Cos’è il glifosate, come sceglierlo e come impiegarlo correttamente

Il glifosate è stato scoperto nel 1970, è attivo su 125 specie di malerbe e viene utilizzato in 130 paesi del mondo. In questi giorni si sta parlando molto di glifosate, a causa della sua presunta cancerogenità (sulla quale peraltro esistono molti dubbi: ne abbiamo parlato in questo articolo) che ha portato la Commissione europea a discutere il suo eventuale divieto di utilizzo.
Ma che cos’è di preciso il glifosate? Proviamo a spiegarlo di seguito.
Come agisce il glifosate sulle infestanti
Il glifosate è un erbicida che agisce a livello enzimatico, impedendo la formazione di alcuni aminoacidi essenziali per la crescita delle piante e per l’attivazione di alcuni meccanismi di autodifesa, ma non è dannoso per uomo e animali, in quanto in essi non è presente l’enzima bersaglio, che è l’EPSP sintetasi.
Una sola applicazione di glifosate effettuata sui tessuti verdi delle piante risulta letale. Il tipo di formulazione e gli attivanti hanno un ruolo chiave per far sì che il glifosate esplichi la sua azione e a volte la loro importanza è addirittura superiore alla dose di impiego.
I prodotti in commercio si differenziano per tre aspetti
In commercio ci sono numerosi formulati commerciali di glifosate che, anche se simili tra loro, si differenziano per:
- Tipo di sale e quindi formulazione.
- Concentrazione della sostanza attiva.
- Tipo di coadiuvante e coformulanti.
È chiaro quindi che, una volta in campo, a seconda del glifosate che si è acquistato, si può innescare una serie di fattori e di interazioni anche molto diverse tra loro, soprattutto come risultato finale dell’attività erbicida.
I glifosate più efficaci
La sperimentazione internazionale dichiara che la maggiore attività erbicida si ha con il glifosate composto con i sali ammonico e isopropilamminico, mentre le formulazioni con sale potassico e sale ammonico risultano meno attive. Le prime due formulazioni, infatti, manifestano un più rapido assorbimento da parte delle malerbe.
Perché è bene addizionare solfato ammonico al glifosate
L’addizione di circa 1-2% di solfato ammonico nell’acqua prima di addizionare il glifosate è una pratica molto utile, perché regolarizza le acque con pH elevato (che smorza l’efficacia del prodotto), riduce gli effetti negativi della durezza delle acque e permette di prolungare, grazie a un effetto umettante, i tempi di permanenza della sostanza attiva allo stato liquido, con conseguente migliore penetrazione nelle parti verdi delle malerbe.
Alcune raccomandazioni operative per un impiego ottimale del glifosate
- Trattare in condizioni pedoclimatiche ottimali e con malerbe non eccessivamente sviluppate.
- Modulare le dosi in funzione delle condizioni pedoclimatiche e dello stadio di sviluppo dell’infestante.
- Evitare di trattare nel periodo intercolturale in condizioni di stress da parte delle malerbe e con temperature superiori a 35°C.
- Evitare di miscelare glifosate con erbicidi residuali in pre-emergenza delle colture, qualora le malerbe siano oltre lo stadio di 5 cm di sviluppo.
- Non trattare con eccessiva presenza di rugiada.
- Utilizzare una concentrazione di formulato (come per es. 360 g/l di glifosate) non inferiore all’1% del volume di acqua. 200 l/ha sono ottimali con normali attrezzature di distribuzione.
- Addizionare solfato ammonico prima del glifosate durante la preparazione della miscela nel serbatoio dell’irroratrice. Questa pratica è indispensabile con malerbe sviluppate, che sono meno sensibili al glifosate.
- Utilizzare acqua pulita senza argilla e sostanza organica in sospensione.
L’impiego di glifosate è molto diffuso anche nel settore civile e ricreativo, dove occorre ancora maggiore attenzione, perché a contatto diretto con l’acqua la sostanza attiva non viene disattivata, come invece accade nel suolo, e può residuare anche per 7-14 giorni.