Come risolvere il tormentone del contoterzista: ”Faccio le mappe di raccolta, ma l’agricoltore le mette nel cassetto”

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“Benedetta innovazione, quanto sei complicata? e poi, a cosa servi?” Il contoterzista ha speso qualche migliaio di euro per dotare la sua mietitrebbia dei sensori e dello schermo per la mappatura della produzione, alla fine della campagna stampa le sue belle mappe colorate e le porta ai suoi clienti agricoltori che lo ringraziano di cuore e le mettono nel primo cassetto che hanno sottomano. Punto e basta, tutto finisce lì.

Nel massimo sconforto, le imprecazioni del contoterzista si sprecano per avere buttato al vento qualche migliaio di euro e aver perso anche del tempo per mettere a punto il sistema di mappatura. Questa è più o meno la storia che si sente in giro.

Come si risolve il problema

Ma dove sta il problema e come si risolve? La risposta è molto semplice: il contoterzista che fa la mappatura ha visto giusto, ma non deve fermarsi alla consegna delle mappe all’agricoltore.

Con le mappe in mano, il contoterzista deve anzi impegnare qualche ora, nei mesi invernali, per solleticare la curiosità dell’agricoltore a capire i motivi per cui laggiù ha prodotto 100 quintali a ettaro di granella secca di mais e lassù solo 70 quintali a ettaro.

La mappatura delle produzioni è solo la base di partenza per impostare indagini sul campo e approfondimenti agronomici per poi prendere decisioni operative nella campagna successiva.
A destra la mappatura delle produzioni e a sinistra la mappa di prescrizione con dosaggio variabile della semente a seconda delle aree più o meno fertili del suolo.

La mappa della produzione è la base di partenza, non di arrivo

Questo è il punto: la mappa è solo la base di partenza che offre degli indizi sulla base dei quali devono cominciare le indagini nelle zone del campo a più bassa produttività, per capire cosa non va – cioè quali fattori frenano la resa che nell’altra parte del campo è molto più elevata.

I motivi possono essere tanti, per esempio la diversa tessitura del suolo, la presenza di suole di lavorazione o di strati anomali che impediscono la circolazione dell’aria e dell’acqua, fenomeni di ristagni idrici, carenze di alcuni elementi nutrizionali, imprecisione nella distribuzione dei mezzi tecnici.

La prima cosa da fare è sapere con certezza, non perché lo ha sempre detto il babbo, se e dove cambiano le caratteristiche del suolo e il dato più sicuro lo si ottiene solo con la mappatura del suolo. Costo: da 80 a 100 euro/ha comprensive di analisi chimiche e fisiche su alcune campionature.

Generalmente con queste indagini si capiscono già molte cose. Quindi non c’è altra strada: il contoterzista deve fornire questo tipo di assistenza agronomica al cliente, e se le sue conoscenze non bastano, deve rivolgersi a un agronomo.

La mappatura del suolo, effettuata con questa o altre attrezzature, permette di conoscere punto per punto come cambia la tessitura.

Fidelizzare il cliente per sempre

Questo sforzo in più significa assicurarsi il lavoro per il futuro, perché il cliente agricoltore deve essere aiutato e supportato affinché migliori la sua redditività, che è la sola garanzia che lo fidelizzerà per sempre. Perciò, amici contoterzisti, questa è la strada da seguire per qualificare ancora di più la vostra attività e contribuire a migliorare la nostra agricoltura, mettendo in campo quell’innovazione tecnologica che solo voi potete applicare nella sua completezza, data la parcellizzazione delle nostre aziende agricole. Date agli agricoltori gli strumenti per produrre meglio e di più, voi lo potete fare! Dunque non fermatevi alle mappe, ma fate un passo in avanti, coinvolgendo le vostre organizzazioni (sono lì per questo) che devono darvi un supporto per la vostra evoluzione professionale e non solo per il gasolio agricolo o le beghe burocratiche.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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