“Agricoltura, il biologico frena perché costa troppo”: l’allarme dal Piemonte

La certificazione biologica costa in media 7 mila euro l’anno e poi ci vuole un consulente per tenere aggiornati i registri, che costa circa 1000 euro al mese. E così in Piemonte i fondi regionali del Psr per la conversione al biologico restano inutilizzati per il 51%, pari a 5,3 milioni di euro. Viceversa, chi fa già biologico ha bisogno delle sovvenzioni, altrimenti non ce la fa. È il grido di allarme lanciato nei giorni scorsi da Confagricoltura sul Corriere della Sera.
Lo dimostrano le richieste per i fondi specifici Psr per il mantenimento del biologico, che sono andate ben oltre il budget prefissato, bruciando oltre 22 milioni di euro: per esempio contro la peronospora delle viti basta un trattamento chimico ogni 15 giorni circa, mentre nel biologico rame e zolfo vanno distribuiti ogni volta che piove con costi elevati per manodopera e carburante, senza contare i compattamenti del terreno. Lo stesso dicasi per il diserbo delle erbacee, dove al posto dei diserbanti si deve andare in campo con macchine che lavorano tra le file e che fanno lievitare i costi.
Per quanto riguarda le produzioni, almeno in Piemonte con il biologico si produce mediamente il 70% di quello che si fa con il convenzionale e non sempre il maggiore prezzo di mercato del raccolto riesce a compensare la differenza. Insomma, in questa regione serpeggia molta preoccupazione, dal momento che l’Europa si è posta l’obiettivo di arrivare entro il 2030 al 25% di tutta la produzione agricola targata bio.
E poi c’è da chiedersi: siamo sicuri che il numero di consumatori disposti a spendere di più per il biologico riuscirà ad acquistare tutto il prodotto biologico che produrremo nel 2030?