Roberto Bartolini8 Giugno 20163min5540

Sul glifosate la Commissione europea non riesce a decidere. Cosa accadrà dopo il 30 giugno?

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Il periodo di vendita e uso in campo del glifosate scade il prossimo 30 giugno, ma nonostante i tempi stretti c’è stata ancora una fumata nera a Bruxelles, dove gli stati membri non hanno trovato un accordo, anche per via dell’astensione di alcuni paesi. E così, l’esecutivo ha deciso di non votare.

La palla ora passa agli Stati membri?

Cosa succederà? Tra le ipotesi possibili, la Commissione europea potrebbe cercare di lavarsene le mani e alla scadenza del 30 giugno lasciare la decisione di cosa fare dal 1° luglio 2016 in poi agli Stati membri. Alcuni di questi potrebbero quindi vietarne l’uso con decisione immediata.

Un’altra ipotesi è che si arrivi a una nuova autorizzazione provvisoria per tutto il 2017, per dare tempo all’Autorità europea per le sostanze chimiche di esaminare altri studi molto recenti sul glifosate. Tuttavia l’estensione di autorizzazione necessita comunque di un voto dei paesi membri dell’Unione europea, e quindi non sarà facile trovare un accordo per poter votare.

Diverse valutazioni scientifiche sulla pericolosità del glifosate

Ricordiamo che secondo lo Iarc (l’Agenzia per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale della sanità) il glifosate è una molecola “probabilmente cancerogena”, mentre l’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) la pensa in modo opposto, così come l’Epa (l’Agenzia per l’ambiente degli Usa).

Il punto è che lo Iarc valuta la minaccia potenziale di una sostanza, indipendentemente dalla frequenza e dalla modalità di uso o dell’esposizione, mentre Efsa ed Epa arrivano alle loro conclusioni dopo aver valutato il glifosate considerandone l’uso, il dosaggio e l’esposizione. Dunque si arriva a conclusioni opposte con un diverso metodo di valutazione, e questo non ci sembra un bel modo di operare, anche perché si sta giocando sulla pelle e sui bilanci di milioni di aziende agricole.

Commissione europea, enti di vigilanza, Stati membri e ricercatori dovrebbero tenerne conto, al di là degli interessi personali e delle battaglie ideologiche e politiche, che nulla hanno a che fare con numeri e dati che, se attendibili e seri, sono l’unico metro di valutazione finale.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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