Roberto Bartolini9 Settembre 20148min11810

Il pianeta latte nel 2014-2020

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Come cambierà il mercato del latte

  • Ci sarà una crescita globale dei consumi di latte e di derivati.
  • Aumenterà la richiesta di prodotti d elevato valore aggiunto (trasformati).
  • Avranno un ruolo strategico i paesi emergenti, con consumi in forte crescita.

Le prospettive di crescita della domanda

Prospettive di crescita della domanda

In particolare, le aree dove ci si aspetta una più marcata crescita della domanda di latte e derivati sono Asia, America Latina, Cina, India, Messico e Arabia Saudita. In dieci anni, si stima un aumento del +60% di formaggi in Arabia Saudita, del +40% di latte in Cina e Usa, del +35% di burro in India e Iran.

Il latte in UE fino al 2022

  • La domanda passerà da 121 milioni di tonnellate a 125 milioni.
  • La produzione passerà da 140 milioni di tonnellate a 148 milioni.
  • Il surplus esportabile passerà da 19 milioni di tonnellate a 22 milioni.

La dinamica del prezzo

Le quotazioni nei primi anni duemila oscillavano appena sopra il prezzo di intervento; successivamente i prezzi europei si sono sempre più avvicinati ai prezzi mondiali. Un fenomeno che si ripeterà nei prossimi anni.

Il problema numero 1

Il problema cruciale continuerà a essere la volatilità dei prezzi, che si prevede possa continuare con caratteristiche simili a quelle degli ultimi anni. Questo problema è particolarmente accentuato per le produzioni zootecniche, dove la volatilità interessa sia il versante dei ricavi che quello dei costi.

Cosa deve fare l’Italia

  • Creazione di una piattaforma di monitoraggio dei prezzi e delle quantità scambiate, in modo da «anticipare» i movimenti anomali del mercato.
  • Facilitare l’utilizzo da parte degli agricoltori di strumenti «di mercato» per fronteggiare la volatilità dei prezzi (futures markets).
  • Realizzare in modo adeguato lo strumento volontario di assicurazione dei redditi previsto dalla riforma della PAC post-2013 (quando la perdita di reddito eccede il 30%, il produttore partecipante può ottenere un rimborso fino al 70% della perdita, contribuendo a un fondo mutualistico).
  • Favorire la creazione di O.P. «commerciali», che abbiano davvero la disponibilità del prodotto dei soci.
  • Favorire la formazione di O.P. di dimensioni adeguate (minimi di legge, incentivi fiscali…)
  • Favorire la crescita degli organismi interprofessionali (tutta la filiera rappresentata) sulla base degli esempi migliori esistenti.
  • Sul tema delle DOP, attuare dei piani di produzione previsti dal pacchetto latte per evitare sovrapproduzioni e caduta dei prezzi.

Le stalle in Italia

  • In dieci anni siamo passati da 61 mila a 37 mila stalle da latte.
  • L’83% del latte prodotto in Italia viene dal Nord (il 41% dalla sola Lombardia).
  • Al Sud rimane la produzione legata a prodotti caseari tipici.

Chi rimarrà sul mercato

Nel post quote, si presume rimarranno due tipologie di aziende:

  1. con numero di capi tra 50 e 100 a conduzione familiare;
  2. con numero di capi tra 100 e 300 di tipo imprenditoriale.

Dov’è il mercato?

  • In Italia, perché importiamo latte per oltre 2 milioni di tonnellate all’anno, oltre che molto formaggio.
  • Nel mondo, perché la richiesta aumenterà.

Il valore del latte italiano alla fonte è di 5 miliardi di euro. Il 74% viene trasformato e così raggiunge un valore di 14 miliardi di euro. Quando arriva al consumatore finale, il valore aggiunto sale a 22 miliardi di euro.

Uno dei maggiori problemi sta proprio in questo passaggio da 5 a 22 miliardi di euro: si tratta di un differenziale troppo alto, che penalizza gli allevatori.

Occorre dunque riequilibrare la distribuzione del valore lungo la filiera: il problema va risolto dai produttori, che devono aggregarsi e sfruttare il Pacchetto Latte.

La frammentazione del mercato

  • Su 37 mila totali, sono ben 23 mila le stalle italiane che producono solo fino a 2.000 quintali all’anno di latte.
  • Appena 1.900 stalle producono oltre 20.000 quintali di latte all’anno.
  • 6.000 stalle producono fino a 5.000 quintali all’anno.

Chi fa il prezzo del latte?

  • Lactalis (Besnier) fattura latte per 5 miliardi di euro in Italia.
  • Granarolo e Virgilio fatturano latte per 400 milioni e Soresina per 300 milioni.
  • Dunque non riusciamo a fare squadra e siamo divisi e frammentati di fronte agli acquirenti.

La stalla vincente del futuro

La stalla vincente del futuro sarà quella che applicherà un modello gestionale efficiente. Il che significa:

  1. Tenere la stalla piena. Aumentare del 10% i capi, senza infrangere la soglia del benessere, equivale ad un aumento del prezzo del latte di circa 2 euro/quintale.
  2. Avere vacche fresche, sane e produttive.
  3. Sostituire le vacche non remunerative.
  4. Ottenere i premi qualità per il latte conferito.
  5. Produrre in azienda foraggi di pregio.
  6. Avere vacche che continuano a partorire.
  7. Controllare bene i costi e intervenire dove ci sono anomalie.

Quanto costa produrre latte in azienda

Quanto costa produrre latte in azienda

Per migliorare

L’aumento della produzione e della qualità del latte passa attraverso:

  • Il benessere animale;
  • L’innovazione tecnologica;
  • I percorsi agronomici innovativi;
  • La managerialità gestionale e commerciale dell’allevatore.

Il bravo allevatore/agricoltore è uno dei punti chiave per il successo della stalla. Gli aspetti agronomici devono essere tenuti nella massima considerazione, poiché anche dalla qualità dei foraggi dipende il reddito della stalla.

Inoltre, con la nuova Pac ci saranno grandi opportunità per chi applica la sostenibilità, che significa:

  • Introdurre le minime lavorazioni al terreno per aumentare la sostanza organica stabile, migliorare la struttura degli aggregati e sequestrare il carbonio.
  • Razionalizzare l’uso dell’acqua irrigua.
  • Valorizzare i liquami e i digestati con nuovi sistemi di distribuzione con interramento.
  • Applicare l’agricoltura di precisione.
  • Razionalizzare la distribuzione di concimi e agrofarmaci sulla base delle reali necessità delle colture.
  • Realizzare le mappe di raccolta per valutare le differenze di produzione sito-specifiche e intervenire in modo mirato nella definizione del piano agronomico dell’anno successivo.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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