneggiando al cambiamento.

fonte: Angelo Frascarelli

Il taglio ai pagamenti diretti

Gli agricoltori lamentano anche il taglio subìto con la nuova Pac. Ma il budget complessivo assegnato all’Italia è di circa 7,4 miliardi di euro nei cinque anni, molto simile al budget della precedente Pac. Quindi non è vero che il nostro Paese ha ricevuto meno risorse dall’Ue. La novità è che a Roma è stato deciso di sopprimere il greening e di tagliare il pagamento di base, introducendo gli eco-schemi.

L’immagine seguente chiarisce bene la rivoluzione ai pagamenti introdotta nel 2023.

Nella Pac 2015-2022, pagamento di base e greening assorbivano l’85% delle risorse del primo pilastro. Nella Pac 2023-2027, invece, il sostegno di base riceve solo il 48% del budget: ecco spiegato il taglio subìto dagli agricoltori.

Poi sono state introdotte due novità:

  • Il sostegno redistributivo per le piccole aziende
  • I regimi per clima e ambiente, cioè i tanti discussi eco-schemi, certamente scritti male e troppo complicati.

La Pac sostiene il 50% del reddito

Nonostante i numerosi difetti della Pac attuale, i pagamenti diretti contribuiscono a determinare il 25% del reddito dell’agricoltore e nel caso di chi fa seminativi, la Pac contribuisce a determinare circa il 50% del reddito agricolo. Quindi la Pac va difesa, ma occorre semplificarla, ricordando che altri due pilastri fondamentali da sostenere ancora di più per il progresso e la sostenibilità economica oltre che ambientale, sono la conoscenza e l’innovazione. L’agricoltura del nonno va ricordata con affetto, ma deve essere definitivamente rinchiusa nel baule del passato.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


4 commenti

  • Luca

    28 Marzo 2024 at 8:04 am

    Buongiorno,
    Concordo pienamente con l’ultima frase perché ormai gli studi, le ricerche e le esperienze pratiche ci sono ma manca la volontà degli agricoltori a modificare il proprio modo di lavorare, perché vero che del frumento si prende poco ma si guadagna ancora meno se con lavorazioni tradizionali si sperpera tempo e gasolio che potrebbero essere utilizzati per fare altro, la pac infatti dovrebbe servire anche a quello, coprire un po’ di spese o mancato reddito dovute ai tentativi di approccio a “nuove” pratiche agricole.
    Saluti

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  • Giuseppe

    28 Marzo 2024 at 8:36 pm

    Buonasera dottor Bartolini,
    ci sono settori che sono stati quasi esclusi dagli aiuti Pac.
    Uno di questi è il settore olivicolo.
    Si è passati da 720 milioni di euro che percepiva il settore Olio di oliva a poco più di 160 milioni di euro tra l’eco-schema 3 (150 milioni di euro) e l’aiuto accoppiato DOP ed IGP (quasi 12 milioni di euro).
    Si tratta di una riduzione del 77%!!!
    Se si considerano però gli aiuti che rientrano al settore “indirettamente” attraverso i titoli disaccoppiati Pac, si passa da 160 milioni di euro a 360 milioni di euro circa.
    La riduzione quindi si attesterebbe intorno al 50%.
    Se si pensa poi che negli ultimi 20 anni il settore ha subito quasi un raddoppio dei costi, gli aiuti che percepiscono oggi gli olivicoltori equivalgono non al 50% ma al 25% di quelli che percepivano 20 anni fa.
    È triste dirlo, ma il settore, dal punto di vista degli aiuti PAC, ormai è finito!!!
    Considerando le incombenze che hanno le aziende non vi è proprio la convenienza a presentare le domande presso i CAA.
    Con la fine dell’OCM olio sono gradualmente terminati gli interessi e gli aiuti verso il settore!!!
    Secondo lei è ancora possibile sperare in un’inversione di tendenza?
    Grazie mille

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  • Fabrizio

    29 Marzo 2024 at 1:23 am

    Dell’ecoschema dell’antibiotico resistenza nessun accenno…. è stato detto a giugno 2023 che il parametro di riferimento iniziava da gennaio 2023…mediane fatte con chi lo sa quali dati senza una soglia minima duratura negli anni,neanche gli allevatori si divertissero a somministrare antibiotici…. tanto lì regalano!…poi un animale nn curato vengono a dirti che nn hai rispettato il benessere dell’animale!!!sì decidano!!

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  • Luca

    31 Marzo 2024 at 9:39 am

    Purtroppo l’ignoranza ogni tanto la fa da padrone veicolando idee e opinioni non del tutto giuste…la pace ha sempre dato incentivi che coprissero un ammanco di reddito dovuto all’adattamento a metodi di coltivazione con un minore impatto ambientale ma anche economico, l’agricoltore medio peró coccolato dalla sua ignoranza continua ad utilizzare tecniche maggiormente dispendiose potendosi cosí lamentare di non stare nelle spese

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