Mais e latte: come aumentano i ricavi a fine anno per chi adotta l’alto investimento all’ettaro
Siamo nel pieno della campagna di semina del mais e molti agricoltori che si sono attrezzati con seminatrici di nuova concezione, o che si rivolgono ai contoterzisti che le hanno nel loro parco macchine, hanno scelto di aumentare il numero di piante per ettaro, passando dalle classiche 7-7,5 piante/ha alle 10-11 piante/ha, adottando per esempio lo schema di semina a diamante.
Naturalmente questa decisione è stata presa prima di tutto valutando la fertilità dei terreni e la disponibilità di irrigazione, e poi con l’acquisto di ibridi adatti a sopportare l’alto investimento, cioè che non subiscono stress da competizione con le altre piante e che mantengono la spiga delle dimensioni proprie del materiale genetico prescelto.
Cosa vuol dire avere 30 mila spighe in più all’ettaro
La scelta dell’alto investimento può apparire più costosa della tradizionale perché aumenta il numero di semi per ettaro, e questo è vero, ma bisogna considerare quali vantaggi porta e fare quindi un bilancio tra costi e benefici.
Partiamo dal dato di fatto che con l’alto investimento abbiamo 30 mila spighe in più per ettaro, che significano più sostanza secca e più amido sulla stessa superficie. I carboidrati forniscono la fonte principale di energia per supportare alte produzioni e rappresentano il 70-80% dei fabbisogni degli animali. L’amido è la frazione più importante dei carboidrati non strutturali e viene digerito da rumine fino al 95% dell’ingerito.
L’aumento di valore energetico del silomais, cioè l’aumento di amido, ha una ripercussione positiva sulla produzione a parità di apporti di un insilato tradizionale e quindi un aumento energetico del silomais porta a un risultato economicamente positivo.
Più sostanza secca, più amico e quindi più energia
Ma torniamo alle nostre 30 mila spighe in più per ettaro che generano, alla raccolta del trinciato, +10% di sostanza secca, +5% di amido e +5% di energia rispetto allo stesso insilato prodotto su quell’ettaro, ma a densità tradizionale di 7,5 piante/mq.
Tradotto in termini quantitativi, il silomais da alto investimento ha il 37,34 di sostanza secca contro il 31,30 del silomais tradizionale e 29,47 di amido contro 28,29 del silomais tradizionale. Sembrano bazzeccole queste differenze?
Aumentano l’ingestione e il latte prodotto per vacca. E il costo si abbassa
No, non sono niente affatto bazzeccole, perché in un stalla per esempio di 100 vacche (si tratta di numerosi rilievi reali svolti in azienda), tali numeri portano a produrre il 7% in più di ingestione (da 22 a 23,5 kg sostanza secca/capo/giorno), fanno aumentare di 2 litri il latte prodotto al giorno da ciascun capo (da 32 a 34 kg/capo/giorno) e alla fine si ha un costo del chilogrammo di latte che passa da 0,210 euro a 0,20 euro.
Per 100 vacche a fine anno si mettono in tasca 12 mila euro in più
Anche qui direte: cosa mai produrrà lo 0,01 di differenza? Bene, facciamo il conto: 0,01 x 34 litri x 100 capi x 365 giorni = 12.410 euro. Ecco quanto ricava in più all’anno l’agricoltore che decide di adottare l’alto investimento del mais passando da 7 a 10 piante/mq.