Agricoltura, Mammuccini: “Solo il biologico vince”. Continua l’assurda guerra

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«I dati scientifici ci dicono che il biologico, rispetto a produzioni intensive che fanno largo uso di input che oggi sono arrivati a costi insostenibili, ha una produzione più bassa di non più dell’8%, che arriva al 25% su colture e in condizioni pedoclimatiche particolari (per esempio il mais nella pianura padana, NdR). Produrre di più per distruggere la fertilità del suolo e incrementare processi di desertificazione non è la strada migliore da percorrere. Il biologico è la strada per il futuro». Così la presidente FederBio Maria Grazia Mammuccini ha scagliato l’ennesimo anatema contro l’agricoltura convenzionale, alimentando ancora una volta una diatriba che non giova a nessuno. Lo ha fatto nel corso di un convegno pubblico ed è molto grave che nessuno abbia reagito in maniera altrettanto vigorosa ad affermazioni che non hanno riscontro con la realtà di campo, come confermano per esempio i produttori biologici dei seminativi. Mammuccini si faccia un giro e sentirà cosa dicono: «Finché i prezzi del prodotto biologico erano doppi rispetto al convenzionale conveniva, ma ora no».

“L’impennata delle rese nel lungo periodo si paga”

Ma la presidente di FederBio ha detto anche che «l’impennata delle rese (del convenzionale) non può essere mantenuta per lungo tempo e nel lungo periodo si paga». Evidentemente Mammuccini ritiene che l’agricoltura convenzionale sia tutta fatta di arature ed erpicature invasive, di distribuzione dissennata e imprecisa di agrofarmaci e fertilizzanti e di monocolture. In realtà solo una parte, e sempre più ristretta, dei seminativi viene gestita ancora così, mentre stanno aumentando ogni anno a vista d’occhio gli agricoltori virtuosi che hanno ben compreso gli errori del passato. E dell’agricoltura integrata Mammuccini ne ha mai sentito parlare?

L’agricoltura di precisione è già in campo nel convenzionale

«L’agricoltura di precisione – ha proseguito Mammuccini – può essere uno strumento importante per incrementare le rese del bio, coniugando sostenibilità e innovazione. Inoltre l’obiettivo della sostenibilità impone non solo di guardare all’immediato, ma alla conservazione delle risorse per il futuro. La vera sostenibilità non può che partire dal bio». Bene, parole sante, ma lo sa Mammuccini che anche la tanto bistrattata agricoltura convenzionale adotta i sistemi di precisione per dosare sementi, concimi e agrofarmaci, la mappatura dei terreni, i sistemi di minima lavorazione e sodo? E che le produzioni che si ottengono di mais, frumento, soia, girasole sono dal 30 al 50% superiori a quelle delle stesse specie in regime biologico? E che la sostenibilità ambientale ed economica è garantita?

Chiudono solo le aziende gestite male

Ha detto ancora Mammuccini: «Ogni anno chiudono in Italia 30.000 aziende agricole, a conferma che in molti casi l’agricoltura convenzionale non è in grado di garantire un reddito adeguato agli agricoltori». In realtà le aziende chiudono, lo sappiamo, ma non perché sono convenzionali e non si sono votate al biologico, bensì perché chi le conduce non fa i conti e non gestisce in maniera manageriale terra e allevamenti. È solo una questione di cultura e di professionalità; convenzionale e biologico non c’entrano nulla.

Bisogna puntare sull’agricoltura rigenerativa

La nuova Pac si appresta a riversare una quantità ancora maggiore di sostegni al biologico, senza tener conto di ciò che sta accadendo sui mercati del mondo e di come sono cambiate le cose dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Ne vogliamo tenere conto o no?

I mezzi tecnici a disposizione del convenzionale si stanno affinando sempre di più per quanto riguarda la diminuzione degli impatti, quindi vincente è l’agricoltura rigenerativa, che abbina l’applicazione dei sistemi digitali e di precisione alle tecniche di lavorazione conservative del suolo e all’uso delle cover crops. E finiamola una buona volta con le guerre di religione tra convenzionali e biologici!

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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