Roberto Bartolini17 Luglio 20205min11280

Pac 2022, eccessiva la spinta ambientalista della Commissione europea

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[blockquote style=”2″]1. Dal produttore al consumatore: per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente
2. Strategie Ue sulla biodiversità per il 2030: riportare la natura nella nostra vita[/blockquote]

Quelle appena riportate sono due recenti comunicazioni della Commissione europea, che avranno un peso rilevante sulla fisionomia dei contributi agli agricoltori che verranno stabiliti con la prossima nuova Pac.

Come far coesistere produttività e ambiente?

Non c’è dubbio che lo stato di salute del pianeta non sia dei migliori, ma tutti gli Stati convengono sul fatto che la popolazione mondiale, anche in barba al coronavirus, cresce in maniera notevole e che quindi la terra deve aumentare la sua produttività. Ancora una volta ci troviamo di fronte al dilemma: si può aumentare la produttività dell’ettaro coltivato senza danneggiare l’ambiente e la biodiversità?

Dibattiamo il tema ormai da qualche decennio e alcune soluzioni (difesa integrata, difesa biologica dove è possibile, lavorazioni conservative, agricoltura di precisione, eccetera) sono già in campo da anni, con lusinghieri risultati sia in termini di minore impatto che di accresciuta fertilità dei suoli nonché di aumento di quantità, qualità e sanità dei raccolti. È dunque su questa strada maestra, dove procedono a braccetto verso un unico obiettivo comune genetica, agronomia, meccanica, meccatronica e digitalizzazione, che le nuove politiche agricole devono incanalare i loro sostegni economici, non su altro.

Torniamo alla natura. Ma quale natura?

Siamo preoccupati perché nei due documenti sopra citati, forse ancora sotto l’effetto del Covid-19, gli estensori si sono buttati a capofitto su un concetto di ritorno alla natura alquanto anacronistico e che mal ci combina con le esigenze cogenti di cibo e di economia. Frans Timmermans, commissario europeo al green deal, dice infatti che «la crisi da coronavirus evidenzia quanto sia importante ripristinare l’equilibrio tra attività umane e natura». Detto così il concetto non dispiace, ma non si capisce dove voglia andare a parare: di quale natura parliamo?

Quello di natura non può essere un concetto vago e astratto, anzi occorre fare riferimento alla realtà attuale di un mondo plasmato dall’uomo moderno, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, dove la natura è certamente a rischio in certe parti del pianeta ma in altre no. Ecco il punto: occorre ridefinire in termini oggettivi e attuali il rapporto uomo-produttore di cibo e natura, senza fantasticare sul migliore dei mondi possibili ma inattuabile, di fronte alle necessità del presente.

La soluzione è l’intensificazione sostenibile

Michele Morgante su Terra e Vita ha di recente ben focalizzato il tema per riportare le cose al loro posto: «Si dovrebbe spingere sulla intensificazione sostenibile dell’agricoltura a un aumento delle rese per unità di superficie e per unità di prodotto. Arrivando a produrre di più con minore superficie, con minor utilizzo dei fattori di produzione (acqua, energia, agrofarmaci e fertilizzanti) e potendo destinare parte delle terre al ripristino dei veri ecosistemi naturali».

Ancora più biologico: ne siamo sicuri?

Forte perplessità desta anche l’obiettivo comunitario di aumentare in maniera esponenziale la superficie agricola destinata all’agricoltura biologica, che determina una certa diminuzione delle rese senza aumentare la sostenibilità ambientale se misurata per unità di prodotto. Non dimentichiamo che l’agricoltura biologica gode già di notevoli privilegi legislativi e di forti sostegni dall’attuale Pac, in base a una sua presunta superiorità, per sicurezza e sostenibilità, rispetto all’agricoltura convenzionale. Anche se poi presenta costi superiori a parità di qualità, scarsa produttività per ettaro coltivato e uso di sostanze chimiche come il rame, alquanto discutibili sotto il profilo della sicurezza.

Occorrono nuovi modelli di contributi europei

Il 40% del bilancio complessivo della nuova Pac dovrà contribuire all’azione per il clima e il 10% almeno delle superfici agricole dovranno essere destinate al elementi caratteristici del paesaggio, con elevata biodiversità. Se questa è la strada tracciata, non resta altro che fissare nuovi compensi adeguati per gli agricoltori, sia per il ruolo che rivestono come custodi delle terre, sia per la loro formazione professionale sulle innovazioni a tutto campo, che diventeranno a loro indispensabili per far quadrare i conti alla fine dell’anno.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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