Roberto Bartolini28 Gennaio 20216min9040

I flop dell’agricoltura italiana e i 10 comandamenti dell’Europa

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Ministeri e Regioni debbono cominciare a scrivere il “Piano strategico nazionale” della nuova Pac. Ma da dove cominciare? Il buon senso dice che dovremmo partire dalle nostre debolezze, ma le conosciamo davvero tutte? Assolutamente no, almeno per quello che riguarda coloro che ci amministrano e che dovrebbero mettersi a tavolino.

Quello che non va in campagna

L’Unione europea, per fortuna, ci ha dato una mano e ha pubblicato un’analisi molto oggettiva di quello che non va. La riassumiamo qui.

  • La sostenibilità economica dell’agricoltura italiana è minacciata dall’elevata frammentazione aziendale e dal basso reddito (tra i più bassi in Ue), a cui si unisce una questione etico-sociale legata al lavoro sommerso.
  • Negli ultimi dieci anni è aumentato il gap per i servizi essenziali rispetto alle aree urbane (salute, educazione, trasporti, servizi sociali).
  • La competitività dell’agricoltura risulta ostacolata da un basso uso delle tecnologie digitali, per mancanza di idonee infrastrutture nelle aree rurali e di adeguate competenze della popolazione che risiede in queste aree.
  • Permangono i problemi di accesso e alla conoscenza, malgrado l’ampio sostegno attraverso il primo e secondo pilastro della Pac, nonché al credito e alla terra.
  • Il numero di attori coinvolti nella ricerca è molto elevato, ma è frammentato e la mancanza di coordinamento strategico impatta negativamente sul risultato finale.
  • Nel 2016 solamente il 3,65% degli agricoltori risultava in possesso di un diploma in agraria e solo l’1,32% di una laurea in scienze agrarie.
  • L’agricoltura italiana viene considerata responsabile del 6,9% del totale emissioni inquinanti, contro il 13% del livello europeo, di cui il 47% é dovuto al settore zootecnico mentre il 27% all’uso dei fertilizzanti.
  • L’Italia è il Paese europeo a più alto rischio di erosione del suolo dovuto all’acqua. L’implementazione delle direttive per la qualità dell’acqua e per la gestione dei nitrati mostra ancora delle carenze

Le dieci raccomandazioni di Bruxelles

Alla luce di queste osservazioni, ecco la ricetta che ci viene inviata da Bruxelles, con l’annotazione precisa di tenerne conto: per finalizzare la montagna di soldi che arriveranno con i nuovi Psr, l’Unione europea dice che dobbiamo sostenere:

  1. il reddito delle aziende agricole di piccole e medie dimensioni, a conduzione familiare o situate in zone con vincoli naturali, e l’elevata volatilità dei redditi;
  2. la trasformazione e l’ammodernamento del settore agricolo sul miglioramento del valore, della qualità e della sostenibilità ambientale dei prodotti agricoli e biologici;
  3. le pratiche di gestione del suolo e l’innovazione tecnologica per diminuire il pericolo di depauperazione del suolo;
  4. le tecnologie e le infrastrutture digitali e dell’informazione, nonché l’osservazione satellitare, l’agricoltura di precisione, i servizi di geo-localizzazione, i macchinari agricoli automatizzati, i droni, eccetera;
  5. la connessione internet veloce e affidabile nelle zone rurali;
  6. lo sviluppo di competenze digitali;
  7. l’uso da parte degli agricoltori di strumenti di gestione del rischio;
  8. la formazione per accrescere la competitività dell’agricoltura italiana;
  9. l’accesso ai finanziamenti, in particolare a favore dei giovani;
  10. l’accesso a conoscenze/consulenze specifiche per le start-up agricole

Una realtà complicata richiede le migliori menti

In Italia abbiamo circa 1,1 milioni di aziende agricole, la maggioranza di piccole dimensioni e a conduzione familiare, su una superficie di 12,6 milioni di ettari e con una superfice media aziendale che è pari a 11 ettari. Le aree rurali rappresentano il 25% del totale (in Ue il 46%), e il tasso di impiego e il reddito medio in queste aree sono più bassi della media europea. È ovvio che sulla base di questa realtà agricola dobbiamo operare con grande lungimiranza e professionalità, ma occorre che si mettano insieme le migliori menti del paese per scrivere la nuova Pac, altrimenti finiamo come sempre per accontentare un po’ tutti, ma senza risolvere mai i veri problemi dell’Italia agricola.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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